Viviamo in un’epoca di oscuri paradossi e labili certezze.
La provvisorietà non è più uno status da superare in quanto premessa necessaria
a una stabilità personale economica o di crescita interiore. Viviamo
l’insicurezza di chi non ha più eroi cui far riferimento, non abbiamo esempi da
seguire né tanto meno da emulare. È l’effimero a permearci con terapie
televisive sistematiche a posologia quotidiana. I nuovi eroi hanno l’aura e il
carisma di mastro lindo, le autorità garanti sembra quasi che abbiano il compito
di fornire la persuasione che il vuoto
che dilaga sia, in effetti, lo status ottimale e che in fondo si sta tutti,
tutti bene. Si apre un giornale, si ascolta un notiziario e la sensazione è
quella di essere proiettati verso un
futuro in cui l’unica certezza è quella di esistere solo per se stessi e per
pochi, pochissimi, altri. Tutto il resto è oblio, incertezza, sfiducia. Troppo
tempo e troppi tempi sono passati senza che nulla fosse fatto per fermare ladri
di tempo, di denari e di libertà. I primi dieci anni dall’inizio del terzo
millennio si stanno distinguendo per una consapevolezza precisa e quanto mai
triste: gli ideali e le speranze degli anni sessanta sono stati inesorabilmente
traditi da biechi politicanti e furbi economisti. Un tempo il concetto di
viaggio era di trovare un’isola, una terra o un mare da cui tornare con occhi
diversi, migliori alla maniera di Marcel
Proust, ciò che si cerca ora, invece, è
l’evasione per sparire, sfuggire, scappare da un qualcosa che sa di sconosciuto
e di falso e che pertanto solo di bugie può riempire il nostro tempo e il
nostro spazio. Si vuol fuggire sì ma per non tornare, tornare mai più. L’unica
rivoluzione che si spera avvenga presto non si aspetta che venga dai politici
né, tantomeno, da reazionari nostalgici
ciò che da italiani e da europei dovremmo auspicarci è che dall’arte e dalla
cultura dell’arte possa venire un nuovo gemito, un nuovo urlo che squarci il
velo e sveli finalmente un orizzonte nuovo e si possa insieme respirare e
continuare il viaggio con fiducia,
speranza, tenacia e progetto. Come quell’attimo prima che il maestro dia il via
all’orchestra e muova la bacchetta, pochi attimi un silenzio vibrante e poi i
suoni, le tonalità, i colori, le crome e le cromie. Oppure poco prima che una galleria
apra un vernissage, quando diviene percepibile il battito cardiaco dei
galleristi e dei visitatori, si sente il fremito di chi con l’occhio cerca di
capire e di specchiarsi in ciò che vedrà per riscoprire, in finale, di essere
ancora capaci di provare emozioni. Ciò che si celebra nella Galleria Wikiarte
non è soltanto una mostra di opere d’arte di Ciro Palumbo, ma è piuttosto la
risposta data da tre giovani galleristi Deborah Petroni, Rubens Fogacci e
Davide Foschi a quest’epoca di tetri paradossi e di labili certezze. Diceva
Ernst Ficher scrittore e filosofo tedesco: “In una società decadente, l'arte,
se veritiera, deve anch'essa riflettere il declino. E, a meno che non voglia
tradire la propria funzione sociale deve mostrare un mondo in grado di cambiare.
E aiutare a cambiarlo”. L’Arte ha da sempre una funzione sociale evidentemente
sociale, l’arte ha fornito spunti, ispirazioni, ha suscitato idee nuove, quelle
migliori. Ha sollevato gli anima e ha cambiato il singulto in grido di rabbia o
canto di gioia. Persino lo scienziato ha per progettare nuovi orizzonti
scientifici si relaziona alle discipline in maniera creativa. E Galileo e
Newton avrebbero reso la scienza migliore, di quanto non lo fosse nella loro
epoca, senza la scintilla che muove ogni artista? Pasteur studiò le prime
nozioni di filosofia estetica prima di occuparsi di Fisica e di Chimica e che
ne sarebbe di Albert Einstein senza il suo estro? Albert Bruce Sabin era figlio
di un artigiano e fu grazie a questa parte genetica che gli fece decidere di
non brevettare la sua invenzione,
rinunciando allo sfruttamento commerciale da parte delle industrie
farmaceutiche, cosicché il suo prezzo contenuto ne garantisse una più vasta
diffusione della cura: « Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non
ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo ».
La mostra “Nuove Terre e Nuovi Mari” è essenzialmente un
invito a tornare a respirare è una
esortazione a specchiarci nell’arte e nel fare arte di Ciro Palumbo perché si
possa ritrovare riflessa la nostra vera icona e non quella che altri ci hanno
trapuntato addosso. Questa mostra nel contesto di una galleria come la Wikiarte
assume in questo tempo un valore altissimo perché vuole far reimparare a
sognare, e sia ben chiaro che non è il sognare utopico che è fuga dalla realtà,
ma è un sognare che diviene modalità progettuale negli intenti e nei fatti. I
quadri di Ciro sono veri inni a riprendere le forse per tornare a camminare così da purificare, muscoli,
tendini, ossa e rinnovato l’involucro permettere a Eros e Psiche di tornare
dall’esilio per riabitare gli antri magnifici della nostra essenza. Sì perché
ogni opera di quest’artista è composta in modo che i ricordi belli e brutti
siano l’inizio necessario perché s’inizi un viaggio. Ogni quadro è un sipario
che si apre perché la scena ricominci. Palumbo con una tecnica che è memore dei
grandi coloristi del Manierismo italiano e del Romanticismo inglese compone
l’essenza stessa che regola un’emozione attraverso un simbolismo sostanziale e leggibile.
È così che una statua che da sola regge la scena dipinta, altri non è che un
ricordo divenuto memoria, è la saggezza che rende sicuro il viaggio verso un
orizzonte dove si stagliano nuvole cangianti e vaporose. Il tempo che
quest’artista dipinge è quel tempo prima
che l’orchestra inizi o prima che la galleria apra, è tramonto e alba
insieme. E se è la notte ad essere dipinta, nei quadri di quest’artista
naturalizzato torinese, il buio non diviene mai tenebra. Ricordo notturni in
cui Ciro aveva dipinto stelle che dal cielo come pioggia sottile andavano a
inebriare un albero pervaso da un vento. Geniale è il dinamismo che riesce a
creare armonia tra oggetti tipici del
tempo ludico dell’infanzia e ciò che è invece tipico di un viaggio che sta per
iniziare. Le sue case viste da dentro
non sono ambienti metafisici, ma piuttosto una realtà che, nella passionalità
del fare arte, si riveste di irrealtà così che la fredda ratio si veste infine della ragione dei sentimenti
e si riparte ancora per nuove terre e nuovi mari.
Alberto D’Atanasio
Critica:
Presentazione a cura del Critico Alberto
D’Atanasio
Catalogo:
disponibile in Galleria €.10,00
Patrocinio
Falpa Promozione
Arte
Sponsorizzata da:
www.virtualstudios.it
www.fotodigitalservice.com
www.lavoriedilionline.it
www.genzianariccicomunicazione.it
www.ilpensieroartistico.eu
Durata mostra:
dal 2 AL 14 febbraio 2013
da mercoledì al sabato dalle 11.00 alle 19.00
orario continuato
domenica e martedì dalle 15.00 alle 19.00
lunedì chiuso.
Ingresso:
libero
Info e contatti:
Mail: info@wikiarte.com
Sito: www.wikiarte.com
Nessun commento:
Posta un commento