mercoledì 13 marzo 2013

Parole contro il potere: un invito alla rilettura di Vincenzo Consolo >Presentazione libro giovedì 14 marzo ore 18.30 | Siracusa


Giovedì 14 marzo, alle ore 18.30 alla Galleria Roma di Ortigia verrà presentato il libro di Concetto Prestifilippo e Giuseppe Lo Bocchiaro Parole contro il potere. Vincenzo Consolo, ritratti e lezioni civili, edito da Navarra Editore nella collana Fiori di Campo. Introduce il prof. Salve Sequenzia. Il testo, pubblicato nel primo anniversario della scomparsa di Vincenzo Consolo, vuole essere un omaggio al grande scrittore siciliano di cui ripropone una serie di interventi critici da cui emerge l'essenza della sua lezione civile.

Vincenzo Consolo - grande protagonista della letteratura italiana del '900, autore tra l'altro de Il sorriso dell'ignoto marinaio, Retablo e Nottetempo, casa per casa, Premio Strega 1992 – aveva, infatti, scelto proprio la scrittura di intervento sui giornali per esercitare il suo ruolo di intellettuale gramscianamente non indifferente.
Parole contro il potere raccoglie gli articoli che il giornalista Concetto Prestifilippo ha dedicato in più di vent'anni a Consolo : interviste, articoli, commenti a caldo, note caratterizzate da un registro linguistico lontano dalla cifra stilistica consoliana, in cui lo scrittore interviene sui maggiori temi e avvenimenti sociali e civili del nostro Paese – dalla Strage di Capaci all'ascesa di Berlusconi - commentandoli con grande passione civica e fine capacità critica.

“Rileggendo gli articoli pubblicati nel volume – racconta Concetto Prestifilippo, giornalista e autore del testo - colpisce l’analisi lucida e spietata dello scrittore siciliano, la straordinaria capacità di sintesi, l’efficacia comunicativa, il senso della notizia lontano da qualunque sensazionalismo. Non esercitava diplomazie linguistiche Consolo. Non operava concessioni. Non salvaguardava potentati. Non blandiva accademie. I suoi interventi potevano irritare, non essere condivisi ma erano sempre onesti, veri.”
“Consolo ha scontato duramente la sua continua sottrazione, la sua disobbedienza, la mancata esposizione televisiva. – continua Prestifilippo - Rimangono però i suoi libri e appaiono ancor più inattaccabili. Per questo Parole contro il potere vuole essere proprio un invito alla rilettura delle opere di Vincenzo Consolo”.

Il testo è accompagnato dai ritratti intensi dell'illustratore palermitano Giuseppe Lo Bocchiaro, già autore del libro a fumetti su Mauro Rostagno edito da Becco Giallo. Disegni a tratto, immagini lievi, atmosfere sospese, acquarelli che che propongono un piano di narrazione parallelo e mettono in visiva conversazione Consolo con Lucio Piccolo e Leonardo Sciascia o ritraggono lo scrittore nei posti più amati della sua Sicilia, da Cefalù a Gibellina.


LA LETTERATURA CONTRO IL POTERE
Parresia, memoria e tragedia nell’ultimo Consolo

A cura di Salvo Sequenzia


Parole contro il potere, pubblicato dall’editore Navarra, è un libro denso e tagliente al quale gli autori, Concetto Prestifilippo e Giuseppe Lo Bocchiaro, hanno affidato un ritratto dello scrittore Vincenzo Consolo, a un anno dalla scomparsa, “strappato” alle contingenze e alla precarietà del tempo. Sono “ritratti” e “lezioni civili” raccolti in interviste rese dallo scrittore in momenti desultori della sua vita. Un valore aggiunto, o forse un racconto parallelo, è costituito dai disegni, matite e acquerelli, dell'architetto palermitano Giuseppe Lo Bocchiaro, già autore di un libro a fumetti su Mauro Rostagno edito da Becco Giallo.
Gli articoli di Prestifilippo sono focalizzati prevalentemente sugli interventi civili di Consolo, mentre i disegni di Lo Bocchiaro lavorano sull' immaginario letterario, attraverso una rilettura dei libri di Consolo che mette quasi in una sorta di “conversazione visiva”, così come avviene nella pagina scritta, Lucio Piccolo, Leonardo Sciascia ed altri autori pregnanti all’interno della pagina dell’autore de “Le pietre di Pantalica”. Danno respiro lieve al libro i disegni intervallati agli articoli di Prestifilippo, nei quali vecchi e nuovi poteri, utopiche fantasie sovversive e consapevolezza dell'incapacità dell'uomo di non riuscire a darsi una forma costituita, si incrociano, così, sulle pieghe di una storia che, soprattutto nei suoi momenti più oscuri, dà dimostrazione che soltanto attraverso opere solitarie ed estreme si può cercare di restituire al mondo e alla società la perduta «sintassi» di verità e di poesia.
Mi è piaciuto, questo libro, perché restituisce alla letteratura il prestigio di una speciale intimità con il senso dell´esistenza. Non a caso la polemica, nel senso alto e “illuministico” di controversia e di disputa, che Consolo ingaggia contro il potere, prende avvio dalla figura dello scrittore, custode di una idea della creatura umana in quanto essere in potenza: in potenza, non di potere. Potenza di cui Consolo dà testimonianza nella sua esaltazione della capacità di metamorfosi della lingua, nella lingua. E della parola. La parola nuda, cocente. La parola tormentata, gravida, feconda, dentro la quale si agita il senso ed il mistero dell’esistenza, quel groviglio di “verità” che, aprendosi al mondo, dà luce alla storia, rivelandone le atrocità e le imposture.

Regna il toro a Cnosso, la bestia potente che irrompe sull'orlo di un fasto che si sfalda e decade, sforza e invade regine di noie e mollezze. Il prezzo di tanto regresso, il ritorno ad ere pregresse, è il sacrificio barbarico a scadenze fatali. Nessun Teseo qui giunge, nessuno può liberar dall'oltraggio l'Atene civile.


Così Consolo, nel denso e profetico scritto “Per una metrica della memoria”, pubblicato nel 1996, rappresenta la brutalità del potere, che assume sembianza bestiale nel «toro». Nessun Teseo potrà mai salvare la civiltà ferita dalle mafie e dalle tresche dei potenti, nessuno potrà rimarginare la società contemporanea dall’oltraggio supremo inflitto all’ «Atene civile».
La parola di Consolo è una parola aurorale, sorgiva, preziosa. Ma è anche, allo stesso tempo, una parola scabra, tesa, innervata nella tensione a indagare e a risolvere il «gliommero» gaddiano, quel nodo oscuro che lega nel suo intreccio mortale la vita alla trama imperscrutabile del potere.
Ed è proprio nel linguaggio che lo scrittore si riconosce capace di manifestare la «parresia», il parlar franco, il rivolgersi al mondo con leopardiana «franca lingua»: il coraggio di dire, di proclamare la verità di fronte al Potere, di fronte all’iniquità ed all’impostura del proprio tempo, di ogni tempo, declinando nel dolente “melos” della parola, ma anche nella modalità geometrica ed essenziale dell’inchiesta, «la ferita» dell’umano, la spoliazione della memoria, la brutalità della «bêtise» del post-human, che tutto ottunde.
E’ un’esigenza intima, quasi primitiva, e, quindi, irrinunciabile, di giustizia nei rapporti tra esseri umani, di chiarezza e razionalità che naturalmente si oppongono all’oscura nebbia nella quale il potere cela i suoi disegni e le sue operazioni. Chiarezza e ragione rinviano all’orizzonte culturale in cui Consolo volle proiettare positivamente la propria esperienza intellettuale, il Settecento e l’Illuminismo, la Sicilia del Mandralisca e del Gattopardo, ma anche quella dell’abate Vella de “Il Consiglio d’Egitto” di Sciascia, dalla cui costola nascerà “Il sorriso dell’ignoto marinaio”; e, ancora, la “linea lombarda”, che dalla grande lezione manzoniana della “Storia della Colonna infame” sul rapporto tra potere, giustizia e scrittura approderà alle pagine del “Pasticciaccio” di Gadda.
Nella sua forma estrema, la “lezione civile” della scrittura di Consolo, quale emerge dal pamphlet di Prestifilippo e Lo Bocchiamo, è una eredità che rappresenta anche una scelta, l’adesione a un principio di civiltà: scegliere se vivere nella tiepidezza o se continuare a “dire” e a patire, prometeicamente, la verità. Contro le lusinghe di ogni potere.

…la tragedia rappresenta l’esito ultimo di quella che è la mia ideologia letteraria l’espressione estrema della mia ricerca stilistica. Un esito […] in cui si ipotizza che la scrittura, la parola, tramite il gesto estremo del personaggio, si ponga al limite delll’intellegibilità, tenda al suono al silenzio.

Con questa affermazione, lucidissima e disarmante, lo scrittore di “Retablo”, in “Per una metrica della memoria”, consegna alla “tragedia”, il genere letterario meno compromesso e meno convenzionale, l’ultima parola.
L’indebolimento della forza narrativa conseguente alle trasformazioni sociali e culturali del mondo occidentale ha come effetto l’impossibile saldatura tra poeta e comunità, il che significa l’impossibile ripristino delle forme di associazione comunitaria. Abbandonarsi al silenzio significa lasciare che il “toro” governi con le sue leggi inique e violente, che vinca il totalitarismo, la mortificazione dell’umano, l’intolleranza, la logica aberrante del potere, il suo linguaggio mistificatorio. E, tuttavia, nonostante l’incombere del silenzio anche sulla propria scrittura, Consolo sembra aver voluto contrapporre a questa possibilità di fine del sistema civile la mutuazione dei «moduli stilistici» della poesia: non per evadere verso la chiusura lirico-soggettiva, ma per «rimanere nello spazio letterario, lo spazio comunicativo, logico e dialogico proprio della narrazione», il più sacro ed antico, quello della tragedia.
Se è venuta meno, storicamente e culturalmente, la generazione dei “costruttori razionali”, ciò non vuol dire che si debba smettere di costruire, sembra sostenere Consolo: solo che si utilizzerà la potenza del verso, la cadenza della sintassi, la “memorabilità” che è, innanzitutto, “tenere a mente”, ricordare gli orrori della realtà effettuale; denunciare, nella forma tragica, le condizioni materiali dell’esistenza, pur nella consapevolezza che ad esse non ci si può sottrarre. Ineluttabilmente. Perché, «dopo è l'arresto, l'afasia. È il silenzio». 

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INFO
galleriaRoma  
piazza San Giuseppe 1/2/3Siracusa

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