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lunedì 25 febbraio 2019

Alla Galleria d’Arte Contemporanea Wikiarte di Bologna, le mostre personali di FABRIZIO CADOPPI (BICIO), LORETTA CAVICCHI e GIOVANNI TRIMANI.


Mostre personali di
FABRIZIO CADOPPI (BICIO)
LORETTA CAVICCHI
GIOVANNI TRIMANI

dal 02 marzo al 14 marzo 2019  
INAUGURAZIONE: Sabato 02 marzo ore 18.00
 
Galleria d’Arte Contemporanea Wikiarte
in Via San Felice 18 – Bologna

Durante la serata presenzierà la Dott.ssa Denitza Nedkova



Nel pianeta successivo il piccolo principe vide una sedia. Era vuota. Il piccolo principe non aveva mai visto una sedia e si avvicinò. Senza saperlo quello che fece fu sedersi. Era su una spiaggia e la sedia era rivolta verso il mare. Si sedette tenendo le gambe sollevate, stringendole tra le braccia. Riusciva a stare tutto rannicchiato come una noce. Chiuse gli occhi. (Antoine de Saint- Exupéry,Il piccolo Principe)
….. traccia, fatica, impotenza, potere, simbolo, posizione, riposo, appoggio, trono, fisico, struttura …. Parole evase dal sistema sintattico di un racconto e itineranti in quello cognitivo della comprensione convergono inevitabilmente nel luogo più fisico del corpo – la sedia. Un’orma della presenza reale della nostra struttura morale, la sedia offre riposo ma non pernotto, offre immobilità ma non stasi, invita a fermarsi ma non di rimanere. Andare avanti dipende da come sei. La sedia è un progetto, un’attività cognitiva che nella stabilità fisica trova l’instabilità concettuale: tre piedi sono pochi, cinque già inutili. Il flusso delle complessità del mondo - da ideologie e psicologie, processi evolutivi e tecnologie, a doveri e piaceri – è espresso, senza faticare in terminologie, dalla seggia. Ecco, allora, la vera domanda: se la sedia non è un oggetto ma uno strumento per essere, che forma deve avere? Quella mentale, confermano i lavori di Giovanni Trimani. Una morfologia polimorfa e policroma sita in una sintassi pluridimensionale rende il racconto – quello che realizziamo in contatto con ogni sedia del ChairMan – ottimale. La sequenza lineare di lettura si trasforma in un flusso interpretativo dove stare sopra, sotto, davanti, dietro, accanto o di fronte alla sedia non determina più la nostra comprensione di essa, ma soprattutto la nostra strumentalizzazione del suo messaggio insito.
Un essenzialità lessicale e strutturale compone un messaggio aperto e disponibile a ogni integrazione. Una frase semplice con pochi complementi e senso compiuto che attende il suo sviluppo narrativo è quella sostanziale per l’intervento pittorico a cui Fabrizio Cadoppi sottopone le sue tele. L’l’intenzionale contrasto cromatico e stilistico, volto a frazionare la raffigurazione in profondità, scandisce chiaramente la metrica di una poetica che rimane sempre fedele a se stessa. Ogni tela funzione, dunque, non come frase a se stante ma come unità morfo-lessicale di un cluster semantico fisicamente esteso in una narrazione spaziale che supera la bidimensionale superficie del quadro e invade quella pluridimensionale del suo contesto. Artista, opera e fruitore si trovano ad agire quali parti strutturali di un’unica stessa sintassi spaziale e agentiva, indispensabile per la realizzazione dell’immagine quale evento estetico. Le risonanze degli oggetti artistici, le volumetrie ambientali delle loro intersezioni e la connettività con l’organismo percettivo che ne scaturisce determinano l’espansione, perchè di direzione non si più parlare, del flusso esperienziale nel godimento dell’opera che non è altro che la sua comprensione ovvero realizzazione. Bicio da una personale forma visiva a una grammatica congenita nella cognizione umana che governa ogni canale commutativo dell’essere e gli permette la lettura dell’infinità di espressioni estetiche.
L’utilizzo - ossessiva, costante, invariabile - di un mezzo d’espressione è una scelta ben precisa, che porta dietro di sé un modo di approcciarsi al mondo. Se lo scultore è colui che segue la materia, che si muove con essa, il pittore è qualcuno che sta fermo e la scava. Si possono portare avanti diverse discipline contemporaneamente, ma come ogni persona tende a tenere un determinato atteggiamento mentale nei confronti di ciò che la circonda, anche l’artista ha un linguaggio che gli corrisponde più di altri. Nonostante la preferenza espressiva – palese per natura – le richieste dell’ambiente fisico creano scontri con le altri linguaggi il cui rispondere presume inevitabilmente l’applicazione di una lingua nuova. Loretta Cavicchi emerge come poetica, silenziosamente e gradualmente, da una griglia di tratti semplici che colpiscono per primi il sistema visivo. I cosiddetti low-level features dei fenomeni estetici sono, di fatti, la struttura imprescindibile sulla quale erigere la comprensione della realtà. Quando l’artista basa il suo dialogo con il fruitore su un canale archetipico e universale di comunicare è per innescare un rapporto di fiducia quale massima assicurazione è il prodotto estetico di per sé. La sua lettura è semplice ma nello stesso tempo complessa per la sua natura portante ma esigente una stratificazione continua di contributi intimi e personali. 


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