LASTLIFE Epilogue
installazione site specific
di Sergio Angeli
Riserva Naturale dell’Aniene, Roma
a cura di Fabio Benincasa
foto di Ilaria Turini
30 settembre 2021 ore 19:00
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Alla fine di questo mese, l’artista Sergio Angeli riconsegnerà alla natura i tronchi inceneriti utilizzati per il suo progetto artistico itinerante Lastlife. Lo farà esattamente lì dove tutto è nato: sul luogo dell’incendio che ha colpito la riserva naturale nel 2018, lasciando scaturire l’idea del progetto durato fino ad oggi.
Il progetto Lastlife si è articolato diverse fasi.
Al Maam, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropolis, Sergio Angeli ha installato un’opera pittorica, la foto dell’installazione vivente concepita sul luogo dell’incendio, uno scatto di Marino Festuccia, e la lampada assemblata con i resti di una civiltà simbolicamente estinta.
Nella seconda tappa, Lastlife è stato ospitato presso Officinenove, dove l’artista ha voluto “ricostruire” il bosco in uno spazio chiuso, installando ogni opera concepita per il progetto, sospendendola tra rami e foglie. In quell’occasione protagonista anche Monica Pirone con un’installazione video e Grumvalski con una performance musicale.
Ultima tappa in ordine di tempo al Macro, dove l’artista ha installato i tronchi inceneriti con un video realizzato appositamente, con le foto/documento di Andrea Mercanti, con la collaborazione di Monica Pirone che ha realizzato un’installazione site specific e una video installazione, il tutto sonorizzato dalla colonna sonora di Fhear.
“Epilogue è l’ultimo atto in cui si articola il complesso progetto artistico di Sergio Angeli, scaturito dall’osservazione delle conseguenze di un incendio che ha colpito la Riserva Naturale dell’Aniene nell’ormai lontano 2017.
Il surriscaldamento globale e la pandemia ci hanno introdotto in un’era dell’antropocene sempre più caratterizzata da un pessimismo apocalittico e in questo senso l’indagine di Angeli è stata profetica a partire dagli sconvolgimenti della natura. Il pessimismo deriva dalla peculiare posizione di un’umanità che dichiara impotente la natura, la storia, la coscienza, separando questi elementi in nome di un progresso che non riesce a dominare né permette di risolvere la constatazione ineluttabile del male e della fine.
Tuttavia l’artista non può restare inerte rispetto ad un orizzonte apocalittico che priverebbe di senso l’idea stessa di cultura. Ed ecco dispiegarsi, in Lastlife, il piano di una nuova cosmogonia, che trasforma il fuoco della distruzione in un’ecpiròsi stoica, in una fecondazione alchemica che permettendo nuove trasmutazioni e una continua ricerca riapre continuamente il senso dell’umano, per quanto ogni volta in modo provvisorio e instabile.
Non a caso, Angeli compie un progetto itinerante simile a un viaggio iniziatico o a un pellegrinaggio, ricercando attivamente compagni di strada, fotografi, performer, musicisti, altri artisti che ricostruiscano, a partire dal trauma iniziale della distruzione, un possibile dialogo di rapporti fra umano e naturale, fra possibile e impossibile, fra silenzio e rappresentazione, fra soggetto e alterità.
I resti carbonizzati della vita sono il trait d’union di vari media e varie forme di engagement del pubblico che hanno incluso l’intervista o il conferimento di oggetti. Fossili, reperti archeologici, reliquie, creano per l’artista una costellazione creativa che fa da specchio al suo lavoro pittorico astratto diviso fra echi organici e riflessi macchinici.
In questo percorso dai contenuti salvifici che dal particolare del frammento procede verso l’universale dell’estetica, l’operare artistico di Angeli e dei suoi compagni di viaggio non ricerca un facile messianismo, ma si rivela piuttosto come una struttura costitutiva e cognitiva dell’umano in quanto tale. Forse la fenice non risorgerà mai dalle ceneri della distruzione ma l’indagine indefessa dell’artista riuscirà ad illuminare nuovi orizzonti, come fa la lampada assemblata, a metà fra feticcio estemporaneo e peculiare object trouvé.
Nello stadio finale di Lastlife i frammenti di legno carbonizzati ritornano da dove sono venuti in una sorta di cerimoniale inumazione che inaugura un tempo ciclico, rivelato allo spettatore grazie a un dispositivo installativo e proiettivo. Non la fine dei tempi ma il tempo della fine, in attesa di un nuovo inizio, di una nuova luce. Ancora una volta, nell’arte, il cammino incomincia e il viaggio è già finito, come avrebbe chiosato Pier Paolo Pasolini”.
Fabio Benincasa, Duquesne University
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