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mercoledì 29 marzo 2023

INVITO DI SOSTA | XV edizione. Al Teatro Petrarca di Arezzo, lo spettacolo di chiusura della rassegna affidato al quintetto IMA della coreografa Sofia Nappi.

 



INVITO DI SOSTA | XV edizione
Spettacolo di chiusura della rassegna

IMA
di Sofia Nappi / Komoco

Venerdì 31 marzo, ore 21:00

Teatro Petrarca, Arezzo 


Dopo il tour in Messico, Austria e la prima nazionale a Modena, arriva ad Arezzo con una doppia replica al Teatro Petrarca l’acclamato quintetto IMA della coreografa Sofia Nappi



L’ultimo appuntamento della rassegna Invito di Sosta – danza contemporanea d’autore vedrà un importante spettacolo in scena al Teatro Petrarca: grazie alla sinergia tra Sosta Palmizi, Fondazione Toscana Spettacolo, Comune di Arezzo e Fondazione Guido d’Arezzo, venerdì 31 marzo alle 21:00 verrà presentato ad Arezzo lo spettacolo IMA della coreografa e danzatrice internazionale Sofia Nappi e interpretato dai cinque danzatori e danzatrici della compagnia Komoco. Lo spettacolo sarà inoltre in replica matinée a chiusura della rassegna Altre Danze_portiamo i ragazzi a teatro! lo stesso venerdì 31 alle 10:00 per le scuole del territorio.





IMA è il primo spettacolo a serata intera della coreografa Nappi con la sua compagnia Komoco. Una prima versione ridotta è stata presentata alla XIV edizione della Biennale di Venezia su commissione della direttrice Marie Chouinard, mentre ha debuttato nella sua forma completa a luglio 2022 a Stoccarda all’interno del prestigioso COLOURS International dance festival. “Ima”, termine giapponese che indica “il momento presente”, in aramaico ed ebraico ha anche il significato di “madre”, nella sua accezione di rinascita e rinnovamento. Nato durante il periodo di distanziamento sociale, IMA coinvolge lo spettatore in un vortice di poesia in movimento, celebrando il ricongiungimento con l’altro. I cinque interpreti salgono sul palco indossando maschere da anziani e procedono a ritroso nel tempo fino a ritrovarsi giovani, trasmettendo con armonia e leggerezza la necessità di ritrovare un rapporto col proprio corpo, di riscoprirlo vivo e capace di provare emozioni. Storie personali e collettive si intrecciano così in una danza che è interconnessione universale. 

Lo spettacolo è una coproduzione Sosta Palmizi, con Biennale di Venezia, COLOURS International dance festival (Stoccarda) e Centro Coroegrafico Canal (Madrid).


Al termine dello spettacolo è previsto uno spazio libero di incontro fra gli artisti e il pubblico.

Lo spettacolo sarà seguito, sabato 1° aprile, dalla masterclass aperta a tutta la cittadinanza e tenuta da Paolo Piancastelli e Adriano Popolo Rubbio della compagnia Komoco. Nella mattinata di sabato gli studenti e le studentesse del Liceo Coreutico Piero della Francesca, incontreranno i due artisti per una lezione pratica e di avvicinamento alla poetica della compagnia Komoco.




BIO ARTISTI

Sofia Nappi, coreografa e danzatrice professionista, si diploma all’Alvin Ailey American Dance Theater a New York per poi approfondire gli studi con Hofesh Shechter e a Tel Aviv, dove sta conseguendo la certificazione come insegnante di tecnica Gaga, linguaggio del celebre coreografo Ohad Naharin. Interprete di lavori firmati da artisti di fama internazionale, ha svolto la sua attività di coreografa, danzatrice e formatrice dentro e fuori i confini europei, partecipando a prestigiosi festival e piattaforme, tra cui: La Biennale Danza di Venezia, The Albania Meeting Dance Festival, RomaEuropa, MASDANZA. Come coreografa indipendente crea importanti produzioni per compagnie internazionali come National Theatre Mannheim, Staatsoper Hannover, Scottish National Ballet, Introdans e Nederlands Dans Theater 2. È direttrice artistica e co-fondatrice del progetto KOMOCO e artista associata Sosta Palmizi.


info e prenotazioni
Acquistabili alle specifiche tariffe della Stagione Teatrale del Teatro Petrarca presso la relativa biglietteria.
Per info 0575 1739608 - 0575 377438-439 - teatri@fondazioneguidodarezzo.com

Biglietteria in loco aperta il giorno dello spettacolo dalle 10 alle 13 e dalle 17:00 alle 21:00
Prevendita su www.discoverarezzo.com (costo biglietto + d.p)  




  


Associazione Sosta Palmizi 

Tel. 0575 630678 / Cell. 393 9913550 - Email: info@sostapalmizi.it

www.sostapalmizi.it


Giorgio Griffa e Riccardo Guarneri. Prorogata fino al 7 maggio 2023 la mostra che Kromya Art Gallery di Lugano dedica ai due artisti, esponenti di spicco della Pittura Analitica.

 


Giorgio Griffa e Riccardo Guarneri

14 febbraio - 7 maggio 2023

Kromya Art Gallery, Lugano 



È stata prorogata fino al 7 maggio 2023 la mostra che Kromya Art Gallery Lugano dedica agli artisti Giorgio Griffa e Riccardo Guarneri, esponenti di spicco della Pittura Analitica, una corrente artistica alla quale la Galleria ha sempre riservato grande attenzione. Entrambi gli artisti, invitati da Christine Macel, hanno partecipato alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia (2017), con una sala a loro dedicata.

Una ricerca pittorica, quella di Griffa e Guarneri, di grande attualità̀ che, negli ultimi cinquant’anni, ha saputo cambiare, rimanendo tuttavia fedele a se stessa, attraverso la restituzione di opere analitiche, puntuali, precise, in cui quello che si vede è quello che è.

Il percorso espositivo comprende una quarantina di lavori realizzati dagli anni Sessanta ad oggi da due artisti che, seppur in maniera diversa, hanno fatto parte di quella che la storia dell’arte ha definito solo in anni recenti come Pittura Analitica, e che a lungo è stata indicata come Pittura PitturaNuova Pittura o Pura Pittura.




La Pittura Analitica si oppone all’ideologia del decennio precedente, ponendo al centro non più il sistema che sta intorno all’opera d’arte, bensì l’opera d’arte stessa, generando un nuovo punto di vista. Le verità del decennio precedente vengono messe da parte: l’incertezza del risultato, il dubbio permanente e la devianza da un percorso lineare rimangono alcuni fattori salienti di un’esperienza che si oppone a qualsiasi aspetto dottrinario. Alla teoria si affianca la prassi. L’opera diventa una sorta di diario di bordo, una descrizione in divenire del proprio operare che perde la sua aura per diventare, appunto, prassi. Tutto ciò ha reso la Pittura Analitica peculiare, tanto da poterla definire un movimento / non movimento. D’altra parte, facendo proprie le teorie di Nietzsche e Heidegger, sono giustappunto gli anni Settanta a erodere la concezione unitaria della storia, aprendo così le porte a una nuova epoca, in anticipo rispetto ad alcuni principi propri del Postmoderno e della Transavanguardia.
 
Griffa e Guarneri, insieme ai loro compagni di viaggio, hanno indicato una nuova strada: trattasi di arte e artisti liberati dalla retorica informale, dall’accademismo astratto e, soprattutto, dal dogma minimalista. È questa la rivoluzione silenziosa degli anni Settanta, dove la pittura è intesa come mezzo, e non più come fine, per riappropriarsi di un linguaggio e di una rinnovata creatività, dove il manufatto assume nuovamente un proprio ruolo, così come il processo operativo. La luce della pittura si manifesta come segno, traccia e colore, i quali si uniscono in questo modo al quarto elemento della storia dell’arte: lo spazio.



Iononrappresentonullaiodipingo: questo lo slogan programmatico di Griffa già nel 1973. Per lui dipingere significa lasciare un segno sulla superficie grezza della tela, un segno che porta con sé tutta l’eredità della storia dell’arte, dalle grotte di Lascaux alle Avanguardie, un segno che dialoga con le pieghe della tela ora diventata parte integrante dell’opera stessa, in linea con i colleghi francesi del gruppo Support/Surface (Louis Cane, Noel Dolla, Claude Viallat, Daniel Dezeuze).
 
Guarneri, invece, è più vicino alla poetica astrattista di Dorazio, ma con una "musicalità" diversa: colori tenui che arrivano da una tradizione tipicamente fiorentina quattrocentesca, con tracciati minimi realizzati con matita e tecniche miste acquerellate dagli effetti calligrafici, dove l’oriente entra in punta di piedi. Lascia che sia la luce stessa a decidere il colore: il colore-luce, a suo avviso, deve ipotizzare un nuovo modo di vedere, allargando e aumentando il campo della percezione.


INFO E CONTATTI


L’esposizione è visitabile fino al 7 maggio 2023 nei seguenti giorni e orari: lunedì, martedì, giovedì e venerdì 10:00-16:00, mercoledì e sabato su appuntamento. 
Ingresso libero

T. +41 919 227000 - Email: tecla@kromyartgallery.com


PAOLO MASI. Il nomade dell'arte. A Villa Brandolini di Pieve di Soligo, in mostra oltre 60 opere del maestro fiorentino, presentazione e testo a cura di Carlo Vanoni.

 


PAOLO MASI. Il nomade dell'arte

Testo a cura di Carlo Vanoni

2 - 30 aprile 2023
Inaugurazione: Domenica 2 aprile, ore 16:30

Villa Brandolini, Pieve di Soligo (TV)

"Paolo Masi. Il nomade dell'arte" in mostra, dal 2 al 30 aprile 2023, a Villa Brandolini di Pieve di Soligo (TV), una delle più significative fra le ville venete, restaurata per volontà dell'Amministrazione comunale.

La mostra è promossa dalla Galleria FerrarinArte di Legnago (VR), che da anni rappresenta l'artista Paolo Masi e ne promuove la ricerca, con il contributo della Città di Pieve di Soligo e la collaborazione di Fuori catalogo Circolo anche Culturale.

L'inaugurazione si terrà domenica 2 aprile alle ore 16.30, alla presenza dell'artista, di Stefano Soldan, Sindaco del Comune di Pieve di Soligo, di Luisa Cigagna, Assessore alla Cultura, e di Carlo Vanoni, autore del testo critico in catalogo.





Il percorso espositivo comprende oltre 60 opere del maestro fiorentino, esponente della "Pittura Analitica" e protagonista indiscusso nel panorama artistico italiano. Accanto ai lavori storici, sarà esposto un cospicuo nucleo di opere di recente produzione, alcune delle quali inedite, che evidenziano la continuità di una ricerca avviata negli anni Sessanta e mai interrotta.

«Paolo Masi è il vagabondo dell'arte - scrive Carlo Vanoni - il viaggiatore che incarna un innegabile rischio morale, e ciò proprio in quanto portatore di novità. Perché l'artista, nella sua essenza, rappresenta l'irruzione, lo straripamento, ciò che prevedibile non è. In Paolo Masi nulla è prevedibile. Con i suoi cartoni ha dimostrato di essere sempre pronto al cambiamento. E allora qui, dentro la villa un tempo dimora della nobile famiglia veneta, ma di antiche origini forlivesi, Masi allestisce il suo accampamento con maestosi cartoni; con sentinelle (stele) che fanno la guardia; con dittici, trittici e polittici, che sono immagini indelebili dei suoi precedenti viaggi, sono il passaporto per accedere a nuove frontiere; con segni, tracce e colori che segnano il tempo che passa, dagli anni Sessanta fino a oggi».

Materiali d'elezione per Paolo Masi, un tempo "analitico" e oggi libero da qualsiasi etichetta, sono il cartone e il plexiglas, combinati al segno e al colore per dare vita ad una nuova sintassi. Caratteristica della mostra di Villa Brandolini è l'uso di cartoni di grandi dimensioni, lavorati appositamente per gli ampi spazi della dimora storica, un tempo abitata dalla nobile famiglia veneta.




Nel corso della mostra saranno presentati il libro "Paolo Masi. A modo mio", con testi di Giorgio Bonomi, Anthony Molino e Rosita Lappi, e il catalogo "Il nomade dell'arte", con il testo di Carlo Vanoni e la documentazione fotografica delle opere esposte.



INFO E CONTATTI

La mostra è visitabile il sabato con orario 16:00-19:00, la domenica ore 10:00-12:00 e 16:00-19:00, gli altri giorni su appuntamento, chiuso nelle giornate festive. 
Ingresso gratuito

T. +39 0442 20741- Email: info@ferrarinarte.it




Paolo Masi 
è nato l'11 maggio 1933 a Firenze, dove vive e lavora. La sua azione artistica, strettamente legata a una continua sperimentazione sul modo di operare e trasformare i materiali, si muove in continua tensione verso nuove ricerche, individuando di volta in volta nuove soluzioni. Alla prima personale nel 1960 alla Strozzina a Firenze seguono numerose mostre nelle principali gallerie italiane ed europee: Numero (Firenze), Cenobio (Milano), L'Aquilone (Firenze), Schema (Firenze), Christian Stein (Torino), Lydia Megert (Berna), d+c Mueller Roth (Stoccarda), Thomas Keller (Monaco), Primo Piano (Roma), La Polena (Genova), Ariete (Milano), La Piramide (Firenze), Centro d'Arte Spaziotempo (Firenze), Galleria Studio G7 (Bologna), Fondazione Mudima (Milano). Dopo il confronto con le sperimentazioni post-informali e la ricerca nell'ambito dell'astrazione e del Neoconcretismo, si avvicina alle contestuali esperienze analitico-riduttive, scomponendo e riorganizzando sul pavimento e a parete aste di alluminio, specchi, fili o piccole stecche di plexiglas colorato che estendono anche alla terza dimensione la ritmicità dello "spazio-colore". Ritorna alla bidimensionalità attraverso il progetto "Rilevamenti esterni-conferme interne" (1974-76), sviluppato all'esterno con foto Polaroid di tombini, muri e pavimenti iniziate nel 1974 a New York e, contemporaneamente, all'interno dello studio con le "Tessiture" (tela grezza cucita) e i "Cartoni da imballaggio", dove utilizza per la prima volta adesivi trasparenti e coprenti, facendo emergere la struttura interna del materiale. Nel 1974 Masi è fondatore, insieme a Maurizio Nannucci e Mario Mariotti, di un collettivo che gestisce lo spazio no profit "Zona" a Firenze, esperienza che troverà la sua continuazione nel collettivo "Base" a partire dal 1998. Si ricordano le partecipazioni alle mostre collettive "I colori della pittura. Una situazione europea" (a cura di Italo Mussa, Roma 1976); XXXVIII Biennale di Venezia (1978); XI Quadriennale romana (1986); "Kunstlerbücher" di Francoforte; Erweiterte Photographie "Wiener Secession", Vienna (1980); "Livres d'artistes", Centre Georges Pompidou, Parigi, (1985); "Arte in Toscana 1945-2000", Palazzo Strozzi, Firenze, Palazzo Fabroni, Pistoia (2002), "Pittura Analitica. I percorsi italiani 1970-1980", Museo della Permanente, Milano (2007) e "Alla Maniera d'Oggi. Base a Firenze", Chiostro di San Marco, Firenze (2010); "La Torre di Babele", Ex fabbrica Lucchesi, Prato (2016), "Versus. La sfida dell'artista al suo modello in un secolo di fotografia e disegno", Galleria civica, Modena (2016), "Pittura Analitica. Ieri e oggi", Mazzoleni Art, Londra - Torino (2017); le personali a Bludenz (2014), al Museo d'Arte Contemporanea di Lissone (2014), alla Fondazione Mudima di Milano (2014). Nel 2013, in occasione della mostra allestita presso Frittelli arte contemporanea a Firenze, viene pubblicato il volume monografico "Paolo Masi. La responsabilità dell'occhio" a cura di Flaminio Gualdoni.Nel 2014 Masi presenta l'installazione "Riflessioni Riflesse" nel chiostro della Basilica di Sant'Ambrogio di Milano, quindi nel Cortile del Palazzo dell'Archiginnasio a Bologna (2015), in Piazza San Fedele a Milano (2016) e l'opera "Camminate come figli della luce" nella Chiesa di Sant'Eufemia a Verona (2016). Nel 2016 partecipa alla collettiva "Interrogare lo spazio" a cura di Luigi Meneghelli presso la galleria FerrarinArte di Legnago (VR) cui segue, nel 2017, organizzata dalla stessa galleria, la mostra "Pittura analitica origine e continuità" che, curata da Giorgio Bonomi con Michele Beraldo e Alberto Rigoni si tiene presso Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, la Rocca di Umbertide Centro per l'Arte Contemporanea di Umbertide e la Rocca Roveresca di Senigallia. Nel 2018 il Museo MA*GA di Gallarate gli dedica la mostra antologica "Paolo Masi. Doppio Spazio", a cura di Lorenzo Bruni e "Le Murate. Progetti Arte Contemporanea", centro di arte contemporanea del Comune di Firenze, produce la mostra "Paolo Masi. QUI", a cura di Valentina Gensini, commissionando 12 opere monumentali appositamente concepite e realizzate per il complesso monumentale. La personale "Paolo Masi, Pittura, vibrazione e segno. 60 anni di ordinata casualità", organizzata da FerrarinArte e curata da Matteo Galbiati, ne celebra in modo antologico il lavoro con mostre presentate, tra il 2019 e il 2021, presso la Kromya Art Gallery di Lugano (Svizzera), Palazzo del Monferrato ad Alessandria, da FerrarinArte a Legnago - in questa occasione è stata editata l'omonima monografia per i tipi di Silvana Editoriale - presso la Rocca di Umbertide Centro per l'Arte Contemporanea di Umbertide e Palazzo Ravasio a Verona. Nel 2022 inaugura "La continuità del segno" presso Kromya Art Gallery di Verona, da cui il titolo della monografia pubblicata da Vanillaedizioni, successivamente presso il DAV - Dipartimento di Arti Visive di Soresina (CR) espone per la prima volta la serie scultorea "Steli" nella mostra "A Modo Mio", curata da Anthony Molino e da Francesco Mutti.


lunedì 27 marzo 2023

… del sogno un ponte. Alla Casa di Rigoletto di Mantova, la mostra personale di Federica Aiello Pini, a cura di Carlo Micheli.

 


… del sogno un ponte

Mostra personale
di
Federica Aiello Pini

A cura di Carlo Micheli

dal 7 al 25 aprile 2023
Inaugurazione: Venerdì 7 aprile ore 18.30

Casa di Rigoletto
Piazza Sordello 23 - Mantova

Con il Patrocinio del Comune di Mantova

INFO E CONTATTI
Orari
Tutti i giorni dalle ore 09:00 alle ore 18:00

Email: info@infopointmantova.it - Tel. 0376 288208

Ingresso libero

Grafica e comunicazione: MetAlternativa
Mediapartner: Frattura Scomposta contemporary art magazine



Di tutto restano tre cose:

la certezza che stiamo sempre iniziando,

la certezza che abbiamo bisogno di continuare,

la certezza che saremo interrotti prima di finire.

Pertanto, dobbiamo fare:

dell’interruzione, un nuovo cammino,

della caduta un passo di danza,

della paura una scala,

del sogno un ponte,

del bisogno un incontro


- Fernando Sabino -


Dopo numerose partecipazioni a mostre e premi in Italia e nel resto d'Europa, Federica Aiello Pini ha vissuto per un lungo periodo a Panama, luogo che ha inevitabilmente segnato il suo percorso artistico, maturando in lei una cifra stilistica che si rifà a quei luoghi incantati, fatta di segni e colori intensi, alternati a delicati accostamenti condotti sul filo della memoria. "... del sogno un ponte" Il titolo della mostra personale che l'artista propone alla Casa di Rigoletto di Mantova, per la cura di Carlo Micheli, è tratto da una poesia dello scrittore sudamericano Fernando Sabino.

Vi sono artisti "bigami" per i quali l'arte e la vita reale non devono mai incontrarsi, come moglie ed amante; altri, i "monotoni", che pretendono di fare assurgere la propria quotidianità ad esperienza artistica; oppure i "mistici", talmente propagginati nella propria ricerca, da ignorare gli eventi circostanti; infine ci sono i "sensitivi", artisti dotati di raffinati sensori, capaci di una costante e arricchente contaminazione tra testa e cuore, tra intuizione e razionalità, tra poesia e vita vissuta.


Al novero di questi ultimi appartiene Federica, che ritrovo a distanza di alcuni anni, di tante esperienze, persino di qualche continente e riannuso la sua profonda sensibilità, mutata ma intatta. Più matura concettualmente, più misurata nella gestualità, più attenta alle sfumature, ma sempre lieve, elegante ed eterea nel porsi, quanto rigorosa e intransigente sul piano artistico. 

Si resta rapiti dalle atmosfere esotiche dei suoi dittici/trittici, dai quali emana un'idea romantica di biodiversità, ma che sanno emergere dalla sterilità del dire, per indicare come il gesto artistico possa divenire azione e proposizione.

Un'elaborazione del vissuto che si fa immagine, mai mimetica ma spirituale, camminando leggera sul filo di ricordi affievoliti dal presente.

Ci osservano dalla tela Penelopi determinate -reminiscenze della parentesi panamense- donne dell'etnia Kuna che costruiscono, nodo dopo nodo, la propria emancipazione attraverso i saperi antichi della tessitura delle molas. Un lavoro frutto di tradizioni secolari immutabili, erette a protezione dell'identità culturale di quel popolo, ma al tempo stesso motivo di conoscenza e autodeterminazione. Il valore simbolico di queste opere è sottolineato dal progressivo sfaldarsi delle figure, a vantaggio di una realizzazione più indefinita, quasi astratta, un elogio della conoscenza come unico vero strumento di libertà e crescita.



Nella serie dei baci, invece, l'artista ci proietta in una dimensione utopica, dove avviene la perfetta fusione tra i dualismi, tra materiale e spirituale, tra luce e ombra, così come sempre accade nel complesso della sua arte, costantemente in equilibrio sul crinale incerto che separa pretestuosamente realismo e astrazione.

E per finire i collages, strappi col e dal passato, brandelli di opere lontane ma non totalmente sacrificabili, che velano, svelano, rivelano... Lacerti di pelle a risarcire ferite, a mitigare eccessi luminescenti, a sottolineare momenti cruciali. Inclusioni nel recente fare di Federica, dosate col rispetto dovuto al vissuto, ma con lo sguardo rivolto al sarà, col cuore gettato oltre l'ostacolo, oltre la temporalità percepita.

- Carlo Micheli -