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venerdì 30 settembre 2011

NICOLAS PASCAREL | LE CRI, GILBERTO. HAVANA CUBA

Vernissage Photo Exhibition Nicolas Pascarel - Le Cri, Gilberto. Havana Cuba 

French Institut of Naples, Italy 
5 October 2011 at 6 PM.



Ci troviamo a Cuba, L'Avana, circa nove mesi fa, io, Marcella Bellocchio, ricercatrice e analista di nuovi trend con Nicolas Pascarel il fotografo francese con cui collaboro. Uscendo dall’aeroporto internazionale José Martí, cercando qualcosa che ci aiutasse a capire come superare il disagio del nostro tempo, ci colpisce una frase di uno dei tanti giganteschi murales che riempiono le strade della Havana.
“Se stai aspettando un segno. E’ questo. Tutto inizia con la nostra vita.”
Gilberto, il protagonista della nostra storia, da più di trent'anni canta, con un metodo non privo di fantasia, beve caffè e, ogni tanto, salva qualche bel disco dal macero. Ci porta a casa sua. Ormai i dischi occupano ogni spazio. Ogni anfratto vitale, gli incombono sulla testa persino nel gabinetto. Gilberto vive da solo, al pianoterra di un edificio fatiscente, come ce ne sono tanti a L'Avana. All'età di ottant’anni, soffre di asma cronico vive con una pensione di 60 pesos cubani al mese, pari a 2 euro e 70 centesimi. Vive da solo in poco più di due stanze nel cuore della città vecchia. Ha osato essere un compositore di musica, bella musica, "la Guajira", ci racconta. E Gilberto canta senza strumenti, con una voce debole, non amara, come è lui tutt'altro che amaro rispetto alla vita. Non si lamenta, non si sente la vecchiaia addosso e ancora solo sogna un futuro migliore.
Circondati dai suoi ricordi, copertine di vecchi 45 giri, nastri, quaderni di scuola pieni di appunti e poesie d’amore quel sentore di disfacimento, di putredine, di claustrofobica oppressione, tutto sembra solo presagio di un cambio. Quest’incontro ci ha lasciato un’impressione assoluta e duratura: qualcosa di profondamente nascosto deve trovarsi dietro a ogni cosa.
Avvicinarci a Cuba attraverso la musica è stata la porta più intima e insieme più complessa che poteva succedere. La Guajira è un tipo di canzone cubana appartenente al genere musicale chiamato canción, normalmente interpretato da un singolo musicista che si accompagna con una chitarra. Il metro è sempre regolare ed è peculiare per il fatto che gli strumenti smettono di suonare quando l'interprete inizia a cantare. Cantano in solitudine, usano le note come lo farebbe un eremita, te le scagliano addosso ma non ti fanno male. Quando cantano, cercano di creare quell’essenziale solitudine ma anche un persistente senso di comunità. Ogni pezzo è una parte del tutto, un commento sul rapporto tra l'individuo e le masse. E mi vengono alla mente i milioni di semi di girasole, dell’ultima installazione di Ai Wei Wei alla Tate Modern di Londra “Sunflower Seeds”. Milioni di piccole opere di porcellana dipinte a mano, apparentemente tutte uguali, ma in realtà tutte uniche. La preziosità del materiale, lo sforzo di produzione, la narrazione e i contenuti personali sono un potente commento sulla condizione umana. Il lavoro di Ai Wei Wei continua a porre domande impegnative: cosa vuol dire essere un individuo nella società di oggi? Siamo insignificanti o impotenti se non agiamo insieme, cosa fare dei nostri crescenti desideri?
Il linguaggio fotografico di Nicolas Pascarel racconta la realtà, vita, la casa e il volto di Gilberto che continua a narrare come un huit clos cinematografico. Il fotografo scatta e si ripete e si ripete ancora seguendo le mille ripetizioni che il tempo passando fa fare a Gilberto. Queste macrofotografie ricostruiscono la condizione umana che i mille Gilberto, apparentemente uguali ma pur sempre diversi, ci fanno riflettere. Tante persone come noi, insoddisfatte stanno sedute davanti a un computer o percorrono ogni giorno chilometri per vendere prodotti di aziende che non hanno i soldi per pagare lo stipendio alla fine del mese. Alienati e derubati torniamo al lavoro, silenziosi e in profonda meditazione camminando per le vie, oltrepassando i tram, le auto e i passanti.
Qualcuno sogna il successo altri di farlo accadere, naturalmente si può sognare quanto ci pare, ma se stai aspettando un segno, oggi, il segno è questo: chiunque può cambiare il mondo; e tutti dovrebbero provare. Ciò che determina i risultati sono le motivazioni, non solo le vie della ricerca. Smettiamo di aspettare il momento giusto per fare quello che vogliamo fare, facciamolo adesso. La vita inizia alla fine della nostra/vostra comfort-life, e se ci stiamo abituando al disagio, questo non ci ucciderà. Ne usciremo più forti. Il successo non è solo quello che realizzi nella vita, si tratta anche di quello che ispiri agli altri a fare e realizzare.
Cuba è il paese del “no”. Quel no costituisce un test. Devi superarlo. È la grande muraglia di Cuba, tiene fuori gli “invasori” dicono. Il “no” potrebbe non diventare mai un “si”. Non smettere mai di sognare, questo è il segreto dei cubani, la sfida sta nelle passioni. Gilberto ci insegna a ritrovare il coraggio delle nostre idee a spingerci a fare dei cambiamenti, a fluire con l’esistenza. Ce la faremo. L’unica che si può trasmettere è la vita percorsa. Si rivestirà di sapienza indicherà regole e scoperte. Il suo vero valore – se riusciremo a conquistarlo – sarà nell’essere una forma di fare facendo e di dire dicendo. Anche se la parola sembra abbia perso la volontà di dire, e la vita la volontà di vivere, è questo stare in agguato per cogliere qualcosa di cui non si dice nulla che trasmette la motivazione. Il futuro è racchiuso nel presente. Gilberto ci dice della sua solitudine, una solitudine plurale. I mille semi di girasole e i mille Gilberto ci dicono che tutto inizia con la nostra vita.

 [ Testo di Marcella Bellocchio ]

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