Un importante critico d’arte francese, che visse nel Settecento e che si chiamava Étienne La Font de Saint-Yenne, nel 1754, in un
suo scritto, si fece una domanda retorica, che, a mio avviso, racchiude ancora in sé qual è il senso profondo dell’arte e della
storia dell’arte. La domanda era: “Non siete d’accordo sul fatto che la pittura è stata inventata sia per il piacere che per
l’utilità?”, infatti ogni opera, infine, racconta del passato, del presente e del futuro, di solito dà godimento (anche quale “sfogo”)
a chi la realizza, spesso a chi la fruisce, e diviene simbolo di un'idea, di un ideale, di una fede, oppure atto di accusa nei confronti
di un sistema sociale e di una condizione generale che l'artista non condivide.
In un mondo e in un Paese in cui l’arte e la cultura vengono messe sempre più in secondo piano mi pare oltremodo doveroso,
nonché necessario, ribadire a che cosa serva il creare, lo studiare per farlo, il perché, appunto, coltivare l’amore per le opere
d’arte, perché immergersi fra le stesse, andando a visitare un edificio storico, un museo, una chiesa, cioè per quale motivo è
fondamentale interessarci all’arte, quindi difenderla e tutelarla.
Molti sono i grandi artisti che la nostra Nazione ha dato, ma, se
vogliamo essere degni eredi di quei padri, comunque non basta limitarci a venerarne le reliquie, ma bisogna emularne, anche,
certe virtù come l’inventiva, per esempio, o la spregiudicatezza e, soprattutto, il sapere il che cosa ne muovesse i gesti. Del resto,
nella creazione di un’opera si assiste, come sosteneva Shelling, alla straordinaria fusione di una fase inconscia, quella definita,
genericamente, della “ispirazione”, e di una conscia, quella che determina la concreta realizzazione dell’idea.
Nella dimensione
dell'Essere che si viene a costituire durante il processo espressivo l’artista riesce a isolarsi da ogni elemento di disturbo e di
contrasto, diventando un unicum con quanto va producendo. Tale fusione, che io considero mistica, oserei sacra, e
assolutamente speciale, dimostra chiaramente quali livelli possa assumere la concentrazione e il ripiegamento interiore, cioè la
capacità di analisi riguardante se stessi e ciò che ci circonda. Perciò la funzione sociale dell’arte, in un’era, come la nostra,
dominata dalla meccanizzazione esasperata e dall’affermarsi del tecnologico definito “avanzato”, componenti che mirano più
alla quantità che alla qualità, diventa un forte punto di riferimento per riaffermare l’essenza della natura umana, per esaltarne il
suo “genio”, inteso come talento naturale e poi artiginale, autonomo, estroso, capace di superare costrizioni e mode. Inoltre
l’arte è anche via per rappresentare i sogni, i quali non è detto che possano, in un futuro più o meno lontano, diventare realtà.
E
per capire bene come l’arte possa rappresentare un qualcosa sempre in divenire occorre, ad esempio, tornare alla Francia del
1893, e in una località ben precisa, ovvero Saint-Tropez, dove troviamo un pittore, Paul Signac, che, insieme a Georges Seurat,
poi diventerà il teorizzatore del Pointillisme, il quale sta dipingendo un’opera, di forte impatto emozionale, a cui ha deciso di
dare un titolo molto forte, emblematico: “Al tempo dell’anarchia. L’età dell’oro non è nel passato, ma è nell’avvenire”. Signac,
anarchico militante, sarà poi costretto, per motivi politici, a cambiare il titolo dell'opera in: “Al tempo dell’armonia”. Molti critici
e storici dell'arte hanno descritto quel dipinto come una sorta di utopia, mentre altri, più avveduti, si sono limitati a considerarlo
per quello che infine è, cioè la rappresentazione di una società ideale che, da sogno, è divenuta in prima istanza
rappresentazione su tela, quindi emblema di un possibile divenire, o, almeno, di quel divenire in cui credeva l'artista. Ho appena
usato l'espressione: “di forte impatto emozionale”, infatti anche l'emozione costituisce un'altra componente importante da
associare all’arte e alla sua utilità.
Non a caso il primo approccio che si ha nei confronti di un’opera è sempre quello emozionale,
quindi un incontro di tipo estetico, quale “giudizio” che deriva dalla immediata percezione che noi abbiamo di quel lavoro,
un'opinione che deriva dalla suggestione che il dipinto o la scultura esercita su di noi, sia essa una suggestione positiva, perché
quell’opera ci esalta, ci commuove, ci provoca sensazioni di vario genere e grado, o, più semplicemente, perché la troviamo
gradevole, sia essa una suggestione negativa, perché magari ci disgusta, ci rattrista o ci fa orrore. Ma ciò è sinonimo di piena
libertà, infatti io credo che non ci sia conformismo peggiore del conformismo delle emozioni, cioè di quando un sistema impone,
a priori, tramite la critica e il mercato, che quel dato lavoro è comunque valido, a prescindere dal giudizio di chi lo fruisce. E ciò
rientra nel condizionamento, anch'esso tipico di questa società che tende sempre più ad omologare, omogeneizzare, costruire
prodotti a tavolino, unicamente a fini consumistici-mercantili.
Logico che dopo al primo impatto, quello di ordine immediato,
quello suggerito da una pulsione di ordine estetico, poi nell'opera si debba entrare, la si debba capire, la si debba indagare (altro
elemento importante che ci consegna l'arte: l'elaborazione intellettuale), ma la libertà, che i nostri sentimenti, la nostra
personalità, il nostro spirito contengono, mai dev'essere influenzata, condizionata, costretta, indirizzata, addomesticata, ridotta
a “condizione di massa”. Perché l'arte difende e innalza sempre quella libertà individuale, essendo uno dei suoi compiti primari.
Perché l'arte, quella vera, si pone sempre contro ogni forma di “adeguamento”.
L'arte risulta, perciò, il vessillo dell'unicità del proprio “io”, e, solo in seguito, strumento di contatto fra le varie singolarità, al fine
che l'emozione, di cui ho parlato sopra, diventi elemento comune di confronto, di avvicinamento, di affezione, di legame
reciproco.
Questo, in sintesi ... molto in sintesi ... il valore che contiene in sé la creatività, e questa la lezione di vita che ogni opera umana
racchiude, al fine di continuare ad agire per come in realtà si è, non per come altri vogliono che si sia.
A cura di Gian Ruggero Manzoni INVITO |
ARTISTI
Mirella Bendini, Ciro Di Fiore, Maria Antonia Fedon, Cleofe Ferrari, Maristella Laricchia, Angela Maggipinto, Milena Metaluna, Stefano Matteo,
Maria Elisabetta Meneghello, Chiara Napolitano, Pasquale Portacci, Lucia Sabatini Degli Scaruffi, Mimmo Scuderi, Peter Seelig, Patrizia Storoni, Gianni Testa, Katerina Valleri,
Maria Irene Vairo, Giuseppe Cacciatore, Paolo Baioni, Marco Travan
ARTISTI IN PERMANENZA
Sauro Benassi, Luca Boatta, Marino Calesini, Francesco Cerutti, Claudia Dazzini, Angelo De Maio, Mario Esposito, Marco Fajer, Mauro Fastelli, Lucia Fiaschi, Giovanni Firrincieli, Antonio Franchi, Gian Luca Galavotti, Stefano Galli, Enrico Garoia, Francesca Guariso, Andrea Marchesini, Angela Marchionni, Mauro Martin, Silvana Mascioli, Mauro Masetti, Luisa Modoni, Elena Morizio, Ronak Moshiri, Andrea Prandi, Roberto Re, Paolo Rigoni, Marzia Roversi, Paolo Salvati,
Ezio Tambini, Luca Tridente, Giovanni Trimani, Claudia Ventura, Stefano Manzotti
Curatrice mostra:
Deborah Petroni
Catalogo mostra:
AEM edizioni
Sponsorizzata e pubblicizzata da:
www.fotomerge.it www.paolobalsamo.it www.mgpsrl.it
Durata mostra:
dal 27 gennaio al 22 febbraio 2017
dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 orario continuato Lunedì e domenica chiuso
Art City White Night 2017
Sabato 28 gennaio dalle 11.00 alle 24.00 orario continuato
Ingresso:
gratuito
Info e contatti:
Tel: 051/5882723
Mail: info@wikiarte.com Sito: www.wikiarte.com
Nessun commento:
Posta un commento