9 - 26 gennaio | sala Shakespeare
Atti osceni
I tre processi di Oscar Wilde
di Moisés Kaufman
traduzione Lucio De Capitani
regia, scene e costumi Ferdinando Bruni e
Francesco Frongia
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini,
Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo
Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’agostino
produzione Teatro dell’Elfo
Atti osceni, che torna in scena dopo il successo del 2017,
è parte di un dittico di spettacoli che Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
hanno dedicato a Wilde e compone, con L’importanza di chiamarsi Ernesto, un
grande affresco concepito per contrasti. Al capolavoro di eleganza e di satira
con il quale lo scrittore irlandese aveva fatto a pezzi l’ipocrisia della sua
epoca fa da specchio questo dramma che racconta i suoi ultimi anni, quando
venne messo alla gogna dal conformismo della società vittoriana che prima lo aveva
osannato. E se L’importanza di chiamarsi Ernesto nella versione di
Bruni e Frongia è una commedia dominata da atmosfere e colori sgargianti,
questo secondo spettacolo vive di chiaroscuri e tagli di luce che ricreano
l’aula di tribunale in cui vanno in scena i tre processi che coinvolsero Wilde
nel 1895. L’intricata vicenda è ricostruita da Moisés Kaufman in questo bellissimo
testo che riesce ad aprire squarci commoventi e poetici nel serrato dibattito
giudiziario.
Uno spettacolo che travalica i confini di un’appassionante
ricostruzione storica per trasformarsi in un rito teatrale in cui si parla di
arte e di libertà, di sesso e di passione, interpretato da un gruppo di nove
attori, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Riccardo Buffonini, Giuseppe Lanino, Edoardo
Chiabolotti, Giusto Cucchiarini, Ludovico D'Agostino, Filippo Quezel, guidati
da Giovanni Franzoni nella parte protagonista.
Dalla rassegna
stampa
Fu un linciaggio, perpetrato dalla società benpensante contro il
brillante irlandese che pur divertendola l’aveva sfidata. In Atti osceni, scritta cento anni dopo i
fatti, l’illustre regista-autore newyorchese di origine venezuelana Moisés
Kaufman lo racconta mediante un abile, appassionante montaggio di documenti
tratti dai verbali giudiziari e da molte altre testimonianze. Nell’eccellente,
veramente eccellente (ritmo, chiarezza, vivacità, umorismo) edizione diretta da
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia quest’uno è Giovanni Franzoni, un Wilde
prima sprezzante e ironico, quindi smarrito e addirittura trasognato, ma, nella
convinzione delle proprie idee come nell’ammissione delle proprie debolezze,
eroico.
Masolino d’Amico, La Stampa
I testimoni, gli avvocati, gli accusatori, gli sciagurati compagni
di bisboccia, il pubblico di questa specie di apologo fortissimo, sia nella
caduta fatale che nella sua presa di coscienza, hanno trovato in Giovanni
Franzoni un attore di rara intensità, perfetta "copia" dell'immagine
dello scrittore proiettata sul fondo della scena che ricrea con una
penetrazione inquietante e ricca di sfumature, facendone un personaggio
"vivo". Nel gran numero degli interpreti che in questa ballata
tragica spesso hanno più di un ruolo si distinguono il giovane, navigato Bosie
di Riccardo Buffonini e le incisive maschere di Ciro Masella che è il padre di
Bosie, accusatore, quasi il "killer" di Wilde. Da vedere.
Maria Grazia Gregori, delteatro.it
Catturante, irrequieto,
appassionato, lo spettacolo mette in piazza il calvario in tribunale di un uomo
protagonista di avventure giuridiche nel 1895 per i suoi orientamenti intimi, e
per la coerenza nel sostenerli apertamente in un Regno Unito dove fino al 1954
il vero scandalo sarà costituito dalla pena carceraria inflitta agli
omosessuali (vedi le traversie di Alan Turing, che finì suicida). Il valore di
un testo come Atti osceni è quello di
documentare l’ipocrisia benpensante di un'opinione pubblica che osteggiò Wilde
anche a dispetto del grande successo delle sue pièce. Noi spettatori siamo in
un’aula di giustizia, alle prese col contenzioso legale nato dall'affronto che
Lord Queensberry, il padre di Bosie, il ragazzo amato da Wilde, riserva allo
scrittore, indirizzandogli un biglietto inequivocabile (‘Oscar Wilde si
atteggia a sodomita’), al quale il dandy reagisce con querela il cui effetto
non tarda a ritorcerglisi contro, per via di compromettenti giovinastri
chiamati in causa a riferire dei loro pregressi rapporti mercenari con lui. La
dignità, l'arguzia, lo spirito socratico con cui il Wilde, magnificamente
impersonato da Giovanni Franzoni (capace di flemma, e fulminei aforismi),
s'imbatte in queste marchette assurte a ‘testimoni della regina’ sono un pregio
del copione che Kaufman ha ricavato da verbali e da opere wildiane come il De Profundis, o la poesia La Casa del Giudizio, nell'italiano di
Lucio De Capitani.
Tutto è governato dall'umana,
etica regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, un platonico presidio per
la libertà d'espressione. Facendo leva su un cast di attori interpreti di più
ruoli.
Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica
10 gennaio 2020 | ore 18.30 | Spazio
Atelier
Per un nuovo teatro epico.
Da Atti osceni a The Laramie Project: il
lavoro di Moisés Kaufman
incontro
con Moisés Kaufman (autore), Ferdinando Bruni e Francesco Frongia (registi)
modera Ira Rubini (Radio
Popolare)
(ingresso libero)
TEATRO
ELFO PUCCINI, sala Shakespeare,
corso Buenos Aires 33, Milano
Mart/sab 20:30, dom 16:00
Prezzi: intero € 33 / martedì posto
unico € 22 / rid. giovani e anziani €17,50 /
Info e prenotazione: tel.
02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org
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