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mercoledì 25 settembre 2019

Dal 17 al 20 ottobre Licodia Eubea capitale internazionale del Cinema Archeologico con la IX Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica.

Dal 17 al 20 ottobre 2019 Licodia Eubea (CT) sarà la capitale internazionale del Cinema Archeologico. Da giovedì 17 ottobre prenderà il via la IX edizione della prestigiosa Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica, uno dei più importanti festival cinematografici italiani (l’unico nel sud Italia) dedicato alla divulgazione dell’Antico attraverso le arti visive. Diciotto le opere in concorso, tra documentari, docu-fiction e film di animazione, di cui 7 straniere; 4 anteprime nazionali, oltre 13 ore di proiezioni e un ricco calendario di eventi collaterali.
Sono questi i numeri della manifestazione organizzata negli spazi polifunzionali dell’ex chiesa di San Benedetto e Santa Chiara dall’Associazione Culturale ArcheoVisiva in collaborazione con l’Archeoclub d’Italia di Licodia Eubea “M. Di Benedetto” e con il sostegno della Sicilia Film Commission (programma Sensi Contemporanei).
«Quest’anno – spiegano i direttori artistici Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele - il palinsesto dei film in concorso al festival è particolarmente ricco e vario. Andremo alla ricerca dei Neanderthal per comprendere i loro spostamenti e i loro usi e costumi, con le ricostruzioni in 3D calpesteremo il terreno in cui si svolse la battaglia di Canne, ci sposteremo in Giordania per rivivere la battaglia di Jerash, cercheremo di comprendere il significato enigmatico delle stele di Cabeço da Mina in Portogallo, attraverseremo la penisola italiana per raccontare l’esperienza eremitica, e ancora ci inoltreremo sulla riva destra del fiume Danubio alla comprensione della cultura di Vučedol risalente al tardo terzo millennio a.C., ci inabisseremo nei fondali dell’Adriatico per rivivere un capitolo dimenticato dell’Unità d’Italia, la battaglia di Lissa. Questo e molto altro in un festival che consente agli spettatori di viaggiare, conoscere il mondo e scoprire l’Antico attraverso il cinema».
Tre i premi, conferiti nella serata conclusiva: il premio “Archeoclub d’Italia” al film più votato dal pubblico; il premio “ArcheoVisiva” assegnato al miglior film da una giuria di qualità; il premio “Antonino Di Vita” conferito dal comitato scientifico a una personalità che si è distinta nella divulgazione dell’Antico. La Rassegna, infatti, si rivolge non soltanto agli addetti ai lavori ma anche a un pubblico più ampio, con l'obiettivo di trasmettere agli spettatori la passione per la conoscenza del mondo antico e la tutela e valorizzazione dei beni culturali attraverso forme di comunicazione più accattivanti.
Cinema a tema archeologico, dunque, ma non solo: il calendario della manifestazione prevede anche incontri di archeologia, workshop sulla comunicazione dell’Antico attraverso i nuovi media, laboratori didattici per le Scuole, una mostra fotografica (in collaborazione con il gruppo fotografico “Obiettivo Grammichele”), una esposizione di costumi teatrali (con Ariana Talio), visite guidate al Museo etno-antropologico, degustazioni enogastronomiche, escursioni sul territorio e tanto altro. Qui il link al programma completo, con la sinossi dei film in concorso. L’ingresso alla manifestazione è gratuito.

Info e contatti
Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica
Licodia Eubea
tel (+39) 0931.994877
mob (+39) 340.4740609
email: direzioneartistica@rassegnalicodia.it
website: www.rassegnalicodia.it

Faster Sons Experience – Ride & Play, da East Market Shop la Festa vintage tra moto e flipper.

Al via sabato 28 settembre Faster Sons Experience – Ride & Play, festa dedicata alla gamma Yamaha Sport Eritage Faster Sons e ai flipper vintage.
Dalle 10 alle 18 presso East Market Shop in Porta Venezia sarà possibile provare con un test ride in esclusiva la gamma di moto Faster Sons, design che concilia il fascino senza tempo, la tecnologia rubata alla MotoGP e le infinite possibilità di personalizzazione. 
Sulla strada davanti alle vetrine dello shop saranno esposti sette modelli della gamma Yamaha Sport Eritage tra cui i nuovissimi modelli XSR 900 e la XSR 700 XTribute con la colorazione iconica che arriva direttamente dagli anni 70'
All'interno del negozio sarà poi organizzato un contest a premi con veri flipper vintage. Tra luci sfavillanti e suoni d'altri tempi sarà possibile sfidarsi con due modelli originali degli Anni '90, uno customizzato con la grafica della rock band AC/DC e l'altro con l'iconografica della famiglia Addams. I primi tre classificati si aggiudicheranno i premi messi a disposizione da Yamaha e East Market Shop.
East Market Shop è il negozio del popolare mercatino vintage in versione retail. Per far fronte alle numerose richieste del pubblico e soprattutto di fuori sede e turisti, lo staff di East Market ha deciso di inaugurare questo spazio che accoglie la migliore selezione di vintage e second hand, uomo e donna, vinili, ceramiche, oggetti per la casa e da collezione, idee regalo, videogame, stampe, poster, curiosità di ogni genere e molto altro. Per l'occasione una speciale selezione di capi e accessori vintage dedicati al mondo delle due ruote. Dai caschi alle giacche in pelle, dai guanti agli occhiali per essere sempre trendy anche in sella. 
A disposizione dei partecipanti anche un corner barber shop a cura di Bullfrog Modern Electric Barber, dove potersi tagliare i capelli o sistemare barba e baffi. Un tuffo nell’America anni ‘30, il sorriso del barbiere, accomodarsi su una poltrona in pelle e non dover pensare più a nulla.

Sabato 28 settembre
East Market Shop
dalle 10 alle 18
Via Bernardino Ramazzini, 6 - Milano 
Ingresso Libero
Infoline +390236588037

ELISA ANFUSO - EYES WIDE SHUT. A cura di Angelo Crespi, con il sostegno di Liquid Art System.


ELISA ANFUSO - EYES WIDE SHUT

Museo MA*GA Gallarate (VA)
Dal 6 al 27 ottobre 2019

A cura di Angelo Crespi
Con il sostegno di Liquid Art System

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Occhi apertamente chiusi.
Il medioconscio nell’opera di Elisa Anfuso
Di Angelo Crespi


“Eyes wide shut” è un ossimoro, “occhi aperti chiusi”, e se volessimo renderlo con più efficacia in italiano, introducendo un avverbio, potremmo tradurlo con “occhi apertamente chiusi”. Tipica di questa figura retorica è la frizione che si genera dall’antinomia dei due termini in contrasto e che, a sua volta, si esprime in un cortocircuito semantico perché “uno dei due componenti esprime una predicazione contraria o contraddittoria rispetto al senso dell’altro, mentre costituisce con questo una funzione sintattica”. L’ossimoro non ha certo le potenzialità evocative della metafora che, non a caso, sta agli albori della lingua ed è uno degli strumenti preferiti dal poeta, ciò nonostante se è sufficientemente “acuto” e “folle” (come suggerisce l’etimo) ha una ragione di essere; proprio per la costituzionale paradossalità produce uno stupore cognitivo che ci induce alla riflessione o, almeno, a una seconda attenta lettura.

Cosa vediamo con gli occhi “apertamente chiusi”, e se alla lettera “eyes wide” sono gli occhi spalancati, possono essere spalancati e contestualmente anche “shut”, cioè chiusi, e cosa significa questa disponibilità ampia alla chiusura, o questa chiusura così forte e intensa da essere una nuova apertura? E’ geniale il titolo che Kubrick scelse per un film la cui prima visione risulta stucchevole (nella sua tipologia hollywoodiana) mentre se rivisto appare un capolavoro, come d’altronde tutti i pochi che firmò il regista americano. E si comprende ancor di più la questione pensando che la sceneggiatura si limita a trasporre, pedissequamente (solo cambiandone l’epoca), una novella di Arthur Schnitzler, del 1925/26, il cui titolo originale in tedesco è un più anodino “Traumnovelle”, la novella del sogno.

Una piccola divagazione, utile per approfondire, in seguito, il discorso critico sull’opera di Elisa Anfuso che in questa mostra propone una serie di quadri di algida bellezza. In realtà, Schnitzler fino a tutto il 1924 ritiene che il racconto debba titolarsi “Doppelnov”, “Doppia novella”, poiché in esso si racconta “in un diagramma di turbamenti paralleli” la crisi dei due protagonisti, un uomo e una donna sposati, “di fronte alla enigmatica e instabile realtà dell’esistenza”. Albertine e Fridolin in una sorta di sospensione onirico-surreale immaginano e tentano di tradirsi, mettendo a repentaglio per sfida la fedeltà di coppia e la tranquillità casalinga, aprono nella loro relazione uno iato che neppure il consolatorio finale può colmare. Lo scrittore viennese in poche righe tratteggia con spietata lucidità quella “specie di territorio intermedio fluttuante fra conscio e inconscio” che egli stesso definirà come “medioconscio” (una definizione che dobbiamo tenere a mente per il proseguo).
Sulla scorta di “Doppelnovelle”, la traduzione francese e quella italiana, hanno adottato il titolo di “Doppio sogno” (“Double rêve”) che sostanzialmente è una crasi tra il primigenio “doppel” e il secondo “traum” e che precisa ancora meglio ciò che il racconto vuole indagare. La questione del “sogno” non è secondaria e su questo campo si gioca l’interesse che, in generale, l’opera di Schnitzler e, strettamente, il racconto in questione, generano in Sigmund Freud che, negli stessi anni e nella stessa città, sta affinando la sua teoria sui sogni (già incardinata nel fondamentale “Die Traumdeutung” del 1900). Il fondatore della psicoanalisi è intimorito dalla innata capacità introspettiva dello scrittore, dalla “raffinata autopercezione”, che gli permette di anticipare i presupposti, gli interessi, i risultati che di solito dovrebbero innervare una faticosa ricerca scientifica. D’altro canto, lo scrittore dubita del dogmatismo della psicoanalisi, e giudica inesatta la ferrea dicotomia tra coscienza e subconscio cara a Freud, inserendo un terzo polo, appunto il “medioconscio” che sarebbe “il territorio più enormemente esteso della vita psichica e spirituale; da lì gli elementi salgono interrottamente nel coscio o precipitano nell’inconscio”: ed è dell’arte e dell’artista precipuo compito di indagarlo.

Tutta questa lunga premessa ci è utile non solo per giustificare il titolo della mostra “Eyes wide shut”, dall’omonimo film presentato, giusto venti anni fa, nel settembre del 1999 al festival di Venezia, pochi mesi dopo la morte di Kubrick, ma anche per circoscrivere il lavoro pittorico di Elisa Anfuso. Sarebbe troppo facile e non le farebbe giustizia, limitarsi a utilizzare il termine “onirico” per descrivere le sue tele, o affiliarla strettamente alla lunga teoria dei surrealisti che sì furono meri prosecutori della psicoanalisi con altri mezzi; e neppure serve rifarsi al genere “fancy” (wonderlandiano) che precipita dal Settecento alla contemporaneità senza alcuna evoluzione in termini stilistici o contenutistici, se non l’ovvio ammodernamento del tratto. Le immagini dell’Anfuso oscillando tra reale e surreale, al contrario, rappresentano bene quel “medioconscio” caro a Schnitzler il quale aborriva l’errore di chi, invece, indugia nello scavare nelle profondità dell’inconscio più di quanto sia utile, “rovistando senza posa”.

Questa felice medietà, dona una raffinata leggerezza agli scenari dell’Anfuso che oltrepassano i contorni del reale, ma non sprofondano nei toni dell’incubo; c’è una rarefazione, una sospensione temporale, pur nella precisione del tratto iperrealista a cui la pittrice siciliana mai rinuncia, che esprime la realtà e contemporaneamente il sogno, la verità e insieme la menzogna, endiadi integranti della nostra vita e non riducibili ad unum. E’ come se la quotidianità, per mezzo della fantasia, venisse trasformata assumendo in parte i caratteri dello stravagante, non però dell’impossibile, e questa trasfigurazione procede per accumulazione di simboli (l’uovo, gli uccellini, i fiori, le ciliegie…), fino ad assumere le atmosfere di una pittura simbolista. Anche il colore asseconda questa connotazione simbolica, dal bianco al rosso, dall’albedo alla rubedo, senza passare per l’inquietudine fosca della nigredo, si compie il percorso alchemico dell’Anfuso fino alla “sublimazione” che, se in chimica è un’elevazione in forma aeriforme, in psicoanalisi è la trasformazione degli impulsi primitivi, così che una pulsione sessuale aggressiva - spiegherebbe Freud - viene normalizzata verso una meta non sessuale o non aggressiva.

Ecco: le adolescenti e le donne dell’Anfuso mantengono una certa carica erotica, le loro posture rivelano certi turbamenti infantili, ma nella fredda compostezza delle forme e nella pulizia della linea, nulla tracima e le sensazioni vengono incanalate, ricondotte nell’alveo di una quasi normalità. C’è ovviamente la teatralizzazione del contesto, la posa ricercata ad effetto, gli indumenti e i copricapi barocchi ricchi di pizzi e merletti, ed è scontato notare che la presenza costante dei dolci non è un tributo alla pasticceria delle terre di origine dell’artista, semmai il passaggio dall’eros alla gola, cioè dal non-possibile-da-dire al lecito-da-mostrare. A questo si aggiunge, nell’ultima produzione, il tema del doppio, tutto al femminile, che raddoppia come in uno specchio la profonda superficie esistenziale con cui si presentano le donne protagoniste della scena: Freud scriveva titubante a Schnitzler, “Io ritengo di averla evitata per una specie di timore del sosia”, e si capisce questa paura poiché la somiglianza, anzi l’identicità che di fatto sovverte e nega l’identità, spaventa e ci lascia attoniti in quanto nell’altro troviamo irrimediabilmente noi stessi.

Le ragazze bendate dell’Anfuso non sono dunque cieche, stanno guardando dentro sé stesse, e per questo devono avere occhi “apertamente chiusi” verso l’esterno, così che siano “serratamente spalancati” all’interno di loro. Sembra solo un insignificante sotto prodotto stilistico dell’ossimoro da cui abbiamo principato, ma questa volta accade sia la verità delle cose.

Kà ‘d-Mezanis: Il centro culturale di Rueglio ospita la conferenza “Della cianotipia e di altri antichi metodi di stampa nel pittorialismo fotografico”, a cura di Eugenio Sinatra.


Rueglio / 30 settembre 2019 / ore 17.30


Kà ‘d-Mezanis: conferenza a titolo “Della cianotipia e di altri antichi metodi di stampa nel pittorialismo fotografico”, a cura di Eugenio Sinatra.


Il Centro Culturale “Kà ‘d-Mezanis” prosegue la sua prima stagione di attività ospitando una conferenza in occasione della Giornata Mondiale della Cianotipia.



Proseguono le attività alla Kà ‘d-Mezanis (la dimora quattrocentesca recentemente restaurata che è divenuta sede del Centro culturale ruegliese).  Lunedì 30 settembre alle ore 17.30, nella nobile cornice del “Salone degli affreschi” e in occasione della Giornata Mondiale della Cianotipia, si tiene la conferenza “Della cianotipia e di altri antichi metodi di stampa nel pittorialismo fotografico” (a cura dell’artista Eugenio Sinatra).



Nell’ambito della mostra “Uccellacci e uccellini”, di Giuliana Milia ed Eugenio Sinatra, alla Kà ‘d-Mezanìs fino al 30 ottobre, è stato organizzato un incontro con gli Autori nella giornata di lunedì 30 settembre.  Un incontro non a caso, in quanto coincide con la Giornata Mondiale della Cianotipia.  La cianotipia è un antico metodo di stampa fotografica che è stato utilizzato per le stampe in mostra da Eugenio Sinatra, raffinato cultore ed esperto di antichi metodi di stampa.  In questo incontro, vera e propria conferenza accessibile a chiunque, non tecnica ma divulgativa, Eugenio Sinatra esporrà in forma leggera e accattivante un mondo che gli appartiene e che è sconosciuto al grande pubblico, che si rifà alla corrente del Pittorialismo in fotografia, dei primi anni del XX secolo.  Ci racconterà dei tentativi del mondo fotografico di portare l’immmagine fotografica, che nei primi anni del Novecento stava diventando realmente di massa, verso le forme auliche della rappresentazione pittorica, attraverso le manipolazioni in camera oscura e no, l’utilizzo e la sperimentazione dei più disparati composti chimici, gli effetti e i risultati raggiunti che lasciano stupefatti ancor oggi.  Sinatra spiegherà come ha ottenuto le stampe della  mostra visibili alla Kà ‘d-Mezanìs e la concettualità artistica che racchiude l’immagine su carta oltre alle altre varie altre tipologie di stampa che pratica abitualmente: cianotipia, vandickbrown, platino-palladio, collodio umido, chimigramma, lumenprint, mordençage, gomma bicromatata ed un brevissimo cenno su quel che si può ottenere, sempre su questa linea di intervento, attraverso la manipolazione digitale e non, sulla fotografia contemporanea, digitale o polaroid, ad esempio.



La Kà ‘d-Mezanis, unitamente alle mostre ospitate, è visitabile su prenotazione o nei seguenti giorni e orari:

sabato ore 15.00 - 18.00 (su due turni a partire dalle ore 15.00 e dalle ore 16.30);

domenica ore 10.00 - 12.00 / 15.00 - 18.00 (su due turni a partire dalle ore 15.00 e dalle ore 16.30).

(con l’eccezione di sabato 22 settembre, quando il complesso ospiterà un evento privato).



Contatti:

Comune di Rueglio: +39 0125.78.01.26 / affarigenerali@comune.rueglio.to.it

Gabriella Laffaille (Sindaco): +39 334.16.55.172 / sindaco.rueglio@libero.it


sabato 21 settembre 2019

Presentazione del libro: "Prima che faccia buio" di Egidio Ortisi, edito dalla Sampognaro & Pupi.


Presentazione del libro 

"Prima che faccia buio" di Egidio Ortisi.

Sabato 28 settembre 2019 alle ore 18:30

Auditorium
Zona Artigianale, Floridia (SR)


Sin da bambino, chiedevo a mia madre 'u picchiu, cioè una lucina, che, 
anche in lontananza, mi rassicurasse.

- Egidio Ortisi -

Sabato 28 settembre 2019, alle ore 18:30, presso l'Auditorium di Floridia, Zona Artigianale, si terrà la presentazione del libro "Prima che faccia buio" dell'onorevole professore Egidio Ortisi, edito dalla Sampognaro & Pupi.

Alla presentazione interverranno il dirigente scolastico Mario Bonanno, la giornalista Sabina Rizza, il musicista Salvo Tempio, il docente di filosofia Frankie Terranova.

Sarà presente l'autore accompagnato dall'editrice Daniela Tralongo.

L'ingresso è libero.




NELL’OFFICINA DI GUNTER BÖHMER. L’illustrazione del libro come avventura interiore, a cura di Sandro Parmiggiani e Alessandro Soldini.


NELL’OFFICINA DI GUNTER BÖHMER
L’illustrazione del libro come avventura interioreA cura di Sandro Parmiggiani e Alessandro Soldini
 

Complesso Monumentale della Pilotta
Biblioteca Palatina, Parma 

5 ottobre - 15 novembre 2019
Inaugurazione: sabato 5 ottobre, ore 11.00

La Biblioteca Palatina di Parma ospita, dal 5 ottobre al 15 novembre 2019, una retrospettiva dedicata a Gunter Böhmer (Dresda, 1911 - Montagnola, 1986), artista della Mitteleuropa, noto per aver illustrato, tra gli altri, libri di Hermann Hesse, Thomas Mann, Franz Kafka, Luigi Pirandello, Stendhal, Gustave Flaubert e Guy de Maupassant, perseguendo una totale unità tra testo e immagini.
L’esposizione, che porta il visitatore “Nell’officina di Gunter Böhmer. L’illustrazione del libro come avventura interiore”, è promossa dal Comune di Collina d’Oro e dalla Fondazione Ursula & Gunter Böhmer, in collaborazione con il Complesso Monumentale della Pilotta, la Biblioteca Palatina e la Fondazione Museo Bodoniano. La mostra sarà inaugurata sabato 5 ottobre alle ore 11.00 nella Sala Petitot.



In esposizione, alcuni degli esiti più significativi della ricchissima attività di illustratore di testi, soprattutto letterari, svolta da Böhmer (alcuni libri d’artista a tiratura limitata con litografie e incisioni originali; circa centocinquanta volumi che recano la riproduzione di suoi disegni e di tecniche miste su carta; oltre mille copertine disegnate). Numerosi sono gli autori cui Böhmer ha rivolto la propria attenzione, illustrandone alcune delle opere, a partire dal 1933, quando Hesse gli commissiona l’illustrazione del suo “Hermann Lauscher”. Ricordiamo, tra i tanti: Hermann Hesse, Thomas Mann, Franz Kafka, Robert Walser, Edward Mörike, Georg Büchner, Jeremias Gotthelf, Nino Erné, Hans Walter, Ossip Kalenter, Edgar Allan Poe, William Faulkner, John Keats, Liam O’Flaherty, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Stendhal, Gustave Flaubert, Guy de Maupassant, Honoré de Balzac, Hans Christian Andersen, i fratelli Grimm, Pedro Antonio de Alarcón.
Lo stile di Böhmer si evolve nel tempo: se all’inizio, nel segno sottile legato alla tradizione pittorica e illustrativa francese – pensiamo, tra i tanti nomi che si potrebbero citare, a André Dunoyer de Segonzac e poi a Bonnard, al cui “Parallèlement” possiamo rimandare per “L’Oleandro” di Böhmer, e successivamente a Raoul Dufy e a Henri Matisse –, si può cogliere quasi l’eco di uno sguardo che va alla scoperta delle bellezze del mondo e delle dolcezze della vita, presto i suoi disegni si caricano degli umori e delle passioni dell’espressionismo tedesco, con le sue durezze, le sue cupezze, le sue angosce, e del tramando di esperienze quali quelle di Picasso, di Alberto Giacometti e di Marino Marini, fino a qualche incursione nei grovigli e nei meandri del segno informale. Böhmer è comunque un illustratore nel quale sempre si può cogliere la tensione a un’immersione nella verità del testo, nel costante tentativo, come lui stesso affermò, di conseguire l’“unità tra testo e immagini” e di dare vita a un “organismo in cui tutti gli elementi letterari figurativi e tipografici compongono un’unità”. Confessa ancora Böhmer nel 1961 che a lui poco interessano strade che vengono battute (la decorazione, l’”arricchimento di fregi”, oppure una grafica libera, “musica d’accompagnamento” del testo), ma sperimentare un’“avventura psicologica”, “ciò che è proprio di una scelta interiore”. 

            
L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 15 novembre 2019, da lunedì al giovedì ore 9.00-18.00, venerdì e sabato ore 9.00-13.00, sabato 2 e 9 novembre chiuso. Ingresso libero. Per informazioni: Biblioteca Palatina (T. +39 0521 220411, b-pala@beniculturali.it,  www.bibliotecapalatina.beniculturali.it); Fondazione Ursula & Gunter Böhmer (T. +41 091 123 456, info@fondazioneboehmer.ch, https://fondazioneboehmer.ch).
In occasione della mostra viene pubblicato un ricco catalogo, edito da Step di Parma, che reca, oltre ai saluti istituzionali di Ignazio Cassis (Consigliere della Confederazione Svizzera), di Sabrina Romelli (Presidente della Fondazione Ursula & Gunter Böhmer e Sindaco del Comune di Collina d’Oro) e di Simone Verde (Direttore del Complesso Monumentale della Pilotta), i saggi introduttivi di Sandro Parmiggiani e di Alessandro Soldini, curatori della mostra e membri del Consiglio della Fondazione Böhmer; due testi di Böhmer sull’illustrazione del libro; un’ampia documentazione fotografica su alcuni dei più importanti volumi illustrati dall’artista; gli apparati bio-bibliografici finali.


Gunter Böhmer, nato a Dresda nel 1911, è allievo di Emil Orlik e di Hans Meid all’Accademia di Belle Arti di Berlino, frequenta il pittore Max Slevogt, e nel 1933 su invito di Hermann Hesse si reca a Montagnola, nel Canton Ticino, trasferendovisi definitivamente l’anno seguente e fissando la propria residenza in “Casa Camuzzi” – solo nel 1951 otterrà cittadinanza svizzera. Con Hesse (Premio Nobel per la Letteratura nel 1946) la frequentazione è continua, così come intensi sono i rapporti con una piccola colonia di intellettuali e artisti, di varie nazionalità, che vivono o soggiornano nella zona (in primis, l’amico pittore Hans Purmann, Giovanni Mardersteig, fondatore a Montagnola dell’Officina Bodoni, Hugo Ball, tra i fondatori del Dadaismo, e la moglie Emmy Ball-Hennings, Max Horkheimer, filosofo, Alexander Ostrowski, matematico, Max Picard, medico e filosofo, Bruno Walter, direttore d’orchestra, oltre a tanti altri che si potrebbero menzionare). Dopo il primo incarico, ricevuto direttamente da Hesse nel 1933, Böhmer collabora con Giovanni Mardersteig dell’Officina Bodoni e con le Edizioni Albatros di Parigi, e intensifica la sua attività di illustratore, alternata alla pittura vera e propria, condotta fino alla fine dei suoi giorni. L’artista soggiorna in varie città italiane; è a Parigi, dove frequenta Raoul Dufy. Dal 1960 al 1976 è docente di Grafica creativa all’Accademia statale delle Arti Figurative a Stoccarda e ottiene numerosi riconoscimenti dalle autorità della Repubblica Federale Tedesca, compreso l’invito, nel 1980, all’Accademia tedesca di Villa Massimo a Roma. Muore nel 1986 a Montagnola; la vedova, Ursula Bächler, sposata da Böhmer nel 1945, promuove la costituzione della Fondazione Ursula & Gunter Böhmer, attiva nel Comune di Collina d’Oro.



Scheda tecnica:
Nell’officina di Gunter Böhmer. L’illustrazione del libro come avventura interiore
A cura di Sandro Parmiggiani e Alessandro Soldini
Complesso Monumentale della Pilotta, Biblioteca Palatina, Sala Petitot
Strada alla Pilotta 3, 43121 Parma
5 ottobre – 15 novembre 2019
Inaugurazione: sabato 5 ottobre, ore 11.00
Orari di apertura: da lunedì a giovedì ore 9.00-18.00, venerdì e sabato ore 9.00-13.00, sabato 2 e 9 novembre chiuso.
Ingresso libero

Per informazioni:
Biblioteca Palatina
Strada alla Pilotta 3, 43100 Parma
T. +39 0521 220411
Fondazione Ursula & Gunter Böhmer
c/o Municipio di Collina d’Oro
Piazza Brocchi 2, 6926 Montagnola, Svizzera
T. +41 091 123 456

Ufficio Stampa:
CSArt Comunicazione per l’Arte
Via Emilia Santo Stefano 54, 42121 Reggio Emilia
T. +39 0522 1715142
M. +39 348 7025100
 

MONOCHROME DEFINIZIONE DELL’OMBRA. Il Micro di Roma riapre la stagione con la personale di Alessandra Maxaculi, all’insegna della xilografia.


MONOCHROME DEFINIZIONE DELL’OMBRA
Personale di Alessandra Maxaculi
a cura di Paola Valori

Dal 3 al 10 ottobre 2019

inaugurazione giovedi 3 ottobre ore 18
 
MICRO Arti Visive
Roma, Viale Mazzini 1 - info: 347 0900625 
www.microartivisive.it

Riapre la stagione di Micro Arti Visive con MONOCHROME, mostra personale di
Alessandra Maxaculi, curata da Paola Valori per le nuove iniziative in calendario dedicate all’arte
grafica e incisoria.
Il primo approfondimento sarà rivolto alla xilografia, la più antica tra le tecniche incisorie, che in
epoca moderna ha trovato largo impiego - dal Rinascimento ai giorni nostri - e rivalutata da quasi
tutti i pittori moderni e contemporanei: da Chagall, Picasso, Mirò, Dalì, a Guttuso, Campigli e
Morandi.
Dal 3 al 10 ottobre 2019 riaprono i battenti con una grande interprete Alessandra Maxaculi, artista italo greca sanguigna e innovativa, che si dedica parallelamente anche alla scultura, anche se predilige l’incisione con un particolare interesse per il chiaroscuro e le ombre. Il pensiero di fondo che guida la mano dell’artista è infatti la monocromia, il netto contrasto tra bianco e nero apre il campo ad una interessante ricerca stilistica, con l’impiego di un solo colore, tra fascinose figure monocrome e fini tratteggi. Una vasta produzione incisoria, legittimata da numerosi riconoscimenti dalla Biennale di Incisione di Acqui Terme, a diverse mostre in Italia e all’estero.
 
“MONOCHROME: DEFINIZIONE DELL’OMBRA” sarà inaugurata il 3 ottobre alle ore 18 a Viale Mazzini 1 e rientra nell’ambito di “CARTA CANTA” la rassegna ideata e curata da Paola Valori per le iniziative di Micro, con diversi appuntamenti e esposizioni, anche con finalità didattiche, che animeranno quest’anno un ricco palinsesto di mostre, focus e workshop dedicati a quegli artisti che utilizzano due elementi superati come la carta e l’inchiostro. “Una storia di altri tempi” spiega Paola Valori “che dona a uno spazio contemporaneo come il nostro un fascino antico, con un materiale straordinario come la carta e dalle infinite possibilità”.

Durante l’inaugurazione sarà possibile degustare una selezione di vini di Maltese Food & Wine. 
La mostra resterà visitabile fino al 10 ottobre dalle 11 alle 19. Ingresso libero.
 
Per info: 347 0900625
Micro Viale Mazzini 1, Roma www.microartivisive.it

NOTE BIOGRAFICHE
Alessandra Maxaculi è nata a Roma nel 1983. Ha studiato scultura alla RUFA (Rome University of
Fine Arts) di Roma. Ha approfondito le tecniche dell’incisione prediligendo la xilografia e le
tecniche di resa tonale. Ha inciso circa ottanta matrici.
Parallelamente all’attività grafica, connotata da una forte ascendenza dei grandi maestri francesi,
da Victor Hugo a Odilon Redon, si è dedicata alla scultura di piccolo formato in gesso e resine
colorate a mano.
Presente alla Biennale di Incisione di Acqui Terme del 2013, ha esposto in numerose collettive in
Italia e in Francia.
Nel 2014 tiene la sua prima personale presso la Andarte Gallery di Roma.
 

NEC MATER. Alla galleria Circoloquadro di Milano, la mostra personale di Chiara Donadei, con chiari rimandi alla surrealtà e alla dimensione onirica.


CHIARA DONADEI
NEC MATER
Inaugurazione mercoledì 2 ottobre 2019, ore 18.30
In mostra dal 2 ottobre all’8 novembre 2019


Mercoledì 2 ottobre Circoloquadro inaugura Nec mater, mostra personale di Chiara Donadei che
trasforma lo spazio milanese in uno scrigno prezioso con le sue tele, frutto di un lavoro certosino durato un anno. Il tema del femminile, trattato dall’artista con una pittura minuta sospesa tra il barocco e lo steampunk, investe non solo donne ma anche uomini e animali in una visione ampia e universale.

Nec mater, il progetto che Chiara Donadei presenta per la prima volta a Milano, racchiude la ricerca pittorica degli ultimi anni e si concretizza con le 11 tele a tecnica presenti in mostra, lavorate con pazienza e minuzia nell’ultimo anno.
Nec mater, mostra progettata ad hoc per Circoloquadro tanto da stravolgere lo spazio con un allestimento particolare che rende la sala espositiva uno scrigno prezioso e tenebroso, rimanda – esteticamente – all’idea di quadreria secentesca con le tele vicine le une alle altre, esaltate da cornici in legno a foglia d’oro, realizzate in gran parte dall’artista stessa.
Nelle tele, dove regna la tenebra illuminata da brevi lame di luce, si muovono personaggi il cui genere rimane spesso indecifrabile: donne, uomini e animali immersi nei loro sogni, o forse nei loro incubi. Carichi di simboli e rimandi alla mitologia e alla letteratura, i soggetti di Chiara Donadei rimandano alla surrealtà e a una dimensione onirica.


 
Dice l’artista: “Con questa mostra rappresento ciò che per me è il femmineo, non da intendersi come una dimensione sacra o rapportabile al materno, quanto piuttosto come qualcosa che può comprendere anche gli istinti più brutali e distruttivi. Si tratta di una presenza che il mio immaginario riconduce alla rappresentazione di figure femminili come a quella di figure maschili. Animali, natura, cose, per me il femmineo è un potenziale presente ovunque. Con l’espressione Nec mater - riferendo al vocabolo mater anche altri significati, oltre a quello più consono (come affetto, pianto madre, stipite, radice, causa, origine, fonte) - non intendo trattare esclusivamente un’assenza o una negazione, ma piuttosto esprimere una presenza assente; la presenza è immediatamente riconducibile all’unico soggetto del titolo, mater, l’assenza è riconducibile all’integrità dello stesso titolo.



BIO
Chiara Donadei. Bari 1980. Diplomata presso l'Accademia di Belle Arti di Lecce. Nel 2012 studia le antiche tecniche di preparazione di tavole con applicazioni di tele, la preparazione di fondi a imprimitura e le varie tecniche di doratura. Tra le mostre personali e collettive si segnalano: Miti e altri Miti, con l’Associazione Culturale Media Naonis. Centro Culturale Aldo Moro - Cordenons (PN); 2016 ITALIArts, mostra collettiva su iniziativa dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda, Municipio di Stoccarda, Germania; 2012 Il complesso di Michelangelo o di Artemisia, in collaborazione con il Centro Teseo creatività tra Arte e Scienza e l’Associazione Sviluppo Sostenibile; 2011 In D’io, mostra personale presso l'Auditorium Diocesano Vallisa, Bari.



CHIARA DONADEI | NEC MATER
Inaugurazione mercoledì 2 ottobre 2019, dalle ore 18.30
In mostra dal 2 ottobre all’8 novembre 2019
Orari dal mercoledì al venerdì ore 15-19 o su appuntamento.


CIRCOLOQUADRO arte contemporanea
Via Gian Battista Passerini 18 Milano
Telefono +39 324 8392144 | Email: info@circoloquadro.com

 

domenica 15 settembre 2019

COOKING THERAPY. A Villa Reimann di Siracusa si parla di cibo e benessere psico-fisico della persona con la dott.ssa Sebastiana Roccaro.

QUANDO IL BENESSERE PSICOLOGICO SI TROVA AI FORNELLI: COOKING THERAPY DOTT.SSA ROCCARO A SIRACUSA

Villa Reimann  
Via Necropoli Grotticelle 14, Siracusa 
 
 
 
Venerdì 20 settembre 2019, a partire dalle ore 17.00 fino alle ore 19.00, circa, presso la prestigiosa sede di Villa Reimann, sita in Via Necropoli Grotticelle n. 14 Siracusa, si svolgerà la giornata informativa gratuita ed aperta a tutti, organizzata da Cooking Therapy dr.ssa Roccaro e patrocinata dall’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia “QUANDO IL BENESSERE SI TROVA AI FORNELLI: COOKING THERAPY DOTT.SSA ROCCARO A SIRACUSA”.
L’evento vuole essere sia una celebrazione dei primi anni di attività e di ricerca di Cooking Therapy dr.ssa Roccaro, sia un momento formativo ed informativo, che permetta di raccontare il primo metodo in Sicilia che unisce i benefici del cucinare al benessere psico-fisico della persona
Il pomeriggio di lavori si aprirà con una breve introduzione da parte del dott. Fulvio Giardina Presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, al cui intervento seguiranno quello della dott.ssa Graziella Zitelli, Consigliere dell’Ordine Psicologi Regione Sicilia, della dott.ssa Daniela Respini, Psicologa e Psicoterapeuta, della dott.ssa Sebastiana Roccaro, Psicologa e Psicoterapeuta nonché ideatrice del progetto Cooking Therapy che porta il suo nome, la quale introdurrà il suo metodo, descrivendone le fasi di applicazione dello stesso all’interno dei laboratori ed introdurrà le sperimentazioni e le ricerche effettuate nel corso degli anni, compresi i benefici riscontrati dall’applicazione del metodo. Alla fine dell’incontro alcuni partecipanti ai laboratori daranno la propria testimonianza in merito. I lavori si chiuderanno con i ringraziamenti e con la proiezione di un filmato esplicativo.

DOTT.SSA SEBASTIANA ROCCARO
 
Ad oggi sono stati condotti un totale di 63 laboratori (16 adulti, 14 adolescenti, 30 bambini e 3 bambini ed adolescenti insieme), durante i quali sono stati coinvolti 13 adulti, 6 adolescenti 20 bambini.
Come nasce il metodo Cooking Therapy dott.ssa Roccaro e Di cosa si tratta?
L'arte del cucinare come  strumento di benessere per sé e per gli altri. Da qui il connubio tra l'amore per la cucina, con le competenze da Psicologo-Psicoterapeuta, che hanno portato alla riscoperta degli effetti benefici di quella che oggi qualcuno ha definito Cooking Therapy o Cucinoterapia, come strumento efficace ma ancora scientificamente poco studiato.
Obiettivo di questo progetto, infatti, è dare la possibilità alle persone, di ogni età, sesso, condizione sociale e culturale di acquisire strumenti per il proprio benessere psico-fisico. La Cucinoterapia non è un corso di cucina, ma uno spazio e un tempo in cui ritrovarsi, con sé e con gli altri.
Cucinare non è solo un atto quotidiano, esso  equivale alla cura della mente, del corpo e dell'anima. Significa rievocare attraverso gli odori e i sapori le proprie tradizioni, i legami familiari, dar forma alla propria creatività, rinforzare l'autostima, avere cura del proprio corpo; rappresenta uno strumento per riconquistare la propria quotidianità dopo periodi di sofferenza; risulta essere un modo per curare, in maniera creativa e non medicalizzata, disturbi più o meno gravi legati a stress, ansia e depressione.  
Essa ha un valore terapeutico fisico, cognitivo, sociale ed intra-personale.
L’ingresso alla conferenza di giorno 20 settembre 2019 è gratuito ed aperto a tutti coloro che abbiano la voglia di approfondire un argomento nuovo e poco indagato, che ci tocca nella nostra quotidianità.