Città di Noto/ Assessorato alla Cultura/Unesco/Studio Barnum, presentano:
L'ESERCITO DELLA SPERANZA
Sculture terapeutiche di Orazio Coco
Sculture terapeutiche di Orazio Coco
15 maggio/30 agosto 2015
Palazzo Rau della Ferla (eccezionalmente aperto al pubblico fino al 30 agosto)
via Silvio Spaventa 13
Noto - Siracusa
Catalogo in galleria
ingresso libero/free entry
ore 10.00/13.00 - 17.00/20.00
chiuso il lunedi
a cura di Vincenzo Medica / Studio Barnum contemporary
Presentazione critica di Michele Romano
Ufficio Stampa Emanuela Volcan
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Come non commuoversi davanti all'esercito di Orazio Coco, scultore ispirato da una sublime armonia che plasma 56 bambini di argilla rosa per dire in 8 forme la Virtù? Impossibile non recepire nel profondo la forza di un messaggio che si amplifica plasticamente in 1120 piccole dita, 114 occhi innocenti che aprono agli adulti un mondo di verità semplici, di etica altissima. Ospitare a Noto, nel suggestivo spazio espositivo di Palazzo Rau, per la prima volta offerto alla fruizione pubblica grazie alla illuminata collaborazione di Giuseppe Zen, una mostra che muove dalla necessità di ridare all'arte la sua funzione sociale, il suo ruolo terapeutico, è per me oltrechè una grande emozione, anche la rappresentazione simbolica di un progetto molto più ampio di un piano di politiche culturali che orienta tout court le proprie azioni sulla valorizzazione dell'Arte e della Bellezza. Un progetto che, ricercando attraverso la Cultura la coesione di una comunità sfilacciata e indifferente, pone al centro l'uomo e la sua virtù, il senso nobile dell'impegno, la purezza, la conoscenza e la coscienza, il coraggio di lottare contro le ingiustizie, la capacità di perdonare. Tutte virtù che i bambini di Orazio Coco incarnano trasmettendole. Una mostra che è un viaggio interiore alla ricerca del bambino che è in noi attraverso un'esperienza artistica di fortissimo impatto comunicativo. Una civiltà in decadenza non può permettersi solo ripiegamenti vittimistici o derive cieche, ma deve saper poter ripartire da un gesto, da un segno, dagli occhi dei bambini. All'Arte, come è sempre stato, il compito di afferrare tali segni, di dire nuovamente: “Speranza”. Un grazie a Vincenzo Medica, al suo lavoro paziente e accurato, alla sua speciale virtù, quella di intuire quale delicata relazione esiste fra i luoghi, il tempo e le persone che lo interpretano.
Il Vicesindaco e Assessore alla Cultura Cettina Raudino
IDENTITA' COLLETTIVA, PUREZZA E CREATIVITA' “Ci ho messo una vita per imparare a dipingere come un bambino” Pablo Picasso Nell'opera narrativa e visiva di Orazio Coco si intravede una ricerca introspettiva che ogni artista indaga come purezza dell'Anima. La collettività antropologica e l'essenza etica e creativa dell'infante/bambino ci conduce ad un annullamento di preconcetti bellici e consumistici, Coco ci invita ad un' attenta riflessione al gesto corporale e fisiognomico che conduce la collettività contemporanea ad una linea di comunicazione cosmica, una riproposizione del sistema umano a modello di gruppo e familiarità. I temi trattati dall'artista , solidarietà, fiducia, colpa, coscienza e tanti altri, sono i principi fondanti di una comunità cosmogonica, che grazie a questi puri messaggi visivi e plastici giungono all'osservatore attento attraverso una danza spaziale (i gruppi seriali di bambini) quasi ancestrale, l'essenza e la monocromia delle forme corporali alludono ad una purezza primordiale, quell'infanzia ricca di valori creativi e interattivi. La danza nelle arti visive rievoca una atavica collettività, una identità antropologica che Matisse, nel momento più buio del Novecento traduce in un abbraccio universale, segno di chiara armonia umana, una felicità che solo nel puro gioco dell'infanzia si trasmuta in musica e poesia dell'Anima. Lo pose semplici, quasi quotidiane, dei bambini di Coco, la loro ludicità rituale inducono l'osservatore ad interagire ruotando e attraversando lo spazio vitale dell'opera, una interazione attiva che spiazza e coinvolge, che pongono quesiti apparentemente semplici e seriali, lo sguardo e la fisiognomica corporale, quasi ginnica, è un vero segno rituale, dove la luce dialoga con la pura forma dell'infanzia. Un popolo di pace, di gioco e di purezza, una comunità che si narra attraverso l'artista con gesta cadenzate dalla forza plasmatrice delle sue mani, un messaggio alto e altro, che punta l'indice verso una realtà quotidiana e metropolitana fortemente assente ai principi di comunicazione e di ascolto collettivo. Una visione non sempre felice di questa nostra realtà, che disattenta ai piccoli gesti si dirige e si concentra a manipolazioni genetiche e virtuali. Coco ci illumina attraverso la purezza del gesto e all'essenza di uno sguardo emozionato e stupito di un bambino, che disorienta anche il grande cultore della scienza e del sapere. Un messaggio etico avvolge la spettacolarità della scultura di Orazio Coco, la sua scelta di una comunità infantile o dell'infanzia non è, a mio parere, puramente casuale, l'artista mira la sua attenzione sulla crescita generazionale, quel sistema universale e umano, che intravede nell'Essere, il fulcro di un mondo più sensibile all'Uomo, alla sua coscienza e al suo valore introspettivo.
Michele Romano Accademia di Belle Arti di Catania
L'ESERCITO senza armi, nella recensione di Dalia Monti.
500 chili di argilla rosa utilizzati. 1120 dita modellate con l’argilla. 114 occhi che ci osservano. 8 virtù -la fiducia, il coraggio, il perdono, il senso della colpa, la purezza, la coscienza, la solidarietà, la responsabilità- da trasmettere. 8 ambientazioni che spingono lo spettatore in un percorso interiore di comprensione dei valori smarriti e desiderio di ritorno alla natura 56 bambini di terracotta. 1 cavallo con 2 occhi e 4 zampe ad attenderci all’ingresso. 37 anni l’età dell’artista che è già alla sua quarta produzione - il Corpo e il Desiderio, Creare per Catania, Matruzza Bedda e l’Esercito della Speranza). 2 figlie fonte di ispirazione e nuove risorse. 4 anni di lavoro per maturare e realizzare il progetto. 1 evento artistico con finalità terapeutica, originale negli intenti e nella realizzazione; 1 esercito di bambini in terracotta che ricordano l’esercito di Qin Shi Huang. Ma mentre gli 8.000 guerrieri cinesi sono armati, la schiera di virtù di Orazio Coco è nuda. -Sono gli sguardi di questi bambini la loro arma, dai loro occhi puntati su di noi si irradia un messaggio. Non importa che sia percepito o accettato -dice Orazio Coco- I miei bambini hanno il potere magico di curare il mondo. Anche a prescindere da me. Questa è la mia convinzione, forse un po’ folle o fuori moda per la società attuale: l’arte deve avere una funzione essenzialmente educativa. Come avveniva tra i popoli primitivi, in cui l’artista collaborava con il mago, il sacerdote ed il medico- Così lasciamo Orazio Coco tra il suo esercito di bambini silenziosi ma convincenti. E mentre torniamo a casa ci accorgiamo di essere pervasi da una sensazione di serenità nuova. Qualcuno nel mondo crede ancora nei buoni valori e nella possibilità di comunicarli alla collettività, anche se non siamo certi che la collettività voglia davvero essere salvata. Ma questa sensazione di serenità è un regalo che speriamo ci accompagni ancora il più a lungo possibile.
PALAZZO RAU della FERLA a Noto prende il nome della famiglia nobiliare Rau, marchesi del Feudo della Ferla a Noto. Di progettazione e costruzione tardobarocca, il Palazzo Rau della Ferla è situato dietro il Palazzo Ducezio, ed è l'unico palazzo nobile edificato di fronte alla Cattedrale. Presenta una facciata semplice ed elegante, suddivisa in due ordini di aperture arricchite ed ornate da bassorilievi con motivi floreali; ogni finestrone è sormontato da una grande conchiglia poggiata su foglie d'acanto. LA CONCHIGLIA: Attributo di Venere, nata dal mare, e quindi chiarissimo simbolo della fecondità. La conchiglia, rappresentata dalla parte interna, fu usatissima nelle decorazioni barocche. L'ACANTO: Foglia elegante che per la naturale grazia e la mirabile leggiadria decorativa è considerata il simbolo del culto per le arti belle. Al piano nobile, cui si accede da una importante rampa di scale in marmo bianco, è possibile ammirare il Salone delle feste con affreschi di scuola francese aventi come soggetto paesaggi bucolici e subito dopo 5 affreschi raffiguranti la S.S. Natività', San Corrado col teschio, Santa Lucia, la Vergine Maria, e il Cristo Redentore attribuiti al noto pittore Costantino Carasi. All'inizio del 900, al grande salone delle Feste del piano nobile, si aggiunse un altro appartamento con altre tre sale minori, prospicenti la piazza del Municipio, servite da uno stretto corridoio segreto, per la servitù, che collegava le sale maggiori con i locali di servizio, adiacenti il Ronco Barone Astuto. Ed è proprio su questo vicolo, ma nel piano inferiore, nella zona meno frequentata del Palazzo, che si affaccia la Cappella votiva della Famiglia Rau. Il pregevole cortile interno, con l'originaria pavimentazione a ciotoli di fiume, ospita magazzini, scuderie ed ex sale da gioco e conversazione, collegate tra loro tramite un luminosissimo loggiato ad arcate che si affaccia sulla via Ducezio.
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Al piano inferiore del palazzo:
RAU CON/TEMPORARY BOX
EBRU opere di KUBILAY ERALP DINCER / promosso dal Consolato Turco in Italia e dalla Associazione di promozione interculturale E.U.M.E.T.R.A. con il patrocinio del Ministero della Cultura di Turchia.
MOSTRE COLLATERALI (fino al 30 giugno) con:
Caterina Aidala
Gianni Andolina
Iuri Barreca
Anna Bialecka
Salvatore Castellino
Giombattista Cultrera
Anna Faro
Montserrat Grau Ferrer
Paolo Golino
Alberto Grande
Vincenzo Marcì
Stefano Musso
Toti Spataro
Mimma Ragonese
Johanne Ricard
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*Si ringrazia Giuseppe Zen, Salvatore Guarino e la Famiglia Rau, UNTITLED MAGAZINE, per la gentile collaborazione.
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