Teatro comunale San Teodoro di Cantù
RACHELE MOSCATELLI
SOTTOPELLE
a cura di Elisa Fusi
Inaugurazione: domenica
15 gennaio 2017 ore 19
In mostra fino al 10 febbraio 2017
Il Teatro comunale San Teodoro di Cantù è lieto di presentare
SOTTOPELLE,
mostra personale dell’artista Rachele
Moscatelli (Cantù, 1993) a cura di Elisa Fusi.
Dal 15 gennaio al 10 febbraio 2017 gli spazi del teatro
canturino presentano la recente produzione della giovane artista: tredici opere di medie e piccole dimensioni realizzate su
carta e tela, appartenenti alla serie Collezione di Madonne; una grande installazione
fotografica dal titolo Nuotare è come volare; un’installazione site-specific allestita sul
palco del teatro esclusivamente per la serata di inaugurazione, che
metterà in scena una Crocifissione al
femminile ambientata in un salotto borghese.
L’esposizione testimonia l’interesse dell’artista per la rappresentazione della figura femminile
indagata da un lato come icona di
bellezza pubblicitaria e dall’altro come depositaria dell’affetto ma anche
del dolore materno, come avviene nell’iconografia
sacra. Nella volontà di unire
apparenza e sostanza, contemporaneità e tradizione, voleri e valori, Moscatelli
affronta con un linguaggio semplice e diretto l’aspetto estetico, sociologico e
antropologico della questione dell’identità femminile, accantonando gli
ideologismi a favore di una presa diretta con la realtà e l’esperienza
personale.
La mostra si apre con la serie Collezione di Madonne,
sei opere realizzate tra il 2015 e il 2016 con il collage, la stampa digitale e
la stampa calcografica su carta. Come il ragno perde la sua pelle e il baco da
seta il suo involucro, queste Madonne nate dalla contemporaneità perdono le
loro sembianze per diventare simboli di maternità e di sofferenza. Sono figure
perturbanti ed enigmatiche, prelevate dalle pagine patinate delle riviste di
moda e dalle pubblicità e poi manipolate e distorte nella loro fisionomia attraverso
diverse tecniche tra cui l’incisione e il collage per far emergere il dolore del
loro vissuto. Soffocate, lacerate e incise in superficie, si ergono solitarie
in primo piano con colli allungati, sorrisi stridenti e sguardi insani.
Una sofferenza del tutto femminile che caratterizza anche
l’installazione che trova luogo sul palco del teatro: una Crocifissione
che rovescia la tradizionale iconografia mostrando come il dolore della vergine
per la morte del figlio sia così forte da diventare lei stessa oggetto della
crocifissione. La crocifissione è però un’allusione simbolica e metaforica: non
siamo su un monte e non ci sono croci, ma pochi elementi ambientano la scena all’interno
di un salotto; non ci sono personaggi dalle sembianze umane ma una serie di
fantocci realizzati dall’artista con calzamaglie ricolme di ovatta o di bachi
da seta ormai estinti (il protagonista),
quali interpreti della fecondità materna ma allo stesso tempo dell’aborto. La
loro disposizione richiama la Crocifissione
di Matthias Grünewald , un’opera del Cinquecento che colpisce per la resa
efficace dell’agonia dei personaggi, e di cui troviamo un dettaglio tra le
pagine del libro d’artista Rachele aperto al centro del palco.
Si tratta di un libro di memorie, appunti e paragoni visivi che racchiude l’intero
processo di ideazione di questa mostra e l’indagine svolta negli anni sull’identità
femminile. Ed è da queste pagine, dall’associazione visiva tra una Crocifissione dipinta da Francis Bacon e
una statua raffigurante la Madonna
sofferente, che nasce l’idea di una crocifissione al femminile, in cui il
dolore della Madonna diventi altrettanto forte e universale. Un intreccio di
riferimenti iconografici storico-artistici ma anche autobiografici, nati da una
presa diretta con la realtà. Su un secondo piano di lettura, infatti, l’approccio
alla sofferenza è intimo e personale, proveniente dalla perdita di una
familiare. E quindi il body, il cassetto, le fotografie: elementi di una storia
privata che circoscrivono all’ambito personale un’iconografia di portata
universale.
La sofferenza trova infine pace nell’ultima opera, una
composizione di grande formato che chiude concettualmente la mostra proponendo
una sorta di catarsi, di resurrezione. Nuotare è come volare è
un’installazione composta da una sequenza di 30 fotogrammi prelevati in ordine
non consequenziale dal cortometraggio The land of men (1966) del regista
armeno Artavazd Peleshyan. Con il procedimento della cianotipia, i fotogrammi
prescelti sono stati impressi dall’artista mediante la luce solare su carta
fotografica scaduta, poi fissata in camera oscura. La disposizione finale dei fotogrammi
propone un’analogia visiva tra le immagini di nuotatori, paracadutisti e un
astronauta immersi nell’acqua o nell’aria, circondati dal vuoto. E con questa
condizione di leggerezza si chiude la mostra, aprendo una via verso l’ascensione
e la ricongiunzione con qualcosa che era prima lontano e inafferrabile.
Note biografiche
Rachele
Moscatelli è nata a Cantù (CO) nel 1993. Dopo essersi diplomata all’Istituto
d’Arte Fausto Melotti di Cantù, si laurea in Grafica all’Accademia di Belle
Arti di Brera a Milano, dove attualmente frequenta il biennio di specialistica
nello stesso indirizzo di studio. Ha partecipato a diverse mostre collettive e
collaborato con studi di visual design per installazioni e progetti espositivi.
Questa è la sua prima mostra personale.
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Rachele Moscatelli
SOTTOPELLE
a cura di Elisa Fusi
Inaugurazione domenica 15
gennaio 2017, ore 19
In mostra fino al 10 febbraio 2017
Teatro Comunale San Teodoro, via Corbetta 7, Cantù (CO)
Ingresso libero
La mostra è visitabile negli orari di apertura del teatro, in presenza
di spettacoli teatrali e durante gli aperitivi della domenica.
Mail. mostre@teatrosanteodoro.it | Tel. 347 8086566
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