Inaugura a Parma il 20/5/2016 alle ore 21.00 la rassegna artistica QUADRILEGIO 2016 - La coscienza del corpo.
Quattro spazi espositivi aprono al pubblico in contemporanea a Parma:
ALPHACENTAURI
Borgo Giacomo Tommasini, 37
MAURA FERRARI Interior Design
Borgo Giacomo Tommasini, 37
SIMONA MANFREDI Organizzatrice di eventi
Borgo Ricci da Parma, 19
BLL di GIULIO BELLETTI
Piazzale Borri
Tantissimi gli artisti coinvolti:
ALPHACENTAURI: Luca
Dalmazio, Marina Burani, Massimiliano Galliani, Massimiliano Galliani,
Orlando Myxx Callegaro, Erresullaluna + Chuli Paquin, Antonella Mazzoni,
Marta Mambriani,
Veronica Barbato, Pible, Canu, Burro da
Crociera, Isabella Bersellini, Eugenia Savino, Piergiorgio Savino,
Andrea Saltini, Massimo Lagrotteria, Gabriella Dirignano, Nicola
Alessandrini,
Emanuela Dall’Aglio, Fabrizio Corbo, Stefania
Gagliano, Angelo Zanella, Fabi Fabrizio Bandini, Marco Chirchirillo,
P54, Cristina Negri, Marcello Gobbi, Valentina Biasetti, James Kalinda,
Signora K, Alessia Leporati, Pepe Coibermuda, Alessia Feraciti, Marco Papagni, Andrea Vettori, Anna Vettori, Nezzar Moussa
MAURA FERRARI: Pietro Bandini, Matteo Manfrini, Ludmila Kazinkina
SIMONA MANFREDI: Federico
Avanzini, Rocco Bormioli, Liuccia Buzzoni, C999, Chuli Paquin De P.,
Andrea Clessi, Lucia Conversi. Ilaria Doria, Erresaluna, Lufer,
Paolo
Mezzadri, Janine Von Thungen, Carlo Alberto Rastelli, Stefano
Rubertelli, Giovanni sala, Valerio Saltarelli Savi, Arturo Sereni, Marco
Sicuri, Waxman Brothers
BLL di GIULIO BELLETTI: Fabi
Fabrizio Bandini, Pietro Bandini, Roberto biondi, Fabrizio Cupidi,
Sandro del Pistoia, Nicola De Silvestri, Sabina Feroci, Marco Ferrari,
Max Huges,
Silvio Monti, Elena Monzo, Max Preti, Riccardo Ricci, Skawalker, Umberto Squarcia, Natasha Yalysheva
L’artista
Luca Dalmazio espone al pubblico parmense il ciclo pittorico Stati di
Allucinazione Perversa in una mostra personale allestita nello spazio espositivo su strada di Alphacentauri in Borgo Giacomo Tommasini, 37.
Una
serie di autoritratti ad olio su tela dove LD indaga il dramma della
solitudine, dell’abbandono, dello sconforto e dell’angoscia.
Testo critico a cura di Alberto Mattia Martini
La mente si vaporizza, il corpo si abbandona e si contorce su sé stesso come un serpente affamato di vita, ecco hanno inizio gli stati di allucinazione perversa. La genesi del racconto ha inizio nel precedente studio dell’artista, un luogo “sofferente”, dove il reale si perde tra le trame del surreale, un gioco complesso, fastidioso, che mette paura, a volte estremamente intrigante, che in alcuni casi rasenta il sapore del piacere.
Luca Dalmazio allestisce una sorta di set fotografico, con l’aiuto di un operatore, precedentemente istruito puntigliosamente e dettagliatamente, quasi a voler essere egli stesso artefice e soggetto, un’alter ego creativo-emozionale. L’occhio dell’artista si trasforma in immagine, in occhio fotografico, meccanico per poi divenire membra, movimenti, contorsioni, emozioni, corpo dal quale come da una crisalide fuoriesce, dimenandosi in un’identità fin allora sconosciuta.
Mi sento perso, solo, impaurito, vulnerabile, cerco di nascondermi, ma sono nudo, inerme, la mente inizia ad affondare nel magma dell’ignoto, non voglio risvegliarmi e ritrovarmi ancora una volta abbandonato. Mi sento osservato, giudicato, uno sguardo insistente incombe dall’alto, mi cerca, mi rincorre e mi schiaccia sul pavimento; una pavimentazione liberty, apparentemente dolce, accogliente, dove è possibile ritrovare le certezze smarrite. Ma come spesso accade ecco che improvvisamente il piacere affannosamente cercato e posseduto diviene dolore, il suolo ha un effetto risucchiante, ingloba, assorbe il corpo dell’artista, lo muove, lo fa suo, tirandone i fili, fino ad arrivare ad esserne il solo padrone.
Il motivo decorativo, si ripete all’infinito, ritorna, insiste, circonda il corpo di Dalmazio, lo avvolge, lo aggroviglia non lasciandogli spazio riflessivo, ma divenendo quasi repressivo. Come un tarlo pulsa, batte ripetutamente nella mente e come sostiene l’artista stesso subentra una sorta di stato allucinatorio, nel quale egli pare liquefarsi, divenendo un tutt’uno con l’ambiente circostante. Il luogo è freddo, asettico, monocromo, realizzato con tinte verdi, blu o canna da zucchero, che paiono bloccare il racconto, come se l’istante venisse incastonato in un tempo immobile, dove la sola angoscia è concessa.
La monotonia cromatica viene improvvisamente interrotta da alcune “intrusioni” di piccoli interventi pittorici, che si addensano invadendo la decorazione del pavimento; il colore a volte arancio, a volte rosso, diviene elemento vitale, si muove e si insinua tra le trame dello spazio, assumendo sia una valenza di intromissione nella continuità di chi osserva, ma altresì un’ultima opportunità alla quale aggrapparsi prima di abbandonarsi ad uno stato di allucinazione perverso. Nasce un nuovo modo di leggersi, di intendere la natura umana e il rapporto con ciò che ci sta intorno, con gli altri; si plasmano così nuovi confini, scenari della percezione, della comunicazione, della vita quotidiana, in modo che il rischio intrapreso possa divenire il mezzo per poter accingersi ad una sorta di riconfigurazione della nostra identità.
Uno sguardo non più singolo, costretto all’interno del limite dell’apparenza, ma ormai configurato in riferimento all’uomo nel senso più ampio del suo significato, che non ne distingua più le apparenti differenze e che ne riconosca invece l’intima condizione dei sensi.
Official Page > https://www.facebook.com/LDLucaDalmazio/
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