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lunedì 16 maggio 2016

QUADRILEGIO 2016 - La coscienza del corpo. L'artista Luca Dalmazio espone a Parma per la rassegna artistica.

Inaugura a Parma il 20/5/2016 alle ore 21.00 la rassegna artistica QUADRILEGIO 2016 - La coscienza del corpo.

Quattro spazi espositivi aprono al pubblico in contemporanea a Parma:

ALPHACENTAURI  
Borgo Giacomo Tommasini, 37

MAURA FERRARI Interior Design  
Borgo Giacomo Tommasini, 37

SIMONA MANFREDI Organizzatrice di eventi  
Borgo Ricci da Parma, 19

BLL di GIULIO BELLETTI  
Piazzale Borri


Tantissimi gli artisti coinvolti: 
ALPHACENTAURI: Luca Dalmazio, Marina Burani, Massimiliano Galliani, Massimiliano Galliani, Orlando Myxx Callegaro, Erresullaluna + Chuli Paquin, Antonella Mazzoni, Marta Mambriani,
Veronica Barbato, Pible, Canu, Burro da Crociera, Isabella Bersellini, Eugenia Savino, Piergiorgio Savino, Andrea Saltini, Massimo Lagrotteria, Gabriella Dirignano, Nicola Alessandrini, 
Emanuela Dall’Aglio, Fabrizio Corbo, Stefania Gagliano, Angelo Zanella, Fabi Fabrizio Bandini, Marco Chirchirillo, P54, Cristina Negri, Marcello Gobbi, Valentina Biasetti, James Kalinda, 
Signora K, Alessia Leporati, Pepe Coibermuda, Alessia Feraciti, Marco Papagni, Andrea Vettori, Anna Vettori, Nezzar Moussa
MAURA FERRARI: Pietro Bandini, Matteo Manfrini, Ludmila Kazinkina
SIMONA MANFREDI: Federico Avanzini, Rocco Bormioli, Liuccia Buzzoni, C999, Chuli Paquin De P., Andrea Clessi, Lucia Conversi. Ilaria Doria, Erresaluna, Lufer, 
Paolo Mezzadri, Janine Von Thungen, Carlo Alberto Rastelli, Stefano Rubertelli, Giovanni sala, Valerio Saltarelli Savi, Arturo Sereni, Marco Sicuri, Waxman Brothers
BLL di GIULIO BELLETTI: Fabi Fabrizio Bandini, Pietro Bandini, Roberto biondi, Fabrizio Cupidi, Sandro del Pistoia, Nicola De Silvestri, Sabina Feroci, Marco Ferrari, Max Huges,
Silvio Monti, Elena Monzo, Max Preti, Riccardo Ricci, Skawalker, Umberto Squarcia, Natasha Yalysheva

L’artista Luca Dalmazio espone al pubblico parmense il ciclo pittorico Stati di Allucinazione Perversa in una mostra personale allestita nello spazio espositivo su strada di Alphacentauri in Borgo Giacomo Tommasini, 37.
Una serie di autoritratti ad olio su tela dove LD indaga il dramma della solitudine, dell’abbandono, dello sconforto e dell’angoscia.
 
 

Testo critico a cura di Alberto Mattia Martini
 
Non so chi sono, da dove realmente provengo,  quale sia la mia  vera storia,  chi  siano  le persone  con le  quali  ho costruito la  mia  identità attuale:  non lo so e  forse  non lo voglio realmente   sapere. Certo, l’incertezza, il dubbio, il continuo  sovrapporsi  di  pensieri   e riflessioni provocano sofferenza, disagio a volte non comprensibili nemmeno a noi stessi e neppure avvicinabili con l’immaginazione. 
La mente si  vaporizza,  il corpo si abbandona e si contorce su sé stesso come un serpente affamato di vita, ecco hanno inizio gli stati di allucinazione perversa. La genesi del racconto ha inizio nel  precedente  studio dell’artista,  un luogo  “sofferente”, dove il reale  si  perde tra le  trame del  surreale, un gioco complesso, fastidioso, che  mette paura, a volte estremamente intrigante, che in alcuni casi rasenta il sapore del piacere. 
Luca   Dalmazio allestisce  una   sorta   di  set   fotografico,  con   l’aiuto di  un   operatore, precedentemente  istruito  puntigliosamente  e  dettagliatamente, quasi a  voler  essere egli stesso artefice e soggetto, un’alter ego creativo-emozionale. L’occhio dell’artista  si  trasforma  in immagine, in  occhio  fotografico,  meccanico per  poi divenire membra, movimenti, contorsioni, emozioni, corpo dal quale come da una  crisalide fuoriesce, dimenandosi in un’identità fin allora sconosciuta. 
Mi sento perso, solo, impaurito, vulnerabile, cerco di nascondermi, ma sono nudo,  inerme, la  mente  inizia  ad affondare   nel magma dell’ignoto,  non  voglio risvegliarmi e  ritrovarmi ancora una volta abbandonato. Mi  sento   osservato,  giudicato, uno   sguardo  insistente  incombe  dall’alto,  mi  cerca, mi rincorre e mi schiaccia sul  pavimento; una pavimentazione liberty,  apparentemente  dolce, accogliente,  dove è possibile ritrovare le certezze smarrite. Ma come spesso  accade  ecco che improvvisamente  il piacere affannosamente  cercato e  posseduto   diviene dolore,  il suolo ha un effetto  risucchiante, ingloba, assorbe il corpo dell’artista, lo muove, lo  fa suo, tirandone i fili, fino ad arrivare ad esserne il solo padrone. 
Il motivo  decorativo, si  ripete all’infinito, ritorna,  insiste, circonda il corpo di Dalmazio,  lo avvolge, lo aggroviglia non lasciandogli spazio riflessivo, ma  divenendo quasi  repressivo. Come  un  tarlo pulsa,  batte  ripetutamente nella  mente  e  come  sostiene  l’artista stesso subentra  una  sorta   di  stato  allucinatorio,  nel quale  egli  pare liquefarsi,  divenendo   un tutt’uno con l’ambiente  circostante. Il luogo è freddo, asettico, monocromo, realizzato con tinte verdi, blu o canna da  zucchero, che   paiono   bloccare il  racconto,  come  se   l’istante  venisse  incastonato  in  un  tempo immobile, dove la sola angoscia è concessa. 
La monotonia cromatica viene improvvisamente interrotta da alcune “intrusioni” di   piccoli interventi  pittorici, che si addensano  invadendo la  decorazione del pavimento; il  colore a volte arancio, a volte rosso, diviene elemento vitale, si muove e si insinua tra le trame dello spazio,  assumendo  sia  una valenza di  intromissione  nella continuità  di  chi osserva, ma altresì un’ultima opportunità alla quale  aggrapparsi prima  di abbandonarsi ad uno stato di allucinazione perverso. Nasce un nuovo modo di leggersi, di intendere la natura umana e il rapporto con ciò  che  ci sta  intorno,  con   gli altri; si  plasmano così  nuovi confini, scenari  della  percezione,  della comunicazione,  della  vita  quotidiana,  in   modo che  il  rischio  intrapreso  possa  divenire il mezzo per poter accingersi ad una sorta di riconfigurazione della nostra identità. 
Uno  sguardo  non più   singolo,  costretto  all’interno  del  limite  dell’apparenza,  ma  ormai  configurato   in   riferimento all’uomo  nel  senso  più  ampio del  suo significato, che non ne distingua più le apparenti differenze e che ne riconosca invece l’intima condizione dei sensi.    

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