giovedì 14 maggio 2015

INTERVYOU. Nel privé con Stefano Re, intervistato da Marla Lombardo.




Non tutti hanno la stoffa per essere il proprio Dio

Irriverente, provocatore e manipolatore: in breve, il “MindFucker" per eccellenza.

Il prossimo ospite di Intervyou, il privé di Untitled Magazine, è STEFANO RE.
Esperto di metacomunicazione e Criminologia di omicidi sessuali e seriali, scrive e insegna tutto ciò che c’è da sapere sul Mindfucking, anche perché, vi piaccia o meno, lo ha inventato lui. 
Nel tempo libero si occupa di cinema e politica e tiene corsi su sessualità alternativa, quella "roba" strana chiamata BDSM e Fetish

Stefano Re you are in, then you are cool.


1. Scrittore, esperto in metacomunicazione e criminologia di omicidi sessuali e seriali, intellettuale provocatore. Premesso che pretendo risposte che vanno in profondità, non in lunghezza, chi è, a parte tutto questo, Stefano Re?

Stefano Re è un atto di volontà: volevo la responsabilità di essere e per questo io sono.
Che due persone abbiano scopato per generarmi, che un contesto sociale mi sia stato attorno per darmi spunti per misurarmi mentre crescevo e che oggi un universo mi faccia da sfondo è del tutto incidentale e, a tutti gli effetti, non mi riguarda. Ho deciso chi sono, ho deciso in che realtà esisto, e me ne prendo tutta la responsabilità.
Ah giusto, poi ci sono gli altri. Beh, se sanno prendersi la responsabilità di esistere, si facciano avanti. Posto ce n’è.

2. Se dico “Mindfucking”, tu dici…

«Credimi, sto mentendo»

3. Stefano le parole sono importanti?

La parole sono strumenti. Si possono usare come graziosi fiocchetti con cui decorare quel che han pensato altri, oppure per creare le regole con cui si costruiscono realtà e identità. Io le uso per definire continuamente chi sono, cosa succede e come succede.
Ah cazzo, è vero, gli altri. Con gli altri, le parole per me sono coltelli, fragole e occasioni. E l’innocenza non esiste.


4. Hai detto: “Se non ti osservi non esisti”

Colpevole. Capiamoci: non ti piace il tuo lavoro? E chi è che si alza ogni mattina per andarci? Tua moglie è insopportabile? E chi è che la ha sposata? Non hai tempo? E chi è che guarda l’orologio per decidere quanto tempo devi usare in questa o quella cosa?
Chi si osserva, si giudica. Chi si giudica, è responsabile di ciò che attua di se stesso. Troppo complicato? Troppo faticoso? Allora continua pure a raccontarti che sono gli altri a decidere, che è stato il mondo, il primo ministro, le multinazionali, i rettiliani, dio. Continua pure ad obbedire se lo trovi tanto comodo, ma non chiedermi di compatirti, per me sei un codardo.

5. La realtà si costruisce o si eredita?

La realtà non esiste. Se chiudi gli occhi, i colori cessano di esistere. Due più due fa quattro comunque? Certo, come no. Cos’è “due” se non una immagine mentale? In che mente esiste questa immagine se non nella tua che lo pensi? Sostituisci “due” con “cippalippa” ed ecco che cippalippa più cippalippa fa quattro. E ora voglio il Nobel per la matematica.
Quel che si eredita sono regole percettive che altri han pensato e che altri, pochi o tanti, attorno a te, condividono. Lo facessero per convenzione, consapevolmente, sarebbe non solo comprensibile ma necessario. Ma lo fanno quasi tutti senza nemmeno capire che senza la loro accettazione le regole non esistono, e dunque sono *loro* responsabilità. La realtà è un atto di volontà, come l’identità.

6. Come giudichi il Paese ITALIA in genere?

Paese non vuol dire niente. Giudico una cultura in base al livello di responsabilità consapevole che manifesta chi la sostiene e propaga. Nella cultura in cui vedo vivere chi parla italiano leggo un oceano di codardia. Arriva un tizio tutto nero che puzza e mi cerca di rubare la borsetta? Voto per un tizio che grida “a casa loro!” senza stare a pensare che casa loro brucia perché una multinazionale possa ottenere materie prime a basso costo e costruirci il mio cellulare. Mi alzano le tasse e non riesco più a pagare il mutuo? Voto per un ballista sorridente che si smentisce da solo ogni due giorni solo perché dice “faremo ripartire il paese” senza nemmeno chiedergli “come”, stando a quali regole europee e internazionali, e nemmeno controllando che non abbia votato proprio lui, proprio ieri, una legge che le tasse me le alza per pagare un debito inesistente a qualche banca privata. Le strade son piene di disperati che si drogano? Chiedo più polizia che li manganelli e poi vado in chiesa a pregare un dio che ha lasciato detto “ama il tuo nemico”. Gridano tutti “politici ladri” e poi li votano lo stesso. Trovano noioso chi gli spiega che la mafia interra veleni radioattivi sotto terreni agricoli i cui frutti poi mangiano pure loro e scendono in piazza per protestare solo se la squadra del cuore perde la finale di qualche coppa.
Vogliono tutti soluzioni veloci e confortanti e nessuna responsabilità. Vogliono tutti un mondo diverso e non si sognano nemmeno di iniziare a cambiarlo partendo da se stessi.



7. E a Milano, che scena vedi? Cosa sta succedendo in questa città?

Io odio le città. Sono labirinti di cemento pieni di gente che nemmeno sa perché stia lì ad affannarsi una sulle orecchie dell’altra. Milano poi è davvero comica: grancassa per eventi di rilevanza internazionale e barboni che crepano di freddo per le strade. Alta moda e alta finanza che sembrano uscite dalla Francia prerivoluzionaria ma soprattutto pubblicitari: tutti pubblicitari. Dittatori inconsapevoli che vendono regole per esistere e nemmeno sanno di esistere loro stessi. Vogliamo parlare del divertimento? Sabato sera sui navigli: passare due ore in macchina per fare tre chilometri, altre due ore per trovare parcheggio su un marciapiede in sosta vietata per poi fare la coda per entrare in un bar in cui fare la coda per pagare dieci euro un bicchiere di birra annacquata e passare il resto della serata urlando per poter parlare tanto è alto il volume della musica, sempre che in quel locale ci sia qualcosa che possiamo chiamare musica.
Milano è quel centro urbano pieno di persone che vanno di gran fretta da nessuna parte, sito a nord di dove abito. E a casa mia si può fumare.

8. Chi riconosci come tuoi simili?

Chi pensa.
Pensare non è un hobby, è un lavoro. E non ha niente a che vedere con quel che fanno quasi tutti. Te lo insegnano fin da bambini, a scuola. Studiamo altrui pensieri e li ripetiamo fingendo che siano cose che abbiamo pensato noi. Chi ci prova, a pensare, viene punito: il coraggio non va di moda. Questo prosegue per tutta la vita: delle ragioni di una guerra in Medioriente o di cosa sia l’amicizia, se occorra esser fedeli e di come dovrebbe vestirsi un professionista sono tutte cose che *non abbiamo pensato*, ma fingiamo di averlo fatto e le ripetiamo come bravi alunni davanti alla maestra.
Pensare è tutt’altra faccenda: consiste nel raccogliere delle percezioni, degli elementi, e poi elaborarli. Masticarli, rifletterci sopra, cambiarli di posto, trovare tra essi nuove e diverse relazioni e connessioni, e trarne un quadro *nostro*. È roba faticosa, richiede impegno.



9. Cosa intendi per “sessualità alternativa”?

È un termine diffuso per indicare forme di sessualità non canoniche, cioè non strettamente legate all’atto riproduttivo. In teoria anche il sesso orale o anale sarebbe sessualità alternativa, ma nell’uso più comune il termine rappresenta quella roba strana chiamata BDSM e Fetish. Per chi non sapesse di che si tratta: BDSM sta per Bondage e Disciplina, Dominazione e sottomissione, sadomasochismo. Non starò qui a farci un trattato sopra, in rete si trovano tutte le informazioni possibili sull’argomento, dico solo che sono giochi per persone adulte che usano l’eros in modo ludico ed esplorativo, e che nel farlo si scoprono molti interessanti spunti evolutivi.

10. Pensi davvero che oggi sia più facile?

Dipende cosa intendi per facile. Due secoli fa avevi una chance su tre di sopravvivere oltre i cinque anni, in questo è più facile. Meritarsi questa chance? No, quello non è più facile.

11. Cosa accadrà in futuro? Hai qualche progetto o libro in programma?

Come potrei non avere progetti o libri in programma? Io penso e scrivo anche mentre dormo. Ma non sono uno che ama le schedule, gli orologi e i calendari. Mi piace desiderare, immaginare e attuare le cose man mano che ne ho voglia e energia.
Ah, cazzo, volevi qualche titolo e anteprima? Va bene: una roba che si chiama Morte della Vittoria, in cui sostengo che l’istinto a competere non è solo la causa del 90% dei problemi di chi vive ma che, in quest’epoca, è anche un paradigma del tutto superato, inutile e stupidamente tenuto in piedi in modo illusorio. Più semplice? Ok: i soldi non esistono, noi esistiamo. Abbiamo creato i soldi per renderci la vita più comoda, e ci distruggiamo la vita per accumulare soldi. Furbi, vero?

12. Tre aggettivi che ti rappresentano.

Come mi vedo o come mi voglio vedere? Come penso mi vedano gli altri, e nel caso, quali altri?
Gli aggettivi sono roba scivolosa. Ti do tre parole che mi piacciono: Indaco, Complessità, Spietatezza.

13. Cosa fa Stefano quando non è un "MindFucker"?

Beh, i casi sono due: o sono sempre un "MindFucker", qualsiasi cosa sia, o non lo sono mai.
Ok, volevamo qualche pettegolezzo su come passo il mio tempo libero? Beh, io non ho tempo libero, occupo tutto il mio tempo in qualche modo. Scrivo (di tutto); insegno (mindfucking ovviamente); cazzeggio in internet; mi masturbo (anche senza internet); ascolto sempre musica (molto varia, ma ho una predilezione per il Southern Rock e le colonne sonore); in certi periodi gioco per giorni interi a qualche videogame, rigorosamente su PC (amo gli strategici, ma anche qualche spara spara a volte mi capita); ultimamente mi è capitato diverse volte di avere vita sociale, nel senso che accetto o propongo inviti a cena; gioco coi gatti (quattro, esperti in demolizioni).

Cazzarola, non ho detto un bel niente sui miei libri, sui miei corsi, sui gruppi FaceBook, sul mio sito nuovo nuovo! Possiamo ricominciare?

"Quando guardo nell'abisso, mi viene un sonno bestia"
- Stefano Re -  
Photographer Credits – Persefone Zubcic
Photographer Credits – Persefone Zubcic

Nessun commento:

Posta un commento