giovedì 12 gennaio 2012

ERIK SULLIVAN| L'INNOCENZA PERICOLOSA


Un aculeo. Mi ha mangiato e sta ancora mangiandomi il tempo, la già ammaccata fantasia. A ripensarla su quel divano, stretta nei pantaloni di tela, le unghie che rovistavano tra i capelli e in una sua qualche nostalgia, io... ora provo sensazioni torbide, insidiose, tenaci nel coinvolgere la mia coscienza erotica. Persino dall'oro di quelle lentiggini usciva una forza sconosciuta, un'animosità in allarme perenne. Ah, averla potuta toccare offrendole un bacio. Ma chissà cosa sarebbe diventata lei, se toccata. Lei è di quella razza che quando l'afferri sgretola il mondo, ti svuota le ossa, ti porta tra le nuvole ed il lievissimo e dolce suono di campane d'un borgo vicino. Lei è un bosco d'autunno, il basso cielo di rami, la bacca rossa che consola il pianto del fiore in agonia. E' una femmina che quando la vedi immagini da qualche parte un grammofono a manovella, un casché del destino. Ma subito dopo ti sbatte via, ha già dimenticato, ti guarda come se tu, con le tue ossa vuote, fossi un ricordo di una notte che sta finendo con il fiato di un inverno.
Tu strizzato, da buttare.

Così fanno i bambini, e i leopardi.

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