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raffinato e ipnotico, Franco Donaggio non si è mai accontentato della realtà
così come è, perché – come tutti noi – non ne è totalmente soddisfatto
e preferisce così indagare nei meandri di un altro mondo. Se altri, pur condividendo
queste sensazioni, finiscono per rifugiarsi in un totale rifiuto e nel
conseguente isolamento, al contrario Donaggio preferisce dar corpo
all’immaginazione per costruire una dimensione che sia insieme architettonica
e fantastica, corposa ma anche immaginifica perché solo scavando fra le
pieghe della realtà si può riuscire a farne emergere l’anima più
profondamente poetica con cui è bello dialogare.
In
effetti, da molti anni Franco Donaggio svolge una ricerca sul paesaggio
naturale e urbano che sfugge a ogni semplicistica definizione. Osservare le
sue fotografie è come entrare in punta di piedi in un mondo dominato da
un’atmosfera sospesa da cui ci si sente totalmente pervasi. L’acqua della
laguna è una superficie lattiginosa da cui emergono pochi, essenziali
elementi cui il raffinatissimo bianconero dai toni metallici conferisce una
sorprendente eleganza.
Tutto è immobile, perfino il silenzio sembra una
presenza appena percepibile mentre lo sguardo si perde verso la linea netta
dell’orizzonte. Poi, improvviso e preceduto da grida lontane come lamenti,
ecco lo stridio di un gruppo di gabbiani che irrompe sulla scena, spezza
l’incantesimo e, altrettanto rapidamente di come era arrivato, scompare
lasciando per un istante l’eco del suo passaggio e il ritorno di quel
silenzio che permette di sentire il fruscio della barca che fende lenta
l’acqua.
Anche di fronte allo spazio urbano Franco Donaggio fa sentire
l’intensità della sua poetica: qui tutto è imponente, le pareti si innalzano
verso un cielo lontano, delimitano spazi disegnati dalla fantasia, creano
prospettive di maestosa audacia. Si ha la sensazione di trovarsi di fronte a
città fantascientifiche di un futuro lontano oppure a rappresentazioni
contemporanee dei miti antichi che parlavano di mura ciclopiche e di spazi
progettati da giganti. Ma anche qui, in questa visione dove gli uomini sono
esseri minuscoli perduti nello spazio architettonico, è il silenzio a
dominare, un silenzio impenetrabile che ci aiuta a pensare e a misurarci
soprattutto con noi stessi.
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