"La morte non è nel non poter più comunicare
ma nel non poter più essere compresi"
Pier Paolo Pasolini
«Ma il mio viaggio mi spinge nel Sud, sempre più a Sud: come un'ossessione deliziosa…».
Il viaggio comincia una torrida estate del 1959. Pier Paolo Pasolini, il poeta civile, il regista rivoluzionario, il narratore delle borgate, l'acuto polemista, è il giornalista insolito che, su incarico del settimanale "Successo" e assieme al fotografo Paolo Di Paolo, percorre la Penisola, da Ventimiglia a Trieste, alla guida d'una Fiat Millecento.
Quel viaggio diventerà poi un reportage prezioso, La lunga strada di sabbia, un testo di grande bellezza, impreziosito dalle fotografie di Philippe Sécliere, che continua a colpire per la sua profondità e poesia.
Il reportage sarà pubblicato da “Successo” nei mesi di luglio, agosto e settembre 1959, e, in seguito, nel 2005, da Contrasto due di Roma.
L’opera è di fondamentale importanza per comprendere il rapporto che Pasolini ebbe con il sud e, soprattutto, con la città di Siracusa, con il mito ed il mondo classico.
Il 1959 è un anno importante nella vita di Pasolini.
E’ in quell’anno, infatti, che il poeta pubblica il suo secondo romanzo, Una vita violenta, dopo Ragazzi di vita. Pasolini è al centro di una controversia che lo vede trascinato in tribunale, proprio per Ragazzi di vita, in un contenzioso per oltraggio al pudore. Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti testimoniarono in suo favore, ed il poeta uscirà indenne dalle aule della giustizia. Ma il moralismo italiano non cesserà di accanirsi su di lui. Anche gli ambienti di sinistra cominciavano a prendere le distanze. Molti comunisti non lo amavano. Eppure, la sua presenza nel dibattito culturale è enorme. In versi e in prosa Pasolini parla di un’Italia rurale, spesso grettamente contadina, che stava cambiando faccia, al Nord velocemente, a Sud a passi lentissimi.
Il reportage assume, in tal senso, il valore di inchiesta sociologica, di saggio antropologico e, insieme, di opera poetica. Un testo complesso, stratificato, al quale Pasolini consegna una testimonianza d’amore e di poetica per il Sud, per la Sicilia, per Siracusa.
A Siracusa giunge di notte, percorrendo una delle più antiche strade che dall’entroterra conducono alla città. Proviene da Lentini, ed è ancora stordito dal profumo dei limoni e degli aranciamari della piana. Prende alloggio al Jolly Hotel. Pasolini rimane subito soggiogato dal fascino della città, che egli sorprende, nella notte, sotto la luna, «tutta vuota, miracolosamente nuda, nuova».
Di buon mattino, in giro per Ortigia, il poeta rimane attonito ammirando il mare davanti a fonte Aretusa, «ceruleo e dolce come una laguna». Più tardi, in compagnia di Adriana Asti, farà il bagno all’Arenella, in un mare ««di acqua che è uno zucchero, un miele, un liquido degli dei ».
La passeggiata lungo l’Anapo, la visita alle Latomie e al teatro greco, gli incontri notturni con i “triacusi” – i ‘ragazzi di vita’ siracusani - le chiacchierate con la gente del luogo, rappresentano, per Pasolini, momenti di un “viaggio interiore”, di una catabasi nel ventre della civiltà mediterranea, nelle profondità amniotiche, materne del mito e della grecità, avvertite, da un lato, nell’incanto e nella suggestione che solo il poeta, con occhio puro e naturale, riesce a cogliere; e dall’altro nell’aspetto perverso, luciferino, notturno che il poeta associa alla modernità brutalizzante dell’industrializzazione che, in quegli anni, cominciava a deturpare e a corrompere il paesaggio e l’anima di Siracusa. Un viaggio che assume, pertanto, oltre a un valore di riflessione estetica di grande pregnanza – ripetendo, infatti, un motivo antichissimo e celebrato, quello “odeporico” dei grandi viaggiatori-esteti francesi, inglesi e tedeschi del Settecento - anche connotazioni inquietanti ed oscure, che più tardi, nel 1960, si depositeranno nel grande progetto di traduzione dell’Orestea, che Pasolini, su invito di Vittorio Gassmann, intraprese proprio per le rappresentazioni classiche siracusane.
Il lato ‘infero’ del soggiorno siracusano di Pasolini, quel dissidio tra natura e cultura, tra mito e modernità, tra civiltà e barbarie che il poeta avverte ed assume all’interno della propria riflessione intellettuale ed estetica di quel periodo, si depositerà nell’idea di fondo della lettura che Pasolini fa dell’Orestea ‘siracusana’: racconto tragico del percorso – lungo e difficile – dell’uomo-cittadino verso la civiltà, intesa come ‘uscita’ da uno stato di violenza e di legge del sangue, ‘anabasi’ verso la luce e la verità che solo l’arte e la bellezza possono dare alla società ed al mondo.
Quel ‘soggiorno siracusano’ avrà anche altre significative “presenze” nella scrittura pasoliniana.
Il ‘diario’ di quel soggiorno, infatti, si depositerà, in modo enigmatico, tra le pieghe della scrittura di Petrolio, intersecando le riflessioni e le ricerche che, più tardi, Pasolini condusse a proposito di alcune tra le pagine più oscure della storia della nostra nazione: la vicenda dell’Eni e di Mattei, le trame segrete tessute dai magnati del petrolio con i servizi segreti americani ed inglesi ed il ruolo giocato da apparati ed istituzioni dello Stato, presenti in Sicilia e a Siracusa.
Ci sono momenti nella vita di uno scrittore in cui assistiamo al modo, tanto inafferrabile quanto decisivo, con cui il suo spirito testimonia e coincide con lo spirito del tempo che gli è dato vivere. Sono i momenti della grazia, e certamente Pasolini da quella grazia, da quella capacità di far coincidere stile e contenuti su una particolare immagine del tempo e della realtà, è stato investito proprio sul passaggio, drammatico e felice, che l’Italia ha vissuto tra la fine degli anni ’50 e gli anni ‘60. È stato un passaggio cruciale, tanto che identificare la sua poesia e la sua letteratura con esso non significa limitarne la portata, quanto avere una ulteriore riprova di come letteratura e poesia non possono sottrarsi a un confronto radicale con la vita, e ne siano una profonda proiezione conoscitiva.
Di questo passaggio, il soggiorno siracusano di Pasolini rappresenta senza dubbio uno dei momenti più enigmatici, ricchi e straordinari.
Testo a cura di Salvo Sequenzia
Nessun commento:
Posta un commento