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lunedì 18 novembre 2024

L’Io, noi e i luoghi. In occasione di Roma Arte in Nuvola 2024, gli artisti Marilina Marchica e Gabriele Salvo Buzzanca, presentati da SACCA gallery con la curatela di Giovanni Scucces, ne forniscono una propria lettura attraverso opere dal taglio prevalentemente paesaggistico.

 


SACCA gallery a Roma Arte in Nuvola

22 – 24 novembre 2024

(con preview su invito il 21 novembre)

“L’Io, noi e i luoghi”

Artisti

Marilina Marchica e Gabriele Salvo Buzzanca


La galleria SACCA di Modica è fra le 140 gallerie d’arte provenienti da tutta Italia e dall’estero presenti alla quarta edizione della fiera internazionale di arte moderna e contemporanea "Roma Arte in Nuvola" che si tiene nella capitale dal 22 al 24 novembre 2024 all’interno dell’avveniristica “Nuvola” di Fuksas (preview su invito il 21).

Il progetto presentato, intitolato “L’Io, noi e i luoghi”, punta l’attenzione sui rapporti che intercorrono fra l’uomo e l’ambiente circostante sia in un’ottica intima e personale (l’Io) che di comunità e collettiva (noi).

I luoghi che abitiamo e di cui ci “nutriamo” influenzano e forgiano le nostre personalità e identità. Sono portatori di valori e significati ad essi associati che entrano in relazione con la nostra sfera personale.

In occasione di Roma Arte in Nuvola 2024, gli artisti Marilina Marchica (Agrigento, 1984) e Gabriele Salvo Buzzanca (Barcellona Pozzo di Gotto, ME – Venezia, 1986), presentati da SACCA gallery con la curatela di Giovanni Scucces, ne forniscono una propria lettura attraverso opere dal taglio prevalentemente paesaggistico.

“Per paesaggio – citando l’art. 131 del Codice dei beni culturali – si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. Il paesaggio, quindi, è il frutto della relazione dinamica fra uomo e territorio. È il risultato delle diverse sedimentazioni susseguitesi nel corso del tempo. Pertanto, esso è in continua trasformazione. Si tratta di un processo che, a seconda dei casi, può essere estremamente lento o veloce rispecchiando i cambiamenti che avvengono nelle società di ogni tempo e di conseguenza anche nell’uomo. Ad esempio, la globalizzazione e l’omologazione caratterizzanti la nostra epoca incidono inevitabilmente anche sul paesaggio. Nascono, ad esempio, i “non luoghi” (1992, Marc Augé), spazi anonimi e privi di identità. E tutto ciò non può che ripercuotersi anche sulle nostre esistenze.

Lo possiamo ravvisare di fronte ai personaggi provati di Buzzanca, immersi in ambienti anonimi, o dinnanzi ai suoi paesaggi artefatti. Ma anche nel processo inverso portato avanti dalla Marchica attraverso la ricerca e il recupero delle identità dei luoghi e al forte potere evocativo dei suoi sintetici “landscapes”.

Gli artisti divengono interpreti dei cambiamenti. Con le loro opere pregne di significati, si fanno portavoce del nostro tempo, con le nostre paure, speranze e stati d’animo.

 

Marilina MARCHICA

Nelle opere di M. Marchica il paesaggio viene condotto al limite dell’astrazione attraverso un processo di sintesi e rimozione del superfluo per giungere ad ambienti scarni di dettagli, ma carichi di senso. Visioni poetiche e rarefatte depositarie di memorie e sentimenti. E appunto per questo, delicati e “fragili” proprio come alcune peculiarità riscontrabili nei suoi lavori: l’impiego di carte, ossidi minerali, terre, calchi e, più in generale, materiali poveri o di recupero.

La loro evanescenza fa riaffiorare ricordi lontani, crea ponti con il vissuto (personale o dei luoghi) e inevitabilmente anche con la sua terra natia. Una Sicilia ricca di distese e altipiani che, nei periodi più caldi, diventano ampie radure brulle delimitate all’orizzonte dal cielo o dal mare fino a giungere a una sintesi perfetta come nei suoi “Landscapes”. Questi sono i suoi paesaggi, luoghi dell’anima che è possibile ritrovare in ognuno di noi.

Marilina Marchica, Landscape Bw, ossido minerale su carta Canson, cm 40x30, 2023

Luoghi, memorie e sentimenti riscontrabili anche nei suoi “Frammenti”, altra serie di lavori della Marchica in cui vengono sedimentanti, “strappandoli” all’oblio, resti e tracce di vita vissuta. Possono essere testimonianze legate a un’intera comunità, come nel caso degli strappi, dei calchi e dei frottage su Poggioreale, nel trapanese; o alla propria vita privata e familiare, come nel caso del recupero e del riutilizzo di materiali vari ritrovati nelle abitazioni di famiglia nell’agrigentino, oramai disabitate. Potremmo definire questi lavori come “micropaesaggi significanti” permeati di memorie o del genius loci di quei luoghi, in cui il processo in sé diventa quasi più rilevante della forma e dell’aspetto puramente estetico. In tutto il suo lavoro traspare la volontà (o la necessità…) di recuperare e tutelare il passato più prossimo (sia nel tempo che nello spazio), cercando di cogliere l’essenza di un luogo, “intrappolandola” e salvaguardandola a futura memoria.

Marilina Marchica, Frammento, tecnica mista su tela, cm 120x120, 2023



Gabriele SALVO BUZZANCA

Nelle opere di G. S. Buzzanca la presenza umana diventa straniante. Ci troviamo di fronte a esseri turbati, svuotati, attoniti. Si tratta di vittime consapevoli di una società che non ammette debolezze e fallimenti. I personaggi sono ritratti all’interno di contesti vaghi, avulsi dalla realtà o persino immersi in contesti irreali.

Gabriele Salvo Buzzanca, La tempesta, olio su tela, cm 40x50, 2024


Personalità chiuse in sé stesse, non rivolgono lo sguardo allo spettatore per evitare ulteriori rivolgimenti. Volti che possono apparire come maschere pirandelliane utili per tutelarsi dall’odierna società ed evitare nuovi traumi, ma anche come visi e stati d’animo di persone comuni turbate dalle prospettive di un futuro incerto, sempre più virtuale, edulcorato e sempre meno umano.

Gabriele Salvo Buzzanca, Chimera, olio su tela, cm 90x70, 2024

Un mondo patinato, finanche incantevole, con paesaggi che appaiono a prima vista affascinanti, dai colori vividi, talvolta anche poco naturali. Essi possono celare insidie o mettere in luce temi “caldi” dell’attualità, il tutto mostrando uno scenario idilliaco, ma solo, appunto, in apparenza. In altre opere si può percepire una sensazione di stasi, come di attesa di un qualcosa di nuovo all’orizzonte. Scenari che accolgono le proiezioni emotive dell’artista e del nostro tempo perché, proprio come affermato dal filosofo svizzero Henri-Frédéric Amiel, "qualsiasi paesaggio è uno stato d'animo".






INFO E CONTATTI



Echi del silenzio. A ChiAmaMilano Onlus di Milano, la mostra personale di Cristina Sirizzotti, a cura di Mara Cozzoli dell'Associazione Culturale infinityArt.

 


In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Associazione culturale infinityArt

Presenta

Echi del silenzio

Mostra personale

di

Cristina Sirizzotti


A cura di Mara Cozzoli


Progettazione grafica Stefano Cozzoli

Presso ChiAmaMilano, via Laghetto, 2 - Milano

25 novembre - 6 dicembre 2024
28 novembre 2024 ore 18.00 conferenza sulla violenza psicologica
Interviene:

Sonia Scarpante, presidente Associazione “La cura di sé” e docente in scrittura terapeutica


In “Echi del silenzio” l’arte figurativa di Cristina Sirizzotti volge lo sguardo a quanto non è visibile, spostando la propria attenzione in direzione di ciò che si muove al di sotto di un iceberg,  dell’inimmaginabile.
Un percorso, dunque, che vuole sottolineare le conseguenze psicologiche che travolgono la donna nel corso di anni di abusi e brutalità.
L’uso ben padroneggiato del colore che vede combinarsi negli sfondi differenti tonalità e i passaggi dal freddo al caldo, assolve la funzione di trasferire al fruitore un preciso stato d’animo, un caos interstellare di emozioni in attesta di essere riconosciute
Le donne, blindate nel tempo e nello spazio rappresentato da una tela, divengono protagoniste di una sofferenza psichica originata da un rapporto estremamente tossico da strappar loro l’identità, una violenza, spesso, irriconoscibile.
Un intreccio pittorico nel quale emergono non solo la paura e la vulnerabilità nel sentirsi nelle mani dell’altro, ma anche la vivificazione di un contesto sociale che tutto soffoca.
A tal proposito, la presenza di “Lucifero“ assume una duplice valenza.
Sotto un primo aspetto si tramuta nella personificazione della colpa collettiva che giustifica la brutalità attraverso il silenzio, un apparato che, pur di mantenere il controllo, abbassa lo sguardo innanzi all’intrinseca sofferenza.


D’altro canto incarna l’uomo dominante, le cui ali assurgono a emblema delle capacità insite in quest’ultimo di risucchiare la vita e la mente, un uomo il cui sistema di valori è completamente malato.
Ogni sua parola è veleno, ogni promessa è menzogna e dietro al suo sorriso si cela l’ombra di una storia di dolore e umiliazione, figlio anche di una riprovevole sotto cultura che mai può, comunque, giustificare l’agito.
Un circuito da cui è possibile sganciarsi, così racconta l’opera “Essenza di Donna”  un nudo in cui il soggetto femminile è raffigurato consapevole di sé e, a suggerirlo, è la postura dal quale traspare il compiuto disacco dalla sfera di controllo dell’abusane e, conseguentemente,  da colui che fino a quel momento ne ha condizionato l’esistenza, causando ansia, instabilità emotiva e conducendo, spesso, al disturbo della condotta alimentare.



Isolate e amputate, pertanto, nel corpo e nella psiche da ingranaggi posti in essere coscientemente,  il cui fine è usurparne la natura per renderle oggetto di proprietà in nome di una folle dipendenza.
Donne dentro a un frullatore, lacerate nella loro autostima, imprigionate nella distorta visione di essere inette al ruolo di madre, o mogli e compagne incapaci a gestire una relazione.
Donne colpevoli senza fondamentalmente esserlo.


Nell’opera “Metamorphosis “  la protagonista immersa in un’atmosfera inquietane e piegata dal peso di un doloroso sentire, si lascia sovrastare dall’impeto di una cascata,  simbolo della vita capace di nutrire i germogli che le fuoriescono dal capo.
Una scena, quindi, metafora della presa di coscienza  rispetto al binomio passato / presente e dell’impellente necessità di una svola futura.
Nell’autrice è presente, inoltre, la componente affettiva.
In “Gli amanti”  assume rilievo l’amore che, per definizione, è incompatibile con la coercizione.
Una sfera in cui non esiste: “Hai potere su di me perché facciamo sesso”.
Ma basta il dubbio, generato da un attimo di lucidità, a intraprendere un duro percorso volto a ribaltare una condizione devastante e, allora, subentra “Autoritratto in pop art“  in cui la donna moderna indossa le vesti di una guerriera che, con la sua forza interiore e la complessità delle sue sfaccettature, affronta ogni sfida con caparbia.
Non si limita a una sola definizione, ma si qualifica attraverso la scelta cromatica e ogni colore rappresenta una caratteristica della sua unicità: madre, professionista, amica, sognatrice.
Ogni parte di sé è una risorsa, fonte di resilienza che le permette di superare ogni difficoltà.

La sua potenza non è solo nel fisico, ma anche mentale ed emotiva.
La donna moderna non è una sopravvissuta, bensì una vincitrice capace di riscrivere ogni giorno la propria storia con passione, audacia e speranza.
In Cristina Sirizzotti non manca la sana provocazione quella che induce a guardare la problematica da diverse angolature, a osservare l’altra faccia della medaglia e la violenza, allora, vede come attore passivo l’uomo.
In “Pensiero conturbante“ la figura maschile inclina il suo cereo volto a sinistra, occhi semichiusi e il buio intorno a sé.
Un “morto in vita“, tormentato da profondi contrasti e dall’inevitabile senso di vergogna, vittima di una fine, subdola e brutale manipolazione psicologica: non dobbiamo scordare, infatti, che in molti casi, la donna è spietata e maligna carnefice.


Cristina Sirizzotti
Instagram: atypic__art/



Associazione Culturale InfinityArt

Vice-Presidente infinityArt
Mara Cozzoli Cell +393478860703

ORARI
Da lunedì a venerdì 10 -19, sabato e domenica esclusi.

giovedì 14 novembre 2024

Alla Paula Seegy Gallery di Milano, la presentazione in anteprima del libro di Ugo La Pietra “Il Giardino delle Delizie”, pubblicato da Manfredi Edizioni. Per l’occasione intervengono Ugo La Pietra, autore del libro e Manuel Orazi, curatore della prefazione.

 


NELL'AMBITO DELLA MOSTRA 
Ugo La Pietra. Il mio giardino
aperta fino al 30 novembre

Presentazione del libro

 

Ugo La Pietra
Il giardino delle delizie
Manfredi Edizioni

 

Martedì 19 novembre 2024 alle ore 18
Intervengono: 
l'autore Ugo La Pietra 
il curatore della prefazione Manuel Orazi




Nel corso dell’esposizione “Ugo La Pietra. Il mio giardino” presso la Paula Seegy Gallery, martedì 19 novembre alle ore 18 viene presentato in anteprima il libro di Ugo La Pietra “Il Giardino delle Delizie”, pubblicato da Manfredi Edizioni. Per l’occasione intervengono Ugo La Pietra, autore del libro e Manuel Orazi, curatore della prefazione.

 





Il volume esplora con un approccio innovativo e con creatività artistica la progettazione urbana, ponendo una speciale attenzione sugli effetti ambientali. La visione di La Pietra, che nella sua metodologia introduce i concetti di spettacolarità e concettualità, si traduce nella creazione di lavori di vario genere: disegni, fotomontaggi, acrilici, arazzi, gazebi e vasi da giardino trasformati in simbolici “vasi-città”.

Attraverso la conoscenza delle specie arboree e vegetali, l’artista collega artigianalità e progettazione offrendo una riflessione sui temi contemporanei come la relazione tra spazi pubblici e privati e i continui cambiamenti delle dinamiche sociali. 

 

La mostra, aperta fino al 30 novembre, ospita un corpus di 27 opere in gran parte inedite tra acrilici su tela, su legno e lavori su carta, frutto della ricerca dell’artista - figura di spicco nel campo dell'arte, architettura e design - sul rapporto tra l’uomo e la natura, con una particolare attenzione ai giardini urbani e domestici. 






Nei lavori in mostra, La Pietra esplora il tema del giardino come spazio reale e simbolico, topos a lui molto caro. L’artista infatti conduce da decenni una ricerca che si muove tra i territori dell'arte visiva e del progetto, mantenendo un’attenzione costante per i temi ambientali e urbani. In particolare, l’esposizione riflette sul ruolo del giardino come luogo di rifugio e contemplazione, oasi nell’arido contesto urbano contemporaneo, su cui l’uomo impone le proprie leggi di geometria e struttura. Il giardino diventa così una metafora della relazione tra artificio e natura, ordine e caos, in cui l’intervento umano cerca di definire e dominare le leggi dell’ambiente stesso. Al contempo, come afferma Ugo La Pietra, esso rimane “meta di riposo psicofisico, luogo dove coltivare contemporaneamente la spettacolarità e la concettualità, spazio organizzato per il piacere, espressione del superfluo, sinonimo di ‘paradiso’, paradigma di atemporalità e universalità”.

A questo proposito la serie “Il Giardino delle Delizie” (2020) evoca l’idea di quel giardino “paradisiaco” come spazio mentale in cui l’intervento umano si mescola armoniosamente con l’ambiente che lo circonda.






Tra i lavori più emblematici si distingue anche la serie dei “Gazebi” del 2023-24, come “Casetta alberata” e “Gazebo Gotico”, che ritrae piccoli rifugi immersi nel verde, dove l’artificio architettonico si sposa con l’elemento naturale.

Emerge con chiarezza un intreccio tra immaginazione e rigore progettuale, tra poesia e pragmatismo, un gioco tra geometria e l'imprevedibilità della natura. Attraverso il suo linguaggio Ugo La Pietra ci invita a guardare al giardino da prospettive diverse, come luogo di piacere estetico e come spazio di riflessione sulle dinamiche tra uomo e ambiente.

Accompagna la mostra la pubblicazione "Il mio giardino", edita dalla Paula Seegy Gallery, con introduzione di Ugo La Pietra, testi critici di Marco Meneguzzo e Simona Bartolena, e immagini di tutte le opere esposte. 









INFO E CONTATTI



Paula Seegy Gallery
Via San Maurilio 14 - Milano
Mob. + 39 340 4215312 - Email: paula@paulaseegygallery.com 

Organizzazione Archivio Ugo La Pietra

ORARI
Da martedì a sabato, ore 12 - 19
INGRESSO LIBERO




INFO LIBRO


Il Giardino delle Delizie 

Manfredi Edizioni
Lingua italiano
Pagine 164
Formato cm 19x26 cm
Rilegatura a filo refe
Copertina flessibile
Prezzo € 28 





***

 



Ufficio stampa

IBC Irma Bianchi Communication

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MI SONO SCORDATO DI TE. Alla MA-EC Gallery di Milano, la mostra personale dell'artista dalla creatività poliedrica Giulio Galgani, a cura della storica dell’arte Daniela Pronestì.

 


Mi sono scordato di te

Mostra personale

di

Giulio Galgani

A cura di Daniela Pronestì

 

28 novembre – 15 dicembre 2024 

Inaugurazione: giovedì 28 novembre ore 18

Intervergono:

Giulio Galgani – artista

Daniela Pronestì – storica dell’arte e curatrice della mostra 

 

MA-EC Gallery 

Palazzo Durini, Via Santa Maria Valle, 2 Milano 

 

Giovedì 28 novembre 2024 alle ore 18, presso la sede della MA-EC Gallery in Palazzo Durini a Milano (via Santa Maria Valle 2), s’inaugura la personale Mi sono scordato di te dell’artista Giulio Galgani a cura della storica dell’arte Daniela Pronestì. In mostra un ciclo di opere recenti – ad eccezione di alcune sculture dei primi anni Duemila – che ben raccontano i concetti su cui si fonda, da sempre, la ricerca artistica di Galgani (1958), ovvero memoria, radici, appartenenza. Tutto il contrario di quanto suggerito dal titolo, che, in maniera provocatoria, parla di oblio, dimenticanza e distrazione per porre l’accento su tutto ciò che, al contrario, merita di essere ricordato e riportato al centro dell’attenzione sia individuale che collettiva. 

 

Un’idea di “recupero” che l’arte di Galgani declina sul fronte tecnico-espressivo come su quello concettuale. Da una lato, infatti, il suo lavoro denota un rapporto vitale e feroce con la materia sia essa naturale o artificiale, organica o inorganica, espressione della cultura contadina o della produzione industriale: quello che avviene, in ogni caso, è al contempo un recupero e un riscatto sul piano estetico di elementi che l’artista non solo trasforma in qualcosa di nuovo, grazie ad un processo di radicale risignificazione, ma ne conserva anche la memoria originaria facendola entrare all’interno dell’opera. La “materia” diventa, dunque, protagonista non solo perché oggetto di “trasformazione” ma anche perché valorizzata alla luce dei propri simboli, significati e segni. 




Il risultato sono lavori che, sottraendosi alle consuete categorie artistiche, confermano la natura ibrida del registro espressivo di Galgani, che non ammette alcuna distinzione tra pittura e scultura, materiali vegetali ed elementi industriali, strumenti tradizionali e tecniche personali. L’organico e l’inorganico convivono nelle sue opere, richiamando il contrasto tra autenticità e artificio, energia vitale della natura e azione dell’uomo. L’intento è anzitutto risalire alle radici dell’identità toscana, quella in cui Galgani si riconosce e che alimenta la sua ispirazione fin dagli esordi figurativi con opere ispirate alla scultura arcaica etrusca, per poi approdare, diversi anni dopo, ad oggetti come vanghe, forconi e falci – vessilli del lavoro umano che entrano a far parte del suo repertorio simbolico sia come installazioni che come elementi rielaborati in chiave grafico-pittorica – e quindi giungere ai Paesaggi evasi, zolle di terra toscana prelevate idealmente dal contesto d’origine e messe in un vaso per alludere al paesaggio come insieme di memorie da tramandare e proteggere. Un modo, quindi, per esprimere il suo legame con la cultura e i “segni” del territorio in cui vive e più in generale con i valori della terra intesa come patrimonio di simboli e saperi che rischiano di andare perduti nell’era della globalizzazione.




In questa mostra, lo sguardo di Galgani va dall’omaggio a grandi protagonisti della cultura – come nel ciclo dedicato a Giacomo Puccini nell’anno dell’anniversario della morte – alle “presenze” del paesaggio con la serie degli Alberi nomadi, ovvero installazioni – ottenute mescolando pezzi di legno, colore ed altri materiali – in cui l’albero,  non più stanziale, si mette in movimento per esprimere, sul piano simbolico, un radicamento alla propria cultura, al proprio territorio, che non sfocia nell’essere “radicali”, e quindi non chiude né limita il pensiero, ma anzi lo facilita, lo rende possibile, perché consente di portarsi dietro un patrimonio identitario che diventa ricchezza da condividere. La natura, quale esplicito richiamo ai valori fondamentali del vivere, si offre, dunque, come contesto di una riflessione con cui Galgani ci rammenta che, nell’era post-modernità caratterizzata da assenza di legami, vulnerabilità e incertezza, siamo tutti nomadi in cerca di radici. Alberi – suggerisce l’artista – in transito da una terra all’altra, ciascuno carico di memorie e significati – come quelli che evocati dalla materia e dal segno in queste opere – che ci portiamo dietro quale eredità al contempo personale e collettiva, simboli di un’appartenenza perduta o dimenticata e del bisogno di ritrovare le proprie radici. 

 


Possono leggersi in questa chiave anche la serie dei Girasoli, stilizzazione materico-pittorica di forme che ricordano il fiore e la sua collocazione nel paesaggio, ma anche il recente progetto con cui dalla terra Galgani passa al mare e alle “presenze” che lo connotano, come la rete da pesca, che in queste opere simboleggia dinamiche sociali e culturali, personali e collettive che imbrigliano vite, esperienze, rapporti, in una matassa inesplicabile. Reti che catturano, quindi, rappresentano un ostacolo, limitano la libertà, ma possono intendersi anche come un’opportunità di collegamento, un tramite per entrare in relazione con gli altri, con la realtà circostante, in maniera non virtuale ed effimera, ma reale e concreta, in un rapporto diretto con le cose. Le reti che Galgani applica sulla tela, mescolandole ad altra materia e colore, sono un modo per ricordarci – di nuovo il valore della memoria – che siamo tutti collegati, noi e gli altri, noi e la natura intorno, creature tra le creature, in connessione profonda con il vivente.   


La mostra, in corso fino al 15 dicembre, sarà aperta al pubblico da martedì al venerdì ore 10-13 e 15-19, il sabato 15-19.











MA-EC Gallery
Palazzo Durini, via Santa Maria Valle 2, Milano

Tel: +39 02 3983 1335 - Email: info.milanart@gmail.com