19/23 giugno | sala Bausch
Vedi alla voce alma
uno spettacolo Nina's Drag Queens
drammaturgia e interpretazione
Lorenzo Piccolo
regia Alessio Calciolari
disegno e realizzazione luci Andrea Violato
elementi di scena e costume Rosa Mariotti
sound design Silvia Laurenti, restauro sonoro Matteo
Lo salvo
tutor Daria Deflorian nell'ambito della
residenza artistica: Fuori Zona / Officina
LachesiLAB
produzione Aparte – Ali per l'Arte
co-produzione Danae Festival con il sostegno
di Fondazione Cariplo, nell'ambito del progetto f-Under 35, Next
si ringrazia Itfestival, progetto Open It
Vedi alla voce Alma, presentato nell’ottobre scorso a Danae Festival, è il
primo esperimento di spettacolo solista da parte delle Nina’s Drag Queens, che
ha sempre lavorato su un'idea di ensemble.
Idealmente, è il primo di una serie. Questo progetto prevede un
filone di “stanze”, di solitudini femminili, con piccoli spettacoli-assolo che
esaltino le peculiarità interpretative delle diverse anime del gruppo. L’idea
della compagnia è di unire tante e diverse solitudini in un unico spettacolo.
Sola in scena coi suoi fantasmi, una donna
che donna non è, divisa tra l’amore e il disamore, tra la tragedia e la farsa,
tra le grandi muse e le piccole massaie. Tenuta in vita da un filo sottile, il
filo di un telefono.
Lo spettacolo è un monologo/melologo per
drag queen solista. Prende le mosse da La
voce umana di Jean Cocteau, dalla sua trasposizione in opera lirica,
musicata da Francis Poulenc, ma anche da un fatto realmente accaduto. La bella
e volubile Alma Mahler, musa di tanti artisti del novecento, ebbe una
tormentata relazione con il pittore Oscar Kokoschka. Questi, da lei
abbandonato, ne fece costruire una bambola a grandezza naturale. Visse con la
bambola, la ritrasse, le assegnò una cameriera, la portò in pubblico, finché un
giorno, ubriaco, decise di dare un epilogo tragico alla vicenda. Un amore
assurdo, violento, epico.
La protagonista de La voce umana, al contrario di Alma, è una donna senza nome, senza
identità. Niente di eroico in lei, niente di speciale: questa donna è,
sottolinea Cocteau, una “vittima mediocre”. Quest’atto unico è la semplicità
portata all’estremo: un interno, una donna, un telefono, l’amore. Eppure è
diventato un vero e proprio topos, ha cambiato per sempre la storia del
teatro e delle attrici. Perché? Forse perché contiene qualcosa di non
pacificato. La tragedia, probabilmente non definitiva, di un mondo non pensato
per creature di sesso femminile, la freddezza con cui a volte si liquida il
sentimento puro, l'emozione che non riesce a trattenersi.
“Davanti al
letto, per terra, è sdraiata una donna, come assassinata. L'autore vorrebbe che
l'attrice desse l'impressione di perdere il sangue come una bestia ferita, di
terminare l'atto in una camera piena di sangue”. La
“scena del crimine” che Cocteau presenta in questa lunga didascalia è il punto
di partenza, il campo d'azione della storia e al tempo stesso
dell'attore/attrice che la racconta. Mentre la vicenda prosegue e si dipana nel
corso della telefonata (resa in playback a sottolineare come sia un “oggetto
d'arte”) si muovono in trasparenza i fantasmi di Oskar Kokoschka e Alma Mahler,
ma anche di Jean Cocteau e Edith Piaf, e di muse e di artisti di ben più bassa levatura.
È un lavoro a comporre e scomporre
materiali. Come afferma lo stesso Cocteau: “Non si tratta qui di risolvere
alcun problema psicologico. Si tratta di risolvere questioni di ordine teatrale”.
«Non mancano
bravura interpretativa, adattamento drammaturgico, felici tradimenti del testo,
indovinate scorribande poetiche intorno all’opera con playback esilaranti e
tecnicamente perfetti. (...) Vien voglia di vedere almeno un’altra ora e mezzo
di spettacolo».
Martina Parenti, Lo Sguardo di Arlecchino
Elfo Puccini Sala Bausch, corso Buenos Aires 33, Milano
Orari: lunedì/venerdì ore19:30
Prezzi: Intero € 32.50, Ridotto € 17,
Martedì € 21,50
Prenotazioni e prevendita: tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org
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