“È
l’umore di chi guarda che dà alla città di Zemrude la sua forma. Se ci passi
fischiettando, a naso librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su:
davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto,
con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi s’impiglieranno raso terra,
nei rigagnoli, i tombini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che
un aspetto della città sia più vero dell’altro (…) ”
Italo
Calvino, Le città e gli occhi. “Le città invisibili”.
Museo
della Fotografia del Politecnico
Mostra
fotografica
Racconti
della città vecchia
a cura
di
Maria Pansini
8-24
giugno 2012
Spazio
Giovani
Via Venezia, 41
BARI
Fotografare
il centro storico di Bari è un viaggio in un quartiere denso di elementi,
codici e segni da decodificare. Non è affatto facile cogliere il genius loci
della vecchia Bari, gli stereotipi si affacciano tutt’intorno e la tentazione è
quella di ricalcare dei cliché già visti in tutto il panorama della
“mediterraneità”.
Non
cediamo dunque alla tentazione di raccontarvi la baresità, che forse non
esiste, ma invertiamo la prospettiva e inventiamo un nostro percorso: i
“Racconti della città vecchia” sono visioni di otto fotografi che a Bari
vecchia si ispirano e che in essa si perdono. Otto diverse traversate, otto
umori di chi guarda la città e ad essa dà una forma.
Francesca De Santis ha
materializzato il suo punto di vista in un passante curioso e colorato, un omaggio
alla curiosità di chi scopre questo dedalo peninsulare di viuzze labirintiche e
si ferma ad osservare.
Francesco Catalano, tra le sue incessanti
peregrinazioni, cammina e incontra le facce, la gestualità, il bianco e nero
delle cose. L’anima del reporter indugia sul quotidiano che non fa notizia, ma
riempie di vita le fotografie.
Giovanni Musci si accorge di un culto profano,
la squadra di calcio che rende Bari femminile e così “la Bari”, come una
giovane innamorata alla quale fare omaggio, viene celebrata sui muri della
città vecchia con scritte e galletti.
Francesco Pinto invece le scritte sui
muri le legge come un urlo, una violenza, la dissacrazione dell’abitato
deturpato dai segni dell’inciviltà. “Sim can…” cioè siamo bestie, quando non
rispettiamo l’ambiente.
Francesca
Passarelli alla vecchia città dà forma di arco, tipica architettura dei centri
storici mediterranei. Le sue geometrie mostrano un arcobaleno fatto di
sfumature di grigio e lunghi pomeriggi assolati.
Nelle
fotografie di Maria Pansini il tempo cambia, la luce piove negli androni, i
vecchi cortili sono stanze che registrano presenze intermittenti, oggetti e
persone di passaggio, realtà provvisorie che la fotografia intercetta e
restituisce.
I
racconti di Vito Marzano e Antonio Fantetti respirano il sacro.
Antonio
Fantetti lo vive nell’oscurità della basilica, lo capta con discrezione tra le
luci soffuse delle candele e sugli inginocchiatoi; la devozione è quella del
rito ortodosso, ma nelle sue immagini la preghiera appare un fatto universale e
allo stesso tempo intimo.
Vito
Marzano infine osserva ironicamente la commistione di sacro e profano e i
fotomontaggi naturali che il paesaggio urbano racconta al suo occhio attento.
Fa sorridere ma pirandellianamente, subito dopo l’avvertimento del contrario,
lo sguardo ne indaga anche il sentimento.
È
il Museo della fotografia del Politecnico di Bari che raccoglie questi
frammenti di narrazione visiva e ce li mostra nel luogo stesso nel quale si
sono generati; la mostra si inaugura l’8 giugno a Bari, presso la galleria
“Spazio Giovani” di Via Venezia, ovvero sulla muraglia di Bari vecchia.
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