Ezio
Bruno Caraceni – solo show
Il
gesto
a
cura di Raffaella A. Caruso
Eidos
Immagini Contemporanee
Pad
18 Hall C39
DOVE
Quartiere Fieristico di Bologna, Padiglioni 15 e 18Ingresso Fiera: Nord (per chi arriva in piazza Costituzione, servizio gratuito di navette)
Quartiere Fieristico di Bologna, Padiglioni 15 e 18Ingresso Fiera: Nord (per chi arriva in piazza Costituzione, servizio gratuito di navette)
QUANDO
24/26 gennaio 2020
24/26 gennaio 2020
ORARI
da venerdì a domenica: dalle 11 alle 19
da venerdì a domenica: dalle 11 alle 19
PRESS
PREVIEW A INVITI giovedì
23 gennaio: dalle 11 alle 12
PREVIEW
A INVITI
giovedì 23 gennaio: dalle 12 alle 17
giovedì 23 gennaio: dalle 12 alle 17
VERNISSAGE
A INVITI giovedì
23 gennaio: dalle 17 alle 21
"Sono le 12.30 del 13 ottobre del 1944. Per Ezio Bruno Caraceni appena diciassettenne è il primo giorno di Accademia a Venezia. A Chioggia sale sul vaporetto Giudecca che lo porta verso il suo destino d’artista e di uomo...Nel giro di poco all’altezza di Pellestrina il traghetto viene bombardato e affondato, diventando una trappola mortale. Il giovane Caraceni pur gravemente ferito sarà tra i superstiti: una lunga barba d’artista a coprire le schegge della carne dell’uomo".
Inizia
così il racconto su un grande pioniere del dopoguerra italiano,
messo in scena da Eidos Immagini Contemporanee (pad 18 C39), nella
solo show curata da Raffaella A. Caruso e prodotta appositamente per
l'edizione 2020 di Bologna Artefiera.
In
mostra il periodo centrale della produzione del Maestro, i Gesti: su
tavole di legno, grezze o dipinte, egli sperimenta come variabili
linguistiche l’attenzione ai materiali, le possibilità
combinatorie della cibernetica, la scrittura in arte come medium
fisico e creazione invece di nuovi alfabeti mentali, l’uso del filo
come pentagramma o corda per strumenti da suonare con gli occhi
dell’anima. È un ciclo su cui Caraceni lavora a lungo, proprio
perché pur nell’apparente semplicità degli strumenti, gli
permette variazioni continue con cui indagare aspetti differenti
dell’animo umano e della “fisica”. Ed è forse per questo
studio continuo, nel modulare alternativamente pochi ma precisi
strumenti metodologici che ancora oggi questi suoi lavori non sono
minimamente segnati dal Tempo, sono assolutamente inconfondibili
anche a occhi profani, conservando come ebbe a scrivere Fagiolo
Dell’Arco nel 1965 “il sapore fresco dell’inedito”.
Non
fu dunque un caso che di Caraceni si occuparono Lionello Venturi,
Emilio Villa, Bruno Alfieri, Maurizio Calvesi, Fagiolo
dell’Arco,Bruno Munari,. Tra le gallerie di riferimento ebbe Il
Cavallino, la galleria Numero, Il Tringolo e Arco D'Alibert a Roma,
Fumagalli. Partecipò a due Biennali di Venezia, a tre Quadriennali
di Roma, alla Biennale di Tokyo, ad ArtBasel, tra i pochi artisti
italiani ad esporre con continuità all'estero, intrattenendo forti
rapporti con gli intellettuali dell'epoca.
A
guidare il visitatore in questo percorso che dall'informale con cui
brucia sul tempo le combustioni di Burri approda ad un personalissimo
cinetico programmato e ad esperimenti di land art (“Sono
gli anni in Italia di Uncini, di Castellani, di Colombo e di Enzo
Mari tanto per citarne alcuni: eppure la ricerca di Caraceni
nonostante il rigore costruttivista rimane personalissima e mai
dimenticando la “terra”, di cui rende protagoniste forze lasciate
da altri sotterranee a supporto della tela, diventerà presto una
ricognizione “mentale” sul territorio, tra labirinto e utopia”)
è la penna di Raffaella A. Caruso e un video prodotto da Eidos con
documenti dell'epoca, gentilmente forniti dagli Eredi Caraceni. Una
riscoperta critica che sicuramente interesserà mercato e
collezionisti.
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