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domenica 16 ottobre 2011

CARNAGE | Roman Polanski torna a parlare di ciò che si agita sotto la superficie delle convenzioni borghesi, in un film potente e ironico, interpretato da un grande cast

La completa dissoluzione delle convenzioni occidentali in un salotto. Roman Polanski torna a parlare di (falsi) valori borghesi, dell’apparenza contro la vera natura umana, di ciò che appare in superficie e ciò che si agita nel profondo. “CARNAGE”, tratto dal play “Le dieu du carnage” di Yasmina Reza, mette a nudo l’animo umano spogliandolo delle sovrastrutture della convivenza civile, contrapponendo due coppie di genitori che discutono, dapprima amichevolmente e poi via via sempre più violentemente, di un litigio tra i loro figli maschi, due bambini di undici anni, e della violenza che uno ha arrecato all’altro, forse inconsapevole della portata delle sue azioni.


75 minuti di instancabile sarcasmo, continue provocazioni, false gentilezze e una verbosità prolissa che resta chiusa nei 100 mq scarsi che vanno dal salotto al bagno: Carnage è l'esempio dissacratorio più riuscito di una rappresentazione "al chiuso" dopo Nodo alla Gola di Alfred Hitchcock, con la differenza che qui l'unico morto che ci scappa è la falsa cortesia che regge le umane convenzioni.






Il figlio di Kate Winslet e Cristoph Waltz ha picchiato quello di Jodie Foster e John C. Reilly mentre erano al parco, per questioni di appartenenza ad una banda. Spetta dunque ai genitori "adulti e maturi" incontrarsi in un pomeriggio qualunque per comporre la controversia in un appartamento di New York che, nonostante le ottime intenzioni iniziali, inaspettatamente diviene il palcoscenico per uno dei più snervanti e dissacratori scontri tra due perfetti campionari della media e dell'alta borghesia.




Con la sola forza dei dialoghi che va a supplire ad ogni forma di violenza fisica, le due donne e i due uomini riuniti sotto lo stesso tetto rompono ben presto il ghiaccio abbandonando le gentilezze tra sconosciuti per poi fare a pezzi le regole di una cortese ospitalità, denigrare le rispettive occupazioni e distruggere gli oggetti di rispettiva appartenenza in un gioco di attacchi e di fugaci alleanze, pronte a sbriciolarsi con il sopravvenire della prima provocazione gratuita.L'oggetto del contendere - l'educazione dei rispettivi bambini - è solo un pretesto che si allarga macroscopicamente investendo come una macchia d'olio i precari equilibri matrimoniali, il ruolo del marito e della moglie e le false realizzazioni personali dei litiganti, la cui diatriba finisce per trasfigurarli completamente nei bambini di cui discutono. 





Carnage sembra un gioco di squadra o, per lo meno, una diabolica partita a tennis tra due coppie che si sfidano al di qua e al di là della linea divisoria di una sala da tè, ma in realtà è un confronto senza vincitori nel quale ciascuno dei partecipanti si scopre solo, invischiato in una visita di cortesia che inspiegabilmente si è trasformata in una visita introspettiva e che di cortese ha ben poco, come ogni esperienza in cui si torna a se stessi.



Kate Winslet si conferma come una delle migliori attrici viventi ed è semplicemente straordinaria nei panni di colei che subisce la più grave trasformazione, dalla donna algida, manierosa e impeccabile a un'ubriaca fradicia che vomita insulti e non solo. Jodie Foster - anche lei premio Oscar - è l'alter ego della Winslet con la sua aria sciatta, struccata e palesemente marxista. Cristoph Waltz è un avvocato arrogante cinico e ossessivamente attaccato al cellulare per questioni lavorative improrogabili. John C. Reilly è il più simpatico e gigione della comitiva, schietto tanto quanto il suo alter ego maschile (Waltz) ma senza la stessa puzza sotto il naso.




Pur nella sua condizione di confinato ai domiciliari e di esiliato dagli Stati Uniti per i suoi guai con la giustizia, Roman Polanski riesce comunque a dimostrare come anche lui, sol che lo voglia, possa riuscire ad ingabbiare il sogno americano fra quattro anguste mura e farlo diventare un incubo per mezzo di quattro favolosi interpreti, che altro non sono se non semplici proiezioni del suo ego in piena protesta.




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