giovedì 21 novembre 2024
Free Love Chronicles. Alla Glenda CinquegranaArt Consulting di Milano, la prima mostra personale in Italia dedicata al fotografo cinese Lin Zhipeng, a cura di Rebecca Delmenico.
SHREDS OF LIGHT. Ad Officinenove Studio di Roma, la mostra dell'artista Eozen Agopian che darà il via ad una residenza d'artista, a cura di cura di Giorgio de Finis e Monica Pirone, con la partecipazione del compositore Cometa.
Shreds of light
di
Eozen Agopian
In residenza
A cura di Giorgio de Finis e Monica Pirone
Sound design Cometa
Vernissage: Sabato 23 novembre 2024 ore 18.00
Finissage: Sabato 7 dicembre 2024 ore 18.00
Residence day Eozen Agopian-Monica Pirone 30 novembre 11-18.30
E’ con vero piacere che Officinenove Studio, con il Patrocino del Municipio Roma IV, presenta la mostra SHREDS OF LIGHT dell’artista Eozen Agopian a cura di Giorgio de Finis e Monica Pirone e con la partecipazione del compositore Cometa, dal giorno 23 Novembre alle ore 18.00 fino al 7 dicembre 2024 alle ore 18.00.
La mostra darà il via ad una residenza d’artista in cui Agopian produrrà delle opere qui a Roma che saranno presentate alla chiusura il 7 dicembre dalle 18 in poi e che saranno la conclusione di questa esperienza.
Il 30 novembre dalle 11 alle 18.30, protrete partecipare ad una giornata in cui Agopian incontrerà l’artista visuale Monica Pirone (fra le fondatrici di Officinenove ed oggi Collettivo che attrae artisti di diverse discipline); insieme animeranno un open day residence, dove il pubblico potrà partecipare portando fili, frammenti di stoffe, lavori ad uncinetto, lane, vecchi resti di abiti, tutti elementi che costituiscono le opere di Agopian e foto d’epoca, carte di vecchie lettere, imballaggi, illustrazioni di antiche riviste e frammenti di carte di ogni genere, legate alle tecniche di Pirone, tutti insieme faremo parte di questa opera “collettiva”.
Tutta la durata della mostra, eccetto la domenica, si potrà andare in visita ad Officinenove, previa prenotazione , lì potrete conoscere meglio l’artista, scambiare opinioni, vedere come procede nel lavoro, dalle 11 alle 17 circa la troverete all’opera e sarà una buona occasione per approfondire la conoscenza.
Uno dei curatori Giorgio de Finis, che nel 2019 ha avuto modo di conoscere l’opera di Agopian, nel testo critico così parla di questa artista:
“Il cucire, il tessere, l’intrecciare, anche in epoca contemporanea, continuano a figurare nella produzione delle artiste, molte delle quali hanno guardato, con finalità identitarie e in chiave di rivendicazione di genere, proprio a pratiche che tradizionalmente relegavano la donna alla sfera domestica. Sarebbe riduttivo, ce ne guardiamo bene, confinare il lavoro di Eozen Agopian nell’ambito della fiber art. Anzi è proprio lo “sconfinamento” (e l’incontro che ne consegue) la chiave per leggere i montaggi di questa artista greca, naturalizzata americana, che più che a Penelope mi fa pensare ad Ulisse, a Hermes piuttosto che a Hestia. Più precisamente all’Arlecchino come ce lo ha descritto Michel Serres, vestito di stracci colorati cuciti insieme (iridati, zebrati, ocellati…la lista degli aggettivi è pressoché infinita) che una volta dismessi (al termine di uno strip teese sulle cui ragioni il filosofo, fino al colpo di scena finale, non si attarda) svelano un corpo interamente tatuato, solcato nella pelle dal suo infaticabile peregrinare. Il viaggio ha reso Arlecchino la carta geografica dei suoi viaggi. Cucire insieme mondi diversi e lontani, in questo mi sembra consista principalmente il lavoro di Eozen,….”
(All’opra femminile intenta, sedevo assai scontenta di Giorgio de Finis)
Con questa mostra si conferma la nuova attività di Officinenove Studio che a differenza della precedente Officinenove, promuove e dona assistenza e location, ad un gruppo di artisti di riferimento che nel tempo hanno collaborato con lo spazio, mantenendo alto lo scopo di sperimentazione e ricerca artistica e limitando le esposizioni ad un reale interscambio con i componenti del Collettivo di Officinenove.
BIO
Eozen Agopian è nata ad Atene (Grecia) nel 1960, ha conseguito un Master of Fine Arts al Pratt Institute di Brooklyn, N.Y. nel 1993, una laurea in Belle Arti, *magna cum laude*, presso Hunter College, N.Y. nel 1989 ed un diploma in Graphic Design al F.I.T, N.Y., N.Y. nel 1987. Da allora la sua attività si svolge tra Atene e New York e proprio qui nel 2014, ha condotto un Laboratorio di arti tessili presso l’Immigrant Moviment International Queens Museum di NY (2014). Nel 2019 ha partecipato ad una residenza d’artista proprio ad Officinenove a Roma. Dal ’93 sono molte le mostre e le residenze che ha svolto a New York e per il prossimo anno dopo questa in Italia, è già in programma una residenza di sei mesi presso l’ArtCake di Brooklyn, a partire dal prossimo febbraio.
OFFICINENOVE STUDIO
Via del Casale Galvani 9 - Roma
Email: officinenovestudio@gmail.com
La mostra, e la residenza d’artista, è aperta tutti i giorni dalle 11 alle 18 circa, eccetto la domenica.
Per info riguardo all’evento del 30 novembre o per visionare la mostra,
inviare un messaggio al numero +39 338 38 11 871
lunedì 18 novembre 2024
L’Io, noi e i luoghi. In occasione di Roma Arte in Nuvola 2024, gli artisti Marilina Marchica e Gabriele Salvo Buzzanca, presentati da SACCA gallery con la curatela di Giovanni Scucces, ne forniscono una propria lettura attraverso opere dal taglio prevalentemente paesaggistico.
SACCA gallery a Roma Arte in Nuvola
22 – 24 novembre 2024
(con preview su invito il 21 novembre)
“L’Io, noi e i luoghi”
Artisti
Marilina Marchica e Gabriele Salvo Buzzanca
La galleria SACCA di Modica è fra le 140 gallerie d’arte provenienti da tutta Italia e dall’estero presenti alla quarta edizione della fiera internazionale di arte moderna e contemporanea "Roma Arte in Nuvola" che si tiene nella capitale dal 22 al 24 novembre 2024 all’interno dell’avveniristica “Nuvola” di Fuksas (preview su invito il 21).
Il progetto presentato, intitolato “L’Io, noi e i luoghi”, punta l’attenzione sui rapporti che intercorrono fra l’uomo e l’ambiente circostante sia in un’ottica intima e personale (l’Io) che di comunità e collettiva (noi).
I luoghi che abitiamo e di cui ci “nutriamo” influenzano e forgiano le nostre personalità e identità. Sono portatori di valori e significati ad essi associati che entrano in relazione con la nostra sfera personale.
In occasione di Roma Arte in Nuvola 2024, gli artisti Marilina Marchica (Agrigento, 1984) e Gabriele Salvo Buzzanca (Barcellona Pozzo di Gotto, ME – Venezia, 1986), presentati da SACCA gallery con la curatela di Giovanni Scucces, ne forniscono una propria lettura attraverso opere dal taglio prevalentemente paesaggistico.
“Per paesaggio – citando l’art. 131 del Codice dei beni culturali – si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. Il paesaggio, quindi, è il frutto della relazione dinamica fra uomo e territorio. È il risultato delle diverse sedimentazioni susseguitesi nel corso del tempo. Pertanto, esso è in continua trasformazione. Si tratta di un processo che, a seconda dei casi, può essere estremamente lento o veloce rispecchiando i cambiamenti che avvengono nelle società di ogni tempo e di conseguenza anche nell’uomo. Ad esempio, la globalizzazione e l’omologazione caratterizzanti la nostra epoca incidono inevitabilmente anche sul paesaggio. Nascono, ad esempio, i “non luoghi” (1992, Marc Augé), spazi anonimi e privi di identità. E tutto ciò non può che ripercuotersi anche sulle nostre esistenze.
Lo possiamo ravvisare di fronte ai personaggi provati di Buzzanca, immersi in ambienti anonimi, o dinnanzi ai suoi paesaggi artefatti. Ma anche nel processo inverso portato avanti dalla Marchica attraverso la ricerca e il recupero delle identità dei luoghi e al forte potere evocativo dei suoi sintetici “landscapes”.
Gli artisti divengono interpreti dei cambiamenti. Con le loro opere pregne di significati, si fanno portavoce del nostro tempo, con le nostre paure, speranze e stati d’animo.
Marilina MARCHICA
Nelle opere di M. Marchica il paesaggio viene condotto al limite dell’astrazione attraverso un processo di sintesi e rimozione del superfluo per giungere ad ambienti scarni di dettagli, ma carichi di senso. Visioni poetiche e rarefatte depositarie di memorie e sentimenti. E appunto per questo, delicati e “fragili” proprio come alcune peculiarità riscontrabili nei suoi lavori: l’impiego di carte, ossidi minerali, terre, calchi e, più in generale, materiali poveri o di recupero.
La loro evanescenza fa riaffiorare ricordi lontani, crea ponti con il vissuto (personale o dei luoghi) e inevitabilmente anche con la sua terra natia. Una Sicilia ricca di distese e altipiani che, nei periodi più caldi, diventano ampie radure brulle delimitate all’orizzonte dal cielo o dal mare fino a giungere a una sintesi perfetta come nei suoi “Landscapes”. Questi sono i suoi paesaggi, luoghi dell’anima che è possibile ritrovare in ognuno di noi.
Luoghi, memorie e sentimenti riscontrabili anche nei suoi “Frammenti”, altra serie di lavori della Marchica in cui vengono sedimentanti, “strappandoli” all’oblio, resti e tracce di vita vissuta. Possono essere testimonianze legate a un’intera comunità, come nel caso degli strappi, dei calchi e dei frottage su Poggioreale, nel trapanese; o alla propria vita privata e familiare, come nel caso del recupero e del riutilizzo di materiali vari ritrovati nelle abitazioni di famiglia nell’agrigentino, oramai disabitate. Potremmo definire questi lavori come “micropaesaggi significanti” permeati di memorie o del genius loci di quei luoghi, in cui il processo in sé diventa quasi più rilevante della forma e dell’aspetto puramente estetico. In tutto il suo lavoro traspare la volontà (o la necessità…) di recuperare e tutelare il passato più prossimo (sia nel tempo che nello spazio), cercando di cogliere l’essenza di un luogo, “intrappolandola” e salvaguardandola a futura memoria.
Gabriele SALVO BUZZANCA
Nelle opere di G. S. Buzzanca la presenza umana diventa straniante. Ci troviamo di fronte a esseri turbati, svuotati, attoniti. Si tratta di vittime consapevoli di una società che non ammette debolezze e fallimenti. I personaggi sono ritratti all’interno di contesti vaghi, avulsi dalla realtà o persino immersi in contesti irreali.
Un mondo patinato, finanche incantevole, con paesaggi che appaiono a prima vista affascinanti, dai colori vividi, talvolta anche poco naturali. Essi possono celare insidie o mettere in luce temi “caldi” dell’attualità, il tutto mostrando uno scenario idilliaco, ma solo, appunto, in apparenza. In altre opere si può percepire una sensazione di stasi, come di attesa di un qualcosa di nuovo all’orizzonte. Scenari che accolgono le proiezioni emotive dell’artista e del nostro tempo perché, proprio come affermato dal filosofo svizzero Henri-Frédéric Amiel, "qualsiasi paesaggio è uno stato d'animo".
INFO E CONTATTI
Echi del silenzio. A ChiAmaMilano Onlus di Milano, la mostra personale di Cristina Sirizzotti, a cura di Mara Cozzoli dell'Associazione Culturale infinityArt.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Associazione culturale infinityArt
Presenta
Echi del silenzio
Mostra personale
di
Cristina Sirizzotti
A cura di Mara Cozzoli
Progettazione grafica Stefano Cozzoli
Presso ChiAmaMilano, via Laghetto, 2 - Milano
25 novembre - 6 dicembre 2024
28 novembre 2024 ore 18.00 conferenza sulla violenza psicologica
Interviene:
Sonia Scarpante, presidente Associazione “La cura di sé” e docente in scrittura terapeutica
In “Echi del silenzio” l’arte figurativa di Cristina Sirizzotti volge lo sguardo a quanto non è visibile, spostando la propria attenzione in direzione di ciò che si muove al di sotto di un iceberg, dell’inimmaginabile.
Un percorso, dunque, che vuole sottolineare le conseguenze psicologiche che travolgono la donna nel corso di anni di abusi e brutalità.
L’uso ben padroneggiato del colore che vede combinarsi negli sfondi differenti tonalità e i passaggi dal freddo al caldo, assolve la funzione di trasferire al fruitore un preciso stato d’animo, un caos interstellare di emozioni in attesta di essere riconosciute
Le donne, blindate nel tempo e nello spazio rappresentato da una tela, divengono protagoniste di una sofferenza psichica originata da un rapporto estremamente tossico da strappar loro l’identità, una violenza, spesso, irriconoscibile.
Un intreccio pittorico nel quale emergono non solo la paura e la vulnerabilità nel sentirsi nelle mani dell’altro, ma anche la vivificazione di un contesto sociale che tutto soffoca.
A tal proposito, la presenza di “Lucifero“ assume una duplice valenza.
Sotto un primo aspetto si tramuta nella personificazione della colpa collettiva che giustifica la brutalità attraverso il silenzio, un apparato che, pur di mantenere il controllo, abbassa lo sguardo innanzi all’intrinseca sofferenza.
D’altro canto incarna l’uomo dominante, le cui ali assurgono a emblema delle capacità insite in quest’ultimo di risucchiare la vita e la mente, un uomo il cui sistema di valori è completamente malato.
Ogni sua parola è veleno, ogni promessa è menzogna e dietro al suo sorriso si cela l’ombra di una storia di dolore e umiliazione, figlio anche di una riprovevole sotto cultura che mai può, comunque, giustificare l’agito.
Un circuito da cui è possibile sganciarsi, così racconta l’opera “Essenza di Donna” un nudo in cui il soggetto femminile è raffigurato consapevole di sé e, a suggerirlo, è la postura dal quale traspare il compiuto disacco dalla sfera di controllo dell’abusane e, conseguentemente, da colui che fino a quel momento ne ha condizionato l’esistenza, causando ansia, instabilità emotiva e conducendo, spesso, al disturbo della condotta alimentare.
Isolate e amputate, pertanto, nel corpo e nella psiche da ingranaggi posti in essere coscientemente, il cui fine è usurparne la natura per renderle oggetto di proprietà in nome di una folle dipendenza.
Donne dentro a un frullatore, lacerate nella loro autostima, imprigionate nella distorta visione di essere inette al ruolo di madre, o mogli e compagne incapaci a gestire una relazione.
Donne colpevoli senza fondamentalmente esserlo.
Nell’opera “Metamorphosis “ la protagonista immersa in un’atmosfera inquietane e piegata dal peso di un doloroso sentire, si lascia sovrastare dall’impeto di una cascata, simbolo della vita capace di nutrire i germogli che le fuoriescono dal capo.
Una scena, quindi, metafora della presa di coscienza rispetto al binomio passato / presente e dell’impellente necessità di una svola futura.
Nell’autrice è presente, inoltre, la componente affettiva.
In “Gli amanti” assume rilievo l’amore che, per definizione, è incompatibile con la coercizione.
Una sfera in cui non esiste: “Hai potere su di me perché facciamo sesso”.
Ma basta il dubbio, generato da un attimo di lucidità, a intraprendere un duro percorso volto a ribaltare una condizione devastante e, allora, subentra “Autoritratto in pop art“ in cui la donna moderna indossa le vesti di una guerriera che, con la sua forza interiore e la complessità delle sue sfaccettature, affronta ogni sfida con caparbia.
Non si limita a una sola definizione, ma si qualifica attraverso la scelta cromatica e ogni colore rappresenta una caratteristica della sua unicità: madre, professionista, amica, sognatrice.
Ogni parte di sé è una risorsa, fonte di resilienza che le permette di superare ogni difficoltà.
La sua potenza non è solo nel fisico, ma anche mentale ed emotiva.
La donna moderna non è una sopravvissuta, bensì una vincitrice capace di riscrivere ogni giorno la propria storia con passione, audacia e speranza.
In Cristina Sirizzotti non manca la sana provocazione quella che induce a guardare la problematica da diverse angolature, a osservare l’altra faccia della medaglia e la violenza, allora, vede come attore passivo l’uomo.
In “Pensiero conturbante“ la figura maschile inclina il suo cereo volto a sinistra, occhi semichiusi e il buio intorno a sé.
Un “morto in vita“, tormentato da profondi contrasti e dall’inevitabile senso di vergogna, vittima di una fine, subdola e brutale manipolazione psicologica: non dobbiamo scordare, infatti, che in molti casi, la donna è spietata e maligna carnefice.
giovedì 14 novembre 2024
Alla Paula Seegy Gallery di Milano, la presentazione in anteprima del libro di Ugo La Pietra “Il Giardino delle Delizie”, pubblicato da Manfredi Edizioni. Per l’occasione intervengono Ugo La Pietra, autore del libro e Manuel Orazi, curatore della prefazione.
Ugo La Pietra. Il mio giardino
aperta fino al 30 novembre
Presentazione del libro
Ugo La Pietra
Il giardino delle delizie
Manfredi Edizioni
Martedì 19 novembre 2024 alle ore 18
Intervengono:
l'autore Ugo La Pietra
il curatore della prefazione Manuel Orazi
Nel corso dell’esposizione “Ugo La Pietra. Il mio giardino” presso la Paula Seegy Gallery, martedì 19 novembre alle ore 18 viene presentato in anteprima il libro di Ugo La Pietra “Il Giardino delle Delizie”, pubblicato da Manfredi Edizioni. Per l’occasione intervengono Ugo La Pietra, autore del libro e Manuel Orazi, curatore della prefazione.
Il volume esplora con un approccio innovativo e con creatività artistica la progettazione urbana, ponendo una speciale attenzione sugli effetti ambientali. La visione di La Pietra, che nella sua metodologia introduce i concetti di spettacolarità e concettualità, si traduce nella creazione di lavori di vario genere: disegni, fotomontaggi, acrilici, arazzi, gazebi e vasi da giardino trasformati in simbolici “vasi-città”.
Attraverso la conoscenza delle specie arboree e vegetali, l’artista collega artigianalità e progettazione offrendo una riflessione sui temi contemporanei come la relazione tra spazi pubblici e privati e i continui cambiamenti delle dinamiche sociali.
La mostra, aperta fino al 30 novembre, ospita un corpus di 27 opere in gran parte inedite tra acrilici su tela, su legno e lavori su carta, frutto della ricerca dell’artista - figura di spicco nel campo dell'arte, architettura e design - sul rapporto tra l’uomo e la natura, con una particolare attenzione ai giardini urbani e domestici.
Nei lavori in mostra, La Pietra esplora il tema del giardino come spazio reale e simbolico, topos a lui molto caro. L’artista infatti conduce da decenni una ricerca che si muove tra i territori dell'arte visiva e del progetto, mantenendo un’attenzione costante per i temi ambientali e urbani. In particolare, l’esposizione riflette sul ruolo del giardino come luogo di rifugio e contemplazione, oasi nell’arido contesto urbano contemporaneo, su cui l’uomo impone le proprie leggi di geometria e struttura. Il giardino diventa così una metafora della relazione tra artificio e natura, ordine e caos, in cui l’intervento umano cerca di definire e dominare le leggi dell’ambiente stesso. Al contempo, come afferma Ugo La Pietra, esso rimane “meta di riposo psicofisico, luogo dove coltivare contemporaneamente la spettacolarità e la concettualità, spazio organizzato per il piacere, espressione del superfluo, sinonimo di ‘paradiso’, paradigma di atemporalità e universalità”.
A questo proposito la serie “Il Giardino delle Delizie” (2020) evoca l’idea di quel giardino “paradisiaco” come spazio mentale in cui l’intervento umano si mescola armoniosamente con l’ambiente che lo circonda.
Tra i lavori più emblematici si distingue anche la serie dei “Gazebi” del 2023-24, come “Casetta alberata” e “Gazebo Gotico”, che ritrae piccoli rifugi immersi nel verde, dove l’artificio architettonico si sposa con l’elemento naturale.
Emerge con chiarezza un intreccio tra immaginazione e rigore progettuale, tra poesia e pragmatismo, un gioco tra geometria e l'imprevedibilità della natura. Attraverso il suo linguaggio Ugo La Pietra ci invita a guardare al giardino da prospettive diverse, come luogo di piacere estetico e come spazio di riflessione sulle dinamiche tra uomo e ambiente.
Accompagna la mostra la pubblicazione "Il mio giardino", edita dalla Paula Seegy Gallery, con introduzione di Ugo La Pietra, testi critici di Marco Meneguzzo e Simona Bartolena, e immagini di tutte le opere esposte.
INFO E CONTATTI
Il Giardino delle Delizie
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