“Assenza”, esposizione fotografica di Maurizio Gabbana, apre i battenti sabato 8 maggio nella splendida cornice del Battistero di Velate a Varese. La mostra, patrocinata dal Comune di Varese, è a cura di Carla Tocchetti, supportata dal testo critico di Gian Ruggero Manzoni.
A corredo dell’evento è stato redatto un volume edito da Antiga Edizioni, che verrà presentato per la prima volta al pubblico domenica 9 maggio alle ore 10.30 al Salone Estense del Palazzo Comunale di Varese.
Dal testo di Gian Ruggero Manzoni “INCONTRARCI NELL’ASSENZA”
Sempre più, a mio avviso, l’anelito alla “bellezza”, al giorno d’oggi, si manifesta in modo disordinato, caotico. Infatti l’incertezza della sua forma e soprattutto della sua autenticità, complici le chimere di una società sempre più omologata dalle regole del mercato e dell’apparenza, determina smarrimento, persino paura. È necessario agire sull’educazione alla consapevolezza, sull’elevazione del pensiero, per poi curare l’estetica dei luoghi e delle persone, come pure dei comportamenti, dei discorsi e delle relazioni…
In Gabbana, la fotografia non è mai oggettiva visione della realtà, ma documentazione di un punto di vista, cosicché le tinte, le forme o le superfici diventano protagoniste di una messa in scena funzionale alla rappresentazione “teatrale”, che nell’artificio va a esplicare la sua massima dichiarazione di intenti. Quindi in Gabbana la fotografia non rivaleggia con la pittura, ma l’una la si ritrova nell’altra.
In questo nuovo ciclo egli tende a fare della fotografia non un manufatto puramente aggraziato, quindi edonisticamente piacevole, ma uno strumento di indagine che, abbandonando una formulazione tradizionale, entra nel dialettico se non nel concettuale col pittorico, ponendo alla sua base uno scopo specifico: quello di rinnovare una freschezza dello sguardo… di quello sguardo (sul mondo) ormai contaminato e incrostato dalla (in)civiltà delle immagini.
Per Gabbana “l’assenza è visibile” e, in fotografia, visibilissima, ancor più se la si sottolinea tramite spazi scelti, ben precisi, in modo che “solo l’assenza rende il soggetto dello scatto”.
Dunque il vuoto (cioè lo spazio lasciato bianco), in una fotografia, non è mai il nulla.
Maurizio Gabbana sviluppa la sua arte attraverso un'intimità derivata da una ricerca condotta in solitaria, costruendo così serie narrative, basate su scatti di “reportage” urbano in cui l’umanità è, non a caso, quasi sempre assente, oppure tramite una ricerca simbolica nella quale la figura risulta pretesto scenico a cui abbinare ciò che al nostro fotografo interessa mettere in evidenza: immagini che riflettono sulle relazioni, sulle origini, sul passato e, ovviamente, sul sociale.
Wim Wenders ha detto della fotografia che sulla pellicola si imprime la traccia del fotografo, l’immagine non dei suoi lineamenti esteriori, bensì del suo cuore. Ed è proprio così, anche per Gabbana.
Ingresso libero
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