venerdì 18 settembre 2020

Alla Galleria Wikiarte di Bologna, le mostre personali di Sabino Galante, Anna Maria e Maciechowska Fulvio Rinaldi. Presentazione a cura di Denitza Nedkova.

 


Mostre personali di

Sabino Galante

Anna Maria Maciechowska

Fulvio Rinaldi


Dal 19 settembre al 1 ottobre 2020

Vernissage: sabato 19 settembre 2020 ore 18.00



Galleria Wikiarte

Via San Felice 18, Bologna

Info e contatti:

Tel:  0515882727 - Mail: info@wikiarte.com

Sito: www.wikiarte.com


Apertura mostra

dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 18.00

 

Comportamenti
Secondo decreto dpcm, si effettueranno ingressi scaglionati con obbligo della mascherina.


La biologia è quella branca delle scienze che studia le basi della vita, i meccanismi, le interazioni e gli equilibri che la permettono, nel mondo animale e vegetale. L’arte è quella branca dei linguaggi umani in grado di esprimere le basi di ogni attività umana, i meccanismi, le interazioni e gli equilibri che la permettono, nel mondo animale e vegetale. Arte e Biologia emergono, dunque, essere due punti di vista dello stesso processo vitale che attiva ogni esistenza organica (e non). Anna Maria Maciechowska intuisce questa linea diretta tra scienza e creatività e la amalgama in un prodotto unico attraverso estratti, frammenti, finestre sul processo omeostatico che regola ogni corpo. Polpe di colori, schegge di materie, strappi di tessuti sono osservati e registrati sotto la luce focale e netta dello strumento scientifico. Si tratta di un procedimento microchirurgico della fauna cellulare che grazie al filtro estetizzante ottiene l’immagine di quei stati psicofisici momentanei di reazione a percezioni o stimoli che turbano l'omeostasi definiti emozioni. La pittura tanto empirica quanto astratta di Maciechowska dimostra oggettivamente e inequivocabilmente l’eguaglianza tra scienza e arte, tra sentimento e ragione, tra essere e esistere.

 

Il gioco è coinvolgimento, apprendimento, memoria. Il gioco è un flusso narrativo che trasforma azioni, sensazioni, produzioni, esperienze in abilità. Imparare a giocare significa imparare a ricordare e, quindi, imparare ad essere umani. L’essere umano, infatti, è l’unico animale capace di proiettare il proprio pensiero nel passato e nel futuro e non esistere solo hic et nunc come il resto del mondo animale terrestre. In questa ottica l’arte di Sabino Galante si presenta come una pedagogia del gioco estetizzata che da forma al primo pensiero sequenziale che attiva la mente umana: quello del gioco. Gli strumenti ludici, che sono anche quelli immaginativi e teatrali, sono gli elementi del primo linguaggio articolato - quello visivo - che vincolano i processi mnemonici a determinate forme archetipiche in cui è sita la nostra capacità di ragionare. Pertanto, in accordo con il primo vero pedagogista contemporaneo Jean Piaget, l’attività ludica e i suoi strumenti orientano verso lo sviluppo dell’individuo come tale, poiché attivano la socializzazione, lo sviluppo cognitivo ed intellettuale e insegnano all’essere di narrare, ovvero immaginare la propria esistenza. Galante offre istantanee di questo processo è riattiva in chi fruisce i suoi quadri quei processi congeniti e vitali che danno senso all’intera esistenza umana.

 

Eigengrau, il colore del buio, è ciò che sembra trasparire come cardine della ricerca estetica di Fulvio Rinaldi. La percezione di questa specifica gradazione cromatica dottata di una sua luce intrinseca è un fenomeno originato dalla retina, insieme alle connessioni cerebrali associate alla visione, dove la percezione di questo strano colore è una sorta di residuo o rumore visivo dell’attività neuronale. Pertanto anche quando chiudiamo gli occhi diverse strutture neurali del sistema visivo rimangono attivi, generando attività cerebrale in assenza di luce che il cervello non è in grado di separare da una vera percezione di luminosità. Si tratta di un fenomeno che dimostra come la nostra mente è in grado di sentire la cromia anche in assenza di una luce fenomenica. Un fenomeno che le opere di Rinaldi esplicitano chiaramente attraverso una lunga ricerca, dal 1970 ad oggi, non tanto della luce e le forme che prendono corpo attraverso essa, quanto della negatività luminosa, ovvero l’assenza di luce che produce forme e colori grazie unicamente al lavoro della mente. I negativi monocromi e policromi di Rinaldi emergono, prima ancora che situazioni fotografiche o giochi di luce, come rivelazioni mentali di un linguaggio visivo psico-fisiologico che non possiamo definire più solo immaginario. L’artista dimostra come i segnali inviati dai nostri nervi ottici dalla retina non sono distinguibili ai segnali cerebrali prodotte da fotoni reali quando siamo in presenza di luce, quelli che ci fanno vedere o creare un colore.

 

 

Presentazione a cura di

Denitza Nedkova

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