martedì 7 gennaio 2020

ATTI OSCENI. I tre processi di Oscar Wilde. Al Teatro Elfo Puccini di Milano, in scena lo spettacolo di Moisés Kaufman.



9 - 26 gennaio | sala Shakespeare



Atti osceni

I tre processi di Oscar Wilde

di Moisés Kaufman

traduzione Lucio De Capitani

regia, scene e costumi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia

luci Nando Frigerio

suono Giuseppe Marzoli

con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’agostino

produzione Teatro dell’Elfo








Atti osceni, che torna in scena dopo il successo del 2017, è parte di un dittico di spettacoli che Ferdinando Bruni e Francesco Frongia hanno dedicato a Wilde e compone, con L’importanza di chiamarsi Ernesto, un grande affresco concepito per contrasti. Al capolavoro di eleganza e di satira con il quale lo scrittore irlandese aveva fatto a pezzi l’ipocrisia della sua epoca fa da specchio questo dramma che racconta i suoi ultimi anni, quando venne messo alla gogna dal conformismo della società vittoriana che prima lo aveva osannato. E se L’importanza di chiamarsi Ernesto nella versione di Bruni e Frongia è una commedia dominata da atmosfere e colori sgargianti, questo secondo spettacolo vive di chiaroscuri e tagli di luce che ricreano l’aula di tribunale in cui vanno in scena i tre processi che coinvolsero Wilde nel 1895. L’intricata vicenda è ricostruita da Moisés Kaufman in questo bellissimo testo che riesce ad aprire squarci commoventi e poetici nel serrato dibattito giudiziario.

Uno spettacolo che travalica i confini di un’appassionante ricostruzione storica per trasformarsi in un rito teatrale in cui si parla di arte e di libertà, di sesso e di passione, interpretato da un gruppo di nove attori, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Riccardo Buffonini, Giuseppe Lanino, Edoardo Chiabolotti, Giusto Cucchiarini, Ludovico D'Agostino, Filippo Quezel, guidati da Giovanni Franzoni nella parte protagonista.








Dalla rassegna stampa



Fu un linciaggio, perpetrato dalla società benpensante contro il brillante irlandese che pur divertendola l’aveva sfidata. In Atti osceni, scritta cento anni dopo i fatti, l’illustre regista-autore newyorchese di origine venezuelana Moisés Kaufman lo racconta mediante un abile, appassionante montaggio di documenti tratti dai verbali giudiziari e da molte altre testimonianze. Nell’eccellente, veramente eccellente (ritmo, chiarezza, vivacità, umorismo) edizione diretta da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia quest’uno è Giovanni Franzoni, un Wilde prima sprezzante e ironico, quindi smarrito e addirittura trasognato, ma, nella convinzione delle proprie idee come nell’ammissione delle proprie debolezze, eroico.

Masolino d’Amico, La Stampa



I testimoni, gli avvocati, gli accusatori, gli sciagurati compagni di bisboccia, il pubblico di questa specie di apologo fortissimo, sia nella caduta fatale che nella sua presa di coscienza, hanno trovato in Giovanni Franzoni un attore di rara intensità, perfetta "copia" dell'immagine dello scrittore proiettata sul fondo della scena che ricrea con una penetrazione inquietante e ricca di sfumature, facendone un personaggio "vivo". Nel gran numero degli interpreti che in questa ballata tragica spesso hanno più di un ruolo si distinguono il giovane, navigato Bosie di Riccardo Buffonini e le incisive maschere di Ciro Masella che è il padre di Bosie, accusatore, quasi il "killer" di Wilde. Da vedere.

Maria Grazia Gregori, delteatro.it





Catturante, irrequieto, appassionato, lo spettacolo mette in piazza il calvario in tribunale di un uomo protagonista di avventure giuridiche nel 1895 per i suoi orientamenti intimi, e per la coerenza nel sostenerli apertamente in un Regno Unito dove fino al 1954 il vero scandalo sarà costituito dalla pena carceraria inflitta agli omosessuali (vedi le traversie di Alan Turing, che finì suicida). Il valore di un testo come Atti osceni è quello di documentare l’ipocrisia benpensante di un'opinione pubblica che osteggiò Wilde anche a dispetto del grande successo delle sue pièce. Noi spettatori siamo in un’aula di giustizia, alle prese col contenzioso legale nato dall'affronto che Lord Queensberry, il padre di Bosie, il ragazzo amato da Wilde, riserva allo scrittore, indirizzandogli un biglietto inequivocabile (‘Oscar Wilde si atteggia a sodomita’), al quale il dandy reagisce con querela il cui effetto non tarda a ritorcerglisi contro, per via di compromettenti giovinastri chiamati in causa a riferire dei loro pregressi rapporti mercenari con lui. La dignità, l'arguzia, lo spirito socratico con cui il Wilde, magnificamente impersonato da Giovanni Franzoni (capace di flemma, e fulminei aforismi), s'imbatte in queste marchette assurte a ‘testimoni della regina’ sono un pregio del copione che Kaufman ha ricavato da verbali e da opere wildiane come il De Profundis, o la poesia La Casa del Giudizio, nell'italiano di Lucio De Capitani.

Tutto è governato dall'umana, etica regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, un platonico presidio per la libertà d'espressione. Facendo leva su un cast di attori interpreti di più ruoli.

Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica




10 gennaio 2020 | ore 18.30 | Spazio Atelier
Per un nuovo teatro epico.

Da Atti osceni a The Laramie Project: il lavoro di Moisés Kaufman



incontro con Moisés Kaufman (autore), Ferdinando Bruni e Francesco Frongia (registi)

modera Ira Rubini (Radio Popolare)

(ingresso libero)



 

TEATRO ELFO PUCCINI, sala Shakespeare,  
corso Buenos Aires 33, Milano 
Mart/sab 20:30, dom 16:00  
Prezzi: intero € 33 / martedì posto unico € 22 / rid. giovani e anziani €17,50 / 
Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org

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