BEHIND THE MASK
BASSI di PALAZZO NICOLACI , NOTO
Il mondo dell’Arte internazionale vede già in “BEHIND THE MASK” una delle mostre/evento più importanti della Sicilia del 2021, mostra che inizierà il 26 GIUGNO e si chiuderà il 25 LUGLIO a cura di VINCENZO MEDICA e con testo critico di ANTONIO CASCIARO.
Si prevede quindi, viste le aspettative globali, un altissimo livello qualitativo internazionale, per non dire un punto di svolta nel panorama artistico contemporaneo. I curatori con il titolo della mostra centrale, che orienterà il numeroso pubblico partecipante, risultano molto attenti al rapporto tra arte visiva e indagine sociale: “IN BEHIND THE MASK –affermano- Giuseppe Piccione rappresenta la generosità di spirito e il senso di umanità che l’arte colloca al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa degli spazi espositivi”.
Precise e puntuali le parole dell’artista Giuseppe Piccione: “Procedo la mia indagine sul rapporto tra arte e cultura sociale” che apre così la strada ai rapporti tra Arte e vita reale.
La mostra BEHIND THE MASK punterà ad abbracciare oltre all’Arte visiva sostenibile anche l’Arte mediale con una video installazione in una osmosi e una fusione reciproca.
L’indirizzo curatoriale ha confermato ancora una volta la necessità di creare un nesso tra le arti, che, secondo le giuste parole del Vasari erano tutte figlie del Disegno. Il colore come segno manuale o digitale che sia sarà il protagonista della mostra Siciliana, un segno colorato foriero di valenze autonome.
TESTO CRITICO A CURA DI ANTONIO CASCIARO
Le opere figurative di Piccione invocano un mantra, un ripetere il ritmo della vita nascosta dietro le maschere apparenti della realtà multiforme. Un forma a servizio del rito sacro dell’arte. Molte forme che invocano una sola forma. La ricerca di un archetipo, ma irraggiungibile.
La narrazione visiva, che spazia dall’urlo di dolore, allo stupore della morte e della vita ai margini delle donne di periferia, ai segni di una sessualità mercificata, si impone come una recita ad alta voce, un grido di richiesta di aiuto che molti di noi nel loro intimo elaborano ma fingono di non avere: dietro una maschera.
Maschere in serie. Ritmo pop. Un mantra, un rullo di tamburi tribali. È così che Piccione espone in immagine visiva un vissuto sonoro. Come un rapper suburbano: voci di periferia e di margine. Voci che anelano. Voci che emergono portandosi al centro dell’attenzione del fruitore della mostra.
Il mantra visivo delle opere, eseguite con una serialità ritmica che solo un artista maturo sa fare, si manifesta a volte ad alta voce, a volte appena sussurrato. Questa ripetizione della stessa maschera, ma sempre con attributi plastici differenti, ricerca di colori irreali, forme che sembrano sublimare una libido incompiuta, è una ripetizione-preghiera. Una visione spirituale dell’arte sociale.
Piccione è un artista che si fa contaminare dal dolore degli altri, degli emarginati, dal caos interno della disabilità, dalla ricerca di purezza della prostituta, dalla pietà di un padre in braccio a un figlio. Dietro queste maschere si cela un’aurea, quella della serialità; e ci fa comprendere come l’arte contemporanea possa erodere spazi alla religiosità tradizionale facendo rivivere una spiritualità che si ispiri a sentimenti autentici. Siamo in presenza di un tentativo di costruire una vera e propria religiosità estetica.
Se è vero che Andy Warhol fece diventare simbolo della Pop Arte delle scatole di detersivo, Piccione sembra voglia far diventare le maschere-tribe un simbolo di una spiritualità perduta dalla cultura di massa; andando a ricercare – dalla cosa all’invisibile – l’angelo custode che dorme dentro ciascuno di noi e che necessita di essere risvegliato. Per far compiere un atto religioso: quell’atto a cui anela l’arte del post-moderno.
La serialità dell’opera di Piccione si pone – pertanto - proprio in antitesi alla riproducibilità da cui è afflitta la cultura visiva della società contemporanea. È così che il giudizio estetico che il fruitore della mostra è orientato ad elaborare, non può non considerare la critica sociale al meccanismo della riproducibilità della merce-uomo.
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