Gianni Bertini, “le Mec du Mec
art”, è il protagonista della Solo Show con cui Eidos Immagini Contemporanee inaugura
a Bologna Arte Fiera (padiglione 26 Stand A 88) la collaborazione con
l’Associazione Gianni Bertini (www.associazionegiannibertini.com).
Si tratta di una vera e propria antologica -a cura di Raffaella A. Caruso- che
contrappunta i momenti salienti della produzione dell’Artista con un
allestimento inedito e davvero site specific. I visitatori di Arte Fiera
saranno accolti nello stand da uno scritto-manifesto autografo su legno
(Gentile visitatore) con cui Gianni Bertini invita ad entrare nel mondo della
pittura liberandosi da ogni preconcetto, pronti a sovvertire le regole per
comprendere nuove possibilità narrative.
In parallelo la proiezione di video
assolutamente inediti, proprietà di Thierry Bertini –presidente
dell’Associazione- e in comodato d’uso al Centre Pompidou, che non mancheranno
di catturare lo spettatore per ironia ed energia. È forse questa una delle
parole chiave del lavoro di Gianni Bertini, comune denominatore per i lavori in
mostra che pur appartengono a periodi ben distinti. Si parte dai capolavori
degli anni 40 presentati su una tappezzeria di locandine d’epoca, di per se
stesse materiale di enorme valore documentario.
I Gridi, MAC, Nucleare,
Informale tutta la storia dei movimenti italiani ed europei del dopoguerra sino
all’intuizione e alla rivelazione della Mec Art. Dopo l’esordio figurativo nel
1946 e i Gridi del ’48-’49, con cui anticipa di vent’anni il lavoro di Robert
Indiana, pitture astratte attraversate da numeri e cifre, tra la denuncia e il
dada, Bertini aderisce nel 1950 al MAC, partecipando alla biennale di Venezia
dello stesso anno. Cogliendo però poi subito il rischio di un’involuzione del
linguaggio concretista, realizza già nel 1951 pitture con sgocciolatura che
sono tra le prime manifestazioni di pittura informale e nucleare realizzata in
Italia. Sul finire del 1951 si trasferisce a Parigi dove nel maggio 1952 ha
luogo la sua prima mostra personale parigina alla Galerie Arnaud.
A Parigi
conosce Atlan, Hartung, Soulages, Poliakoff, Schneider, De Stäel e inaugura con
la partecipazione al Salon de Mai, cui sarà sempre successivamente invitato, la
sua vita parigina. Tra il ’54 e il ’59 produce opere gestuali, dalle quali
affiora prepotente il mondo della macchina: con queste partecipa alla Biennale
del ’58. Nel ’54 incontra Pierre Restany, compagno del cammino verso Nouveau
Réalism e Mec-Art, e così nel 1960 stufo
di un informale che ha inevitabilmente perso la propria vis, introduce nel suo
campo visivo la realtà, preparando la tela con immagini tratte dai giornali (in
mostra un rarissimo esempio del ’62 con Minos au travail) .
Da questo momento
le sue opere, a latere di quelle dei neo-dadaisti statunitensi e dei Nouveaux
Réalistes francesi, pongono le basi per lo sviluppo della stagione d’oro della
Pop Art italiana. Scoperto il concetto classico della contaminazione, Bertini
decide di ampliare le già notevoli possibilità combinatorie del proprio
linguaggio trasferendo sulla tela mediante emulsione l’immagine fotografica,
meccanica. Così all’aspetto per così dire epico del suo lavoro, sottolineato
dall’uso ironico dei titoli, si sovrappongono lucide e feroci critiche al
contemporaneo con quella molteplicità di piani narrativi che il pop
statunitense non ebbe.
Qui ne sono chiaro esempio per tutti il celeberrimo Succede qualche cosa. Bertini
conduce sino alla fine questa forte linea narrativa, anticipando la piega
sociale e politica che il pop italiano prende dal 1966, assecondandola con un
apparente classicismo antropologico dal 1976 con la serie dell'Abbaco e un
sorprendente ritorno alla pittura “classica”, spiazzante e pronta ad addolcire
temi di una crudezza assoluta. È per alcuni versi così anche nelle tele anni 90
di Per non dimenticare, sulla Guerra del Golfo: in un'attualità ancora oggi
assolutamente disarmante il rombo futurista e scanzonato dell’automobile è
sostituito da quello sinistro di aerei, carrarmati ed elicotteri.
Nello stesso decennio e con l’avvento del
Millennio nuovo, Bertini sempre attento al nuovo, che sempre anticipa se non
addirittura inventa, capisce che la riproduzione meccanica e fissa può e deve
essere sostituita dall’elaborazione digitale, più veloce e “morbida” , in grado
paradossalmente di riprodurre le
trasparenze e l’imprevedibilità del pennello. Ma soprattutto lo schermo del
computer gli permette di assecondare quei continui affastellamenti del pensiero
con cui riesce in progressione ad arricchire la composizione, in un furor
creativo che possiede ancora tutta
l’energia beffarda della giovinezza.
Ecco che Bertini riprende via via tutte le
tessere del suo puzzle: donne, motori, ingranaggi, dee e semidei, eroi, vizi e
virtù, pronto a suggerire al visitatore di raccogliere la tessera caduta. Sì
qui, proprio qui a terra, mentre lui guardava il cielo.
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