lunedì 11 aprile 2016

INTERVYOU. Nel privé con Valentina Tamborra, intervistata da Marla Lombardo.

Photographer Credits Roberto Cosentino

Una personalità curiosa mai banale, appassionata della vita, dell’arte, delle cose vere. Una cosa è certa: Ama le sfide. Per lei l’accettazione del rischio è una vera e propria sferzata di vita.

Lei è una fotografa che esprime nella sua arte tutta se stessa, che non smette mai di interrogarsi, alla continua ricerca della verità, anche se imprecisa, anche se imperfetta ma pura.
Lei cerca momenti, quelli che vorremmo fermare per sempre, quelli da ritrovare, anni dopo, in un cassetto per sorridere e ricordare.

La sua Arte propone una riflessione profonda sul genere umano, attraverso progetti fotografici portatori di messaggi tendenti all’andare oltre l’apparenza per varcare le soglie dell’essere che vive nel tempo, verso il suo al di là, il suo altrimenti.

Come con il suo ultimo progetto fotografico “Doppia Luce” in cui fa visita a musicisti, attrici, poeti e pone due semplici, terrificanti domande: chi sei e cosa fai.
Alla prima risponde uno scatto, alla seconda le parole dell’ospite.

Rigorosamente in pellicola, in bianco e nero, “Doppia Luce” è molto di più di un semplice attimo catturato, uno sguardo personale sulla vita.
Nelle sue parole: “Doppia Luce è una scommessa. Doppia Luce è un atto di fiducia.”

Io, invece, guardando tutti i suoi scatti ritratti, preferisco parlare di “confessione”, perché in fondo noi siamo ciò che temiamo di apparire.

Valentina Tamborra è l'ospite di INTERVYOU, il privé di Untitled Magazine




Valentina artisti si nasce o si diventa?
Artista è un termine che mi fa paura. In ogni caso diffido da chi sostiene di esser nato per…

Quando hai cominciato ad approcciarti all'Arte, qual è stata la spinta per cominciare?
Un bisogno. Volevo raccontare: quello che vedevo, quello che sentivo, le cose che mi emozionavano. Sentivo di volerlo condividere. Confrontarmi con il mondo, darne la mia visione, conoscere quella degli altri.

Come mai ha scelto come mezzo espressivo la fotografia? Perché ti sei avvicinata a questo linguaggio?
Perché ci sono immagini che sfuggono, momenti perfetti che vorremmo conservare per sempre. La fotografia permette di farlo, se si è fortunati. Fotografo per non dimenticare.



Se io dico “Doppia Luce”, tu dici…    
Ricerca dell’identità, della verità. Doppia Luce è una scommessa, un atto di fiducia. Incontro il personaggio per scoprire la persona. Due le foto, due le domande: chi sei – cosa fai. Alla prima si risponde facilmente, sono tutti volti noti: cantanti, attori, giornalisti, chef….  Ma ciò che siamo è ciò che facciamo?  L’identità è più che un nome e un cognome, è più di un mestiere. E’ questo che tento di svelare, di raccontare. Se ci riesco? Sta a voi giudicare.

Secondo te, cosa ci definisce? Ciò che siamo o ciò che facciamo?
Giunta quasi alla fine del mio progetto posso dirti ciò che siamo è ciò che facciamo. Non so se è perché ho “scelto” le persone giuste (posto che in un ritratto ci si mette in gioco entrambi, io scatto la foto ma il soggetto mi regala una parte di sé) ma in ogni caso in ognuna delle persone che ho ritratto e intervistato ho trovato una profonda verità. Un mettersi a nudo completamente. Le persone più vere sono quelle che mettono se stesse in gioco, completamente, senza sotterfugi.

Doppia Luce, Andy Fluon - musicista/pittore

Doppia Luce, EugenioFinardi - Cantautore

Doppia Luce, Tom porta - pittore

Doppia Luce, Sara Loreni - Cantautrice

Doppia Luce, Leonardo Coen - scrittore e giornalista

Doppia Luce, Max Papeschi - artista

Chi riconosci come tuoi simili? 
Chi non smette di interrogarsi, mai. Quelli che si mettono in dubbio, che sono alla ricerca. I curiosi insomma.

Quali sono state le tue collaborazioni più importanti?
Mi occupo principalmente di ritrattistica e reportage, quindi più che collaborazioni parlerei di incontri: per esempio ho avuto la fortuna di scattare l’allestimento della bellissima mostra su “Valentina” di Crepax a Roma. Ho poi collaborato con il progetto “Ti aspetto fuori” in carcere, a Opera. Ho scattato le foto ai detenuti mentre provavano lo spettacolo che di lì ad un anno sarebbe finito sul palco del mitico Zelig. Emozioni fortissime.

Come giudichi il Paese ITALIA in genere?
“Natio borgo selvaggio”. Amo il mio paese d’origine pur riconoscendone i limiti. A saperlo godere, a saperlo sfruttare ha da offrire tantissimo. E’ pur sempre la culla del Rinascimento no?

E a Milano, dove vivi e lavori, che scena vedi? Cosa sta succedendo in questa città?
Milano si sta risvegliando dopo un lungo sonno. E’ una città che sta vivendo una nuova primavera.

Cosa accadrà in futuro? Cosa è scritto nell’agenda di Valentina?
Eheheheh al momento sto programmando una mostra sul mio progetto “Doppia Luce”, e ho in cantiere altre idee ma è presto per parlarne. Come si dice “chi va piano va sano e lontano”?

Tre aggettivi che ti rappresentano, o ti definiscono.   
Curiosa, vorace, appassionata

Qual è il tuo motto?
Ad maiora. Semper!

Photographer Credits MARCO ALFREDO BRESSAN


Photographer Credits MARCO ALFREDO BRESSAN


Ed il tuo vizio preferito? O hai solo virtù?  

Ovviamente virtù. Scherzi a parte i vizi possono essere tranquillamente virtù, almeno quando sappiamo dominarli.



Che cosa ami di più?

La gente. Anche quando non mi piace, non potrei farne senza. Come un vampiro, mi nutro di vite altrui.


Qual è la tua più grande paura?
La morte. Ma non perché temo l’ignoto, solo perché amo vivere. Finchè sei vivo puoi scoprire cose, fare cose. Passiamo su questa terra per lasciare un segno, no? È il nostro vero unico dovere. Non sprecare tempo.

Che cos’è per te “Essere Creativo”? Perché crei? Cosa ti spinge a dar forma ai tuoi pensieri ed alle tue emozioni? 
Essere creativo significa rispondere a un bisogno, ad un’urgenza. Creare, condividere, è qualcosa di cui non  posso farne a meno.  




Cosa fa Valentina quando non è un “Fotografo”?  Come trascorri i tuoi giorni, e, soprattutto, le tue notti?
Osservo il mondo, incontro persone, luoghi, situazioni. Di notte, finalmente, cesso l’esercizio del pensiero. Mi spengo e ogni tanto, credimi, è una benedizione.  






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