STAY COOL. BE SOCIAL.

giovedì 24 ottobre 2013

Omaggio a Varsavia: Vittorio Sgarbi presenta il Calendario Di Meo 2014

La presentazione sabato 26 ottobre
con un Gran Galà al Museo Nazionale
«Calendario Di Meo 2014»:
Massimo Listri «cattura»
la Varsavia dipinta da Bellotto
Oltre 500 gli invitati, tra cui il magnate Jan Kulczyk, Zbyszek Boniek, i prìncipi Czartoryski e Radziwill, Jas e Elisabetta Gawronski, il musicista polacco Vadim Brodski, il regista Zanussi, la stilista Teresa Rosati, Fawaz e Caroline Grousi, Michel de Yougoslave, Marta Marzotto, il Pncipe Giovanelli, il Prìncipe Gelasio Gaetani Lovatelli D'Aragona, il Prìncipe d'Arenberg, lo storico dell’arte Philippe Daverio, Joanna Killian (curatrice della mostra sul Guercino) Anna Martirolo, Anna Bozena Kovalezyk (esperta di Bellotto) Fernando Mazzocca.


VARSAVIA - Mettere a confronto la Varsavia del '700 dipinta dal pittore «vedutista» Bernardo Bellotto, con quella, contemporanea, «catturata» daMassimo Listri, uno dei più importanti fotografi italiani conosciuti il tutto il mondo (già autore del «Calendario Di Meo 2013» dedicato alle Chiese di Napoli): è questo l'insolito e riuscito  accostamento contenuto nel «Calendario Di Meo 2014», uno dei più prestigiosi pubblicati in Europa, di volta in volta affidato ad artisti di fama nazionale ed internazionale, e dunque diventato «pezzo» dcollezione, che sarà presentato sabato 26 ottobre prossimo in Polonia, a Varsavia, al Museo Nazionale, cui seguirà un Gran Galà – fil rougesarà «Bal en tête» - con oltre 500 invitati del mondo dell’aristocrazia, della finanza, dello spettacolo, del mondo dell'arte e della moda.

A Varsavia, per l’occasione, ci saranno, tra gli altri, il magnate Jan Kulczyk, Zbyszek Boniek, i Principi Czartoryski e Radziwill, Jas e Elisabetta Gawronski.

Ed ancora il musicista polacco Vadim Brodski, il regista Zanussi, la stilista Teresa Rosati (che, per l'occasione realizzerà quattro abiti dedicati al tema della festa), Fawaz e Caroline Grousi, Michel de Yougoslave,Marta Marzotto, il Principe Giovanelli, Gelasio Gaetani Lovatelli D'Aragona, il Principe d'Arenberg, lo storico dell’arte Philippe Daverio,Joanna Killian (curatrice della mostra sul Guercino) Anna Martirolo, Anna Bozena Kovalezyk (esperta di Bellotto)Fernando Mazzocca.

L'espediente artistico di Listri è frutto del mecenatismo dei Fratelli Generoso e Roberto Di Meo, apprezzati vignaioli campani che, in pochi anni, hanno fatto conoscere i propri vini in tutto il mondo.

Da anni, tradizione vuole che il calendario sia dedicato ad una città dalle grandi tradizioni culturali. Varsavia è dunque l'ultima «meta», indicata dall'imprenditore-mecenate Generoso Di Meo, dopo Parigi, Madrid, New York e Marrakech.

Il «Calendario Di Meo 2014»dal titolo «Memoria e Futuro», mette dunque a confronto gli scatti di Listri e i capolavori del pittore veneziano Bernardo Bellotto. Il risultato è una composizione coerente, dal punto di vista formale, e sorprendente per la verosimiglianza tra pittura e fotografia.

L'introduzione alla mostra porta la firma di Vittorio Sgarbi che, sull'operazione condotta da Listri, così osserva: «Con buona pazienza, e con lo spirito di un artista concettuale, Listri si è messo nella posizione in cui era Bellotto nel dipingere gli edifici monumentali negli spazi urbani. Non solo le architetture, quindi, ma anche l'aria, il contesto, il cielo. E’ proprio grazie a ciò che è intorno che quegli edifici assumono rilievo, hanno una dimensione monumentale. E' lo spazio che li fa esistere. E, oggi, essi non appaiono falsi, proprio perché intorno a loro brulica la vita. Ma a Listri non basta. E allora agisce come in sogno. E non fotografa le riproduzioni costruite, ma gli edifici dipinti da Bellotto per rimontarli nei luoghi dove stavano»

Aggiunge Sgarbi: «L'operazione di Listri è perfettamente concettuale. Non è ingannevole. Non è illusoria. L'autentico non è ciò che abbiamo davanti agli occhi ma ciò che fu davanti agli occhi di Bellotto, che Listri ripropone con un adattamento che stabilisce un processo di autenticazione, contro una inevitabile falsificazione.
Cos'è dunque il reale ? E come può essere vero, ciò che è falso ?
Il verosimile dell'arte è più vero della realtà virtuale derivata dai quadri.Dunque, non sono i quadri a riprodurre la realtà, ma la realtà a riprodurre i quadri. La fotografia di Listri documenta questa ambiguità»

Riccardo Guariglia,  Ambasciatore d’Italia in Polonia, che inaugurerà la presentazione del «Calendario Di Meo 2014», ricorda come «Italia e Polonia hanno tra loro una profonda ed antica amicizia che affonda le proprie radici in valori comuni, morali e ideali. Nella sua storia millenaria, la Polonia ha mantenuto rapporti intensi e duraturi con l’Italia...evidenti sono le tracce lasciate dalla cultura italiana in Polonia, sin dai tempi del Rinascimento. Per oltre tre secoli l’arte polacca rimase influenzata da modelli italiani. Ancor oggi si ammirano in Polonia gli splendidi palazzi di Merlini, Locci, Lampi, Corazzi,ecc…; numerosi sono i pittori italiani che hanno lavorato in Polonia: basti citare proprio Bernardo Bellotto (detto il Canaletto, nipote di Antonio Canal, anch’egli chiamato il Canaletto), scelto come filo conduttore del Calendario Di Meo 2014...»

Dietro quella che è una meritoria operazione culturale ci sono, per l'appunto,Fratelli Di Meo e la loro azienda vitivinicola, conosciuta in tutto il Mondoper le produzioni di eccellenza.

Ma perché proprio Varsavia ?
«Dei Paesi dell'Europa centro-orientale  usciti da una lunga e crudele dittatura - spiega Generoso Di Meo, anima della «Di Meo Vini e Arte», l'associazione che promuove il calendario - la Polonia è la nazione che, grazie all'impegno ed al buon governo dei suoi uomini politici, all'uso mirato dei fondi europei, è l'unica nei paesi dell'Est ad aver raggiunto un notevole sviluppo economico, che ha attirato anche l'interesse di importanti holding europee ed americane.
Ma Varsavia aggiunge Di Meo - è anche una città che sta vivendo profonde trasformazioni: ricche e curiose gallerie d'avanguardia, teatri di ricerca, nuovi musei, come quello, originale, del neon, o quelli di arte contemporanea.  Allo stesso tempo non dimentica il passato: i musei dedicati a due glorie polacche, Chopin e Marie Curie; il Museo degli Ebrei che qui vissero la ferocia disumana del regime nazista; quello dell'Insurrezione; il Castello Reale; il Museo nazionale, i palazzi costruiti negli anni Cinquanta che oggi testimoniano le tendenze di una architettura di regime non priva di fascino.

Varsavia è il cuore - conclude Di Meo - il simbolo di una nazione ricca di storia e di passione, di amore per la libertà e per la cultura, città proiettata nel futuro, ma non immemore della nobile tradizione culturale del passato vissuta con animo forte, unica luce negli anni bui della dittatura. Ed è motivo di commozione ricordare Gustav Herling che nell'esilio napoletano ha sempre tenuta per i suoi connazionali accesa la fiamma della speranza, della libertà, del riscatto».

I calendari delle passate edizioni hanno raccontato i dipinti inediti del Museo di Capodimonte ispirati al mondo del vino; gli acquarelli di A. Creswell, ungrand tour nell'Italia più segreta, ma non per questa meno affascinante; i bozzetti preparatori della colonna del vino, la scultura realizzata da Ivan Theimer per la piazza centrale di Bordeaux;  le lettere ed i numeri di Lello Esposito portate a New York; le strade di  Napoli e Madrid viste da Guido Albi Marini attraverso l'uso di sofisticati mezzi tecnologici; la Pompei di Giustino Chemello che ne recupera la realtà più nascosta; gli stupendi sipari creati da Giuseppe e Gustavo Mancinelli per il Teatro San Carlo di Napoli ed il Teatro Politeama di Palermo;  gli acquarelli di Stefano Ussi e Cesare Biseo creati per il libro di De Amicis dedicato al Marocco; le icone berlinesi di Angelo Bucarelli, dodici protagonisti della Repubblica di Weimar tra ironia e mito; e nella scorsa edizione le Chiese di Napoli, chiuse al culto per ragioni di sicurezza o in via di restauro, fotografate con stupenda sensibilità da un grande artista Massimo Listri.

Per consultare i calendari delle precedenti edizioni consultare il sitowww.dimeo.it




domenica 13 ottobre 2013

Underconstruction | Alla Galleria Statuto13 di Milano la mostra personale di fotografia dell'artista Heinz Schattner, cura di Massimiliano Bisazza


Arte e moda hanno percorso spesso strade parallele, a volte si sono incontrate, ma sicuramente hanno trovato spesso un’ispirazione nell’altra.

Heinz Schattner, fotografo di fama internazionale, presenta la sua anteprima fotografica milanese presso la Galleria d’Arte Contemporanea STATUTO13, nel cuore di Brera e ci propone una selezione di scatti – molti dei quali del tutto inediti – che permeano l’essenza pura e vera dell’artista, contaminata sia in ambito contenutistico sia in quello estetico. L’ispirazione, definibile appunto - underconstruction -  è proveniente dal suo background, il mondo della moda e da quello artistico.


Tre progetti portanti sono enucleati all’interno della mostra.

“Portraits”: Undici scatti scelti accuratamente che sanno donarci stupore e un senso di profonda curiosità intellettuale.
Gli uomini protagonisti interpretano se stessi tanto quanto personaggi onirici e a volte surreali; ipotizzati cavalieri d’arme, nobiluomini d’altri tempi ma adornati di materiali del nostro presente reti, cavi, tubi. Tutti i materiali vengono dunque decontestualizzati del loro primigenio utilizzo per essere ricontestualizzati in chiave quasi “metafisica”.


“Jewels” o “Pearls”; gioielli manufatti di altissima fattura. Qui emerge chiaramente la sofisticatezza evidente nella decisione di Heinz Schattner: il soggetto che “si veste” – o forse sarebbe più opportuno dire “si sveste” – delle ambre yemenite, berbere, afghane, dei coralli: I gioielli.
Il dinamismo sta nella scelta di narrare una storia etnica del passato e nel preciso gusto per la natura, quella che mescola la particella del DNA alla creatività artistica con grande eleganza scenica.




E infine quindici scatti poetici e potenti sul “Mali”.
E’ il viaggio durante il quale Heinz Schattner ha vissuto insieme alle popolazioni autoctone dei Peul, Tuareg e Bambara, nelle terre del Dogon.
L’artista osserva, incamera situazioni, luoghi, personaggi, dimensioni archeologiche e non. Col suo sapiente uso del bianco e nero (senza l’utilizzo del ritocco) veste le popolazioni locali (fotografate nei loro ambienti e nei loro paesaggi) ma con abiti di alta moda (contaminandole, appunto, ma con accezione positiva del significato). Quella moda che impera e globalizza il nostro mondo occidentale. Una sorta di “voluta ibridazione” che vuole destabilizzare il concetto di globalizzazione infrangendo l’idea stessa dello stereotipo che è ormai imperante nella nostra società.



“underconstruction”
Testo Critico a cura di Massimiliano Bisazza


Arte e moda hanno percorso spesso strade parallele, a volte si sono incontrate, ma sicuramente hanno trovato spesso un’ispirazione nell’altra.
Heinz Schattner, fotografo di fama internazionale, presenta la sua anteprima fotografica milanese presso la Galleria d’Arte Contemporanea STATUTO13, nel cuore di Brera e ci propone una selezione di scatti – molti dei quali del tutto inediti – che permeano l’essenza pura e vera dell’artista, contaminata sia in ambito contenutistico sia in quello estetico. L’ispirazione, definibile appunto - underconstruction -  è proveniente dal suo background, il mondo della moda e da quello artistico.

La mostra si palesa di fronte agli occhi attenti dell’utente con un’attrazione che esterna la chiara matrice e gli intenti di ampia lettura internazionale. I progetti esposti sono chiaramente leggibili e delineati dalla sensibilità dell’artista Schattner e dalla profonda volontà an-estetizzante, sensoriale, e al contempo ricca di spunti intellettuali vividi e diretti.

All’ingresso della mostra ci accolgono gli sguardi trasognati ma arguti dei personaggi rifranti nella serie “Portraits”; a tratti ci fissano attoniti a tratti in modo folle. Undici scatti scelti accuratamente che sanno donarci stupore e un senso di profonda curiosità intellettuale.
Gli uomini protagonisti interpretano se stessi tanto quanto personaggi onirici e a volte surreali. Dotati di copricapo e acconciature che sembrano provenire da mondi trasversali, da dimensioni parallele, se non direttamente dal Monte Olimpo: (quasi assurgendo a) divinità altere che ci osservano, seppur inconsapevoli o noncuranti della nostra presenza. Ipotizzati cavalieri d’arme, nobiluomini d’altri tempi ma adornati di materiali del nostro presente. L’accurata scelta degli oggetti non è affatto casuale, bensì denota l’utilizzo di materiali trovati e di uso comune, quasi amplificando il concetto dadaista  del “ready-made”.  Gli ornamenti indossati dai protagonisti di questo originale progetto artistico sono composti da: reti, cavi, tubi. Tutti i materiali vengono dunque decontestualizzati del loro primigenio utilizzo per essere ricontestualizzati in chiave quasi “metafisica”. Osservando le Polaroid e le “Polaroid Impossible” si coglie un senso di unicità nell’opera. Tecniche e supporti che lasciano intravedere le trasparenze, le sedimentazioni delle fotografie; volutamente senza ritocchi ma eleggendo la peculiarità di ogni singolo scatto a immagine iconica per eccellenza.
Heinz Schattner ci narra una storia di vite vissute ma forse anche di vite metafisiche, dove ogni personaggio ha una precisa personalità e ci lascia liberi di indovinarla o di percepirla a livello sensibile anche con una lettura del tutto personale.

Continuando il nostro percorso ci troviamo a osservare i “Jewels” o “Pearls”; gioielli manufatti di altissima fattura. Qui emerge chiaramente la sofisticatezza evidente nella decisione di Heinz Schattner: il soggetto che “si veste” – o forse sarebbe più opportuno dire “si sveste” – delle ambre yemenite, berbere, afghane, dei coralli: I gioielli. Le ombre e le luci accarezzano il corpo della donna donandoci una poesia dettata dall’abile percezione retinica dell’artista che si adopera per noi stando dietro l’obiettivo della sua macchina fotografica.

Il dinamismo sta nella scelta di narrare una storia etnica del passato e nel preciso gusto per la natura, quella che mescola la particella del DNA alla creatività artistica con grande eleganza scenica.

“La pietra è un dono della terra, che sia preziosa o no non fa differenza. Siamo noi a dare un valore aggiunto alle cose” (cit.)

Ecco l’inaspettato, l’unicità, la novità: Quindici scatti poetici e potenti, Il “Mali”.
E’ il viaggio durante il quale Heinz Schattner ha vissuto insieme alle popolazioni autoctone dei Peul, Tuareg e Bambara, in compagnia della sua guida Ibrahim, nelle terre del Dogon.
Antichità e fango, architetture d’argilla - delicate a vedersi, tanto quanto metaforicamente ci ricordano la cagionevolezza delle nostre vite - si fondono; come si fondono le etnie, le religioni (protestane, animista e islamica e non solo..) e la spiritualità. Dalla regina delle sabbie: Timbuctu, all’immensa Moschea di fango e paglia di Djenné, Heinz Schattner osserva, incamera situazioni, luoghi, personaggi, dimensioni archeologiche e non. Col suo sapiente uso del bianco e nero (senza l’utilizzo del ritocco) veste le popolazioni locali (fotografate nei loro ambienti e nei loro paesaggi) ma con abiti di alta moda (contaminandole, appunto, ma con accezione positiva del significato). Quella moda che impera e globalizza il nostro mondo occidentale. Una sorta di “voluta ibridazione” che vuole destabilizzare il concetto di globalizzazione infrangendo l’idea stessa dello stereotipo che è ormai imperante nella nostra società.
Un’azione concettuale forte e dunque studiata nei dettagli. Non solo un “riverbero” dovuto al concetto di moda. Tutt’altro. I “neofiti modelli” africani si vestono della nostra cultura ma ci raccontano la loro. Mai disperdono la propria connotazione o la propria personalità, semmai la trasmettono, in modo del tutto naturale, inconsciamente, senza sovrastrutture. Perdurano, quasi sospesi in quella dimensione di atemporalità direi mistica (quindi non magica ma che va oltre al semplice raziocinio..) che ammanta tutta la lirica e la poetica di questo insolito progetto fotografico africano dal carattere visionario. Un Grand Tour africano (Goethe docet) di cui tanto ha scritto il letterato/viaggiatore Bruce Chatwin che ha profondamente ispirato il nostro temerario Schattner, artista della novità che nasce dall’anima e guru dell’obiettivo.






Opening:  13 Novembre 2013 dalle h 18,30 alle h 21,00
In mostra fino al 26 Novembre 2013 mattino

   Presso: Galleria d’Arte Contemporanea Statuto13
Via Statuto, 13 (corte int.) – 20121 Milano

Apertura al pubblico: dalle h 11 alle h 19 dal martedì al sabato